giustiziami

Cronache e non solo dal Tribunale di Milano

Dal barbiere alle braghette, Formigoni – Crozza show in aula

Dichiarazioni spontanee rese dall’ex Governatore lombardo nel processo Maugeri in cui risponde di associazione a delinquere e corruzione. “E’ Maurizio Crozza o Roberto Formigoni?”.

Io e il parrucchiere

“Quando ero presidente, non riuscivo neanche a pagare il caffè al bar e neppure il parrucchiere che mi diceva ‘lei basta che venga qui e mi fa pubblicità’. Infatti in Regione tutti avevano preso il gusto di andare dove andava Formigoni.

A casa in braghette

“Presidente, mi permetta di dire con orgoglio che il mio impegno per la Regione era pienissimo. Uscivo di casa alle otto del mattino e tornavo alle dieci – undici alla sera. I primi tempi mi divertivo a lavorare anche alla domenica. Quando ero a casa, guardavo la televisione in braghette, ascoltavo la musica che tanto mi piace, mi rilassavo”.

Milioni di milioni

“Era più che naturale che milioni di persone potessero dire di avermi conosciuto e incontrato” (a proposito della data incerta in cui incontrò Pierangelo Daccò).

Stessa spiaggia, nuova fiamma  

“La Procura dice che avevo l’uso ‘esclusivo’ della barca di Daccò. Per dimostrare che non era così basterebbe guardare le riviste di gossip che tutti gli anni mi attribuivano una fiamma diversa pubblicando le mie foto in barca. E chi erano? Il primo anno una figlia di Daccò, il secondo una fanciulla più o meno avvenente e poi altre”.

La crema di bellezza

“Preciso che quella non era una crema di bellezza ma serviva per curare un’irritazione cutanea molto profonda al volto e allora siccome a Milano non si trovava l’avevo fatto arrivare da fuori”. (A proposito di un’intercettazione in cui Formigoni chiede al suo segretario: “Allora è possibile recuperarla da Chenot? Tieni presente che eventualmente lì possiamo madare l’autista. Ne ho bisogno entro lunedì al massimo”).

Non vivevo d’aria

“Si è insinuato che io viva d’aria. Io versavo alla mia casa dove risiedo coi memores domini dai 50mila ai 70mila euro all’anno. Era un versamento unico che serviva per l’affitto, la manutenzione, per pagare la colf”.

 Un antipasto qua, un prosciutto là

“La Procura parla di cene da settemila euro spesi da Daccò nell’interesse di Formigoni. In realtà, Daccò organizzava le cene nell’interesse di Daccò. La mia segretaria mi diceva ‘C’è una cena da Daccò’ e se potevo passavo. Avevo tre quattro inviti a cena la sera, magari mangiavo un antipasto da una parte e il prosciutto dall’altra”.

Alle cene andavo perché si mangiava bene

“Alle cene c’era gente che trovava comodo parlarmi invece di fare la fila in Regione. Io a quelle cene, da Sadler o in altri ristoranti, andavo solo perché si mangiava bene”.

Silenzio ai Caraibi

“Cinque giorni dopo la delibera sono andato ai Caraibi con Daccò e con lui non è stata detta neanche una parola su quella delibera. Un conto sono i rapporti personali anche di amicizia e solidarietà, un conto è la funzione  di amministrazione pubblico”.

Voi date i numeri    

“La Procura ha calcolato le utilità che avrei ricevuto. Erano 8 milioni, poi all’inizio del processo sono diventati 49 milioni, infine 61. Vorrei capire la cifra esatta che mi viene contestata. (…) Quelle che la Procura chiama utilità per me sono scambi tra persone che sono amici. L’accusa sostiene che avrei cominciato a percepirle dieci anni dopo aver cominciato a favorire la Maugeri e cominciato la mia attività delinquenziale. Per la Procura Formigoni è così abile a manipolare le coscienze degli assessori che si espone al rischio di delinquere per dieci anni senza vantaggi, ma Presidente, come lei sa la politica è instabile e se uno deve avere dei vantaggi li vuole subito, poi magari non ti rieleggono”.

Scontrini tra amici

“Daccò non mi ha mai presentato il conto, entrambi godevamo della compagnia tra amici. Ma tra amici ci si sambiano scontrini e ricevute? Ecco la chiave del rapporto tra me e Daccò: siamo diventati amici e ci siamo comportati da amici, nessuno calcolava il valore di quello che uno dava all’altro. Un rapporto di amicizia è la tipica cosa in cui non ci sono calcoli, è gratuita”.

Motoscafino

“Tra l’altro anche Simone ha il suo motoscafino” (parlando degli yacht di Daccò, Formigoni ricorda che anche l’ex assessore lombardo Antonio Simone aveva la sua piccola imbarcazione).

(manuela d’alessandro)

 

Processi rinviati per caldo, Flegetonte manda in tilt il Tribunale

Processo rinviato per caldo. Nella camera di fuoco della quarta sezione penale del Tribunale di Milano, sprovvista di aria condizionata, il giudice Monica Amicone spiega agli avvocati che si sventagliano con ogni mezzo a disposizione l’impossibilità di celebrare l’udienza del processo Tronchetti vs De Benedetti (il-vuoto-di-memoria-di-de-benedetti-al-processo-contro-tronchetti).

Era già stata costretta a rinviare l’udienza precedente a quella del processo in cui il presidente di Pirelli è imputato per diffamazione perché per 4 volte si era verificato un black out dovuto ai condizionatori sparati a mille nel Tribunale che avevano fatto saltare l’impianto elettrico.

“Mi scuso, ma non ci sono le condizioni per andare avanti – dice il magistrato prima di far suonare la campanella anticipata – è già stato un miracolo arrrivare sin qui con la registrazione”.  Oggi era in programma la requisitoria del pm Mauro Clerici, assente, ma il processo è saltato non perché il magistrato (sostituito da un altro) non c’era ma per i danni provocati da Flegetonte. Che, oltre a essere il nome dell’anticiclone colpevole dei bollori di questo spicchio d’estate, viene descritto nella mitologia anche come una divinità che aiuta Minosse nel giudizio delle anime. Oggi non ne aveva proprio voglia.  (manuela d’alessandro)

Aula bunker di Opera incompiuta da 19 anni, indaga la Corte dei Conti

 

E infine è arrivata la Corte dei Conti a indagare sull’aula bunker del carcere di Opera in costruzione da 19 anni e non ancora ultimata. In questa storia di giganteschi ritardi anche la magistratura contabile, nel suo piccolo, ha tentennato prima di aprire un fascicolo per appurare se la collettività abbia subito danni.

Mesi fa la Procura Generale aveva presentato un esposto alla Corte dei Conti che ora ipotizza il reato di ‘danno erariale da opera incompiuta’.  Forse non è ancora troppo tardi per spiegare come diversi milioni di euro siano stati investiti in un cantiere senza fine per realizzare un mostro di cemento  attaccato a una delle carceri più grandi in Italia. Soldi e risorse inghiottiti in un progetto più volte cambiato in corso destinato a ospitare maxi processi molto meno frequenti rispetto al remoto 1996, anno in cui la struttura  venne concepita.  La Procura Generale aveva inviato un dossier anche alla Procura che, almeno stando a quanto a noi noto, sembra non avere ancora avviato accertamenti. Del resto, se reati vi fossero, sarebbero con ogni probabilità già prscritti.

Un nostro sopralluogo a marzo aveva svelato un cantiere fatiscente, il cui aspetto più desolante erano le gabbie in cui i detenuti dovrebbero attendere le udienze, in violazione se non della Convenzione di Ginevra almeno della dignità: sotto il livello del suolo, in una bolgia oscura senza finestre. Erano ancora indietro anche i lavori per le stanze che dovrebbero ospitare di notte i magistrati durante le camere di consiglio, loculi, alcuni dei quali senza finestre e bagno, dove difficilmente le toghe vorranno riposare per meditare sulle sentenze.

Il Provveditore regionale alle opere pubbliche, Pietro Baratono, ci aveva assicurato che  a luglio l’opera sarebbe stata consegnata alla giustizia milanese. Vigileremo. (manuela d’alessandro)

19-anni-e-milioni-di-euro-dopo-laula-bunker-di-opera-non-e-finita-e-fa-ruggine

 

 

 

Il rischio che il sexy gate travolga Roberto Maroni prima della Severino

Spente le fanfare per Expo e gli squilli elettorali per le regionali, la Procura fa partire all’indirizzo di Roberto Maroni un provvedimento che potrebbe trasformarsi nell’epigrafe della sua presidenza alla Regione Lombardia.

Il pm Eugenio Fusco gli notifica l’avviso di chiusura delle indagini con le accuse  di induzione indebita e turbata libertà del contraente in cui riassume due episodi di ‘raccomandazione’ illecita: l’incarico a Eupolis, società controllata dalla Regione, assegnato a Mara Carluccio, sua collaboratrice quando era al Viminale; e il viaggio a Tokyo promesso a un’altra ‘fedelissima’, Maria Grazia Paturzo, alla quale aveva nel frattempo garantito un posto a Expo.  Se dovesse essere condannato per induzione indebita, reato nella lista nera della legge Severino, il governatore potrebbe finire gambe all’aria.

C’è un rischio per lui ancor più prossimo e bruciante. Sebbene il pm abbia espunto le intercettazioni più morbose,  la stampa potrebbe squadernare nei prossimi giorni un sexy gate al Pirellone entrando in possesso delle carte depositate con la fine dell’inchiesta.  Per adesso, nell’avviso di chiusura delle indagini il pm si limite a scrivere che Maroni e Paturzo sono “legati da una relazione affettiva”. E fa capire che il presidente avrebbe esercitato pressioni sui vertici di Expo per offrire a Paturzo un biglietto in business e un soggiorno in un albergo di lusso a Tokyo (costo circa 6mila euro) proprio in omaggio alla liason.

Slanci sentimentali che, qualora venissero resi pubblici, oscurerebbero due presenze imbarazzanti nell’inchiesta: Domenico Aiello, il difensore di Maroni da lui nominato nel cda di Expo, società a sua volta indagata nell’inchiesta per le accuse al dg Christian Malangone (Aiello entra nel cda); e Andrea Gibelli, il segretario regionale appena nominato a capo delle Ferrovie Nord Milano sempre da Maroni (Gibelli a Fnm), e pure tra i destinatari dell’avviso di chiusura dell’inchiesta. Serafica, in ogni caso, la reazione del presidente: “Era ora, finalmente dopo un anno di indagini si chiude, se per una sciocchezza come questa ci vuole un anno, poveri noi. Sono tranquillissimo, non ha mai fatto pressioni in vita mia per nessuno, per i miei figli, amici o parenti”. (manuela d’alessandro)

Avviso di conclusione delle indagini Maroni

Pm Brescia: Bruti violò obblighi ma non c’è prova che fosse consapevole

Domani il consiglio giudiziario valuterà se confermare Edmondo Bruti Liberati nell’incarico di capo della Procura. Alla vigilia della decisione, Alfredo Robledo porta all’attenzione del consiglio un documento che, a suo avviso, impedirebbe il rinnovo della carica di quello che è stato il suo ‘nemico pubblico’ in una lunga contesa finita davanti al Csm.  La ‘carta’ gettata sul banco da Robledo arriva da Brescia ed è la richiesta della Procura locale di archiviare un’indagine in cui Bruti è indagato per omissione in atti d’ufficio.  Continua a leggere