giustiziami

Cronache e non solo dal Tribunale di Milano

Detenuto si ferisce con una lametta in aula, tre domande

 

I fatti. Il ragazzo, cinese, classe 1989, ascolta la sentenza di condanna in appello a 6 anni nella gabbia riservata ai detenuti, ha una crisi di nervi, si taglia con una lametta da barba collo e polsi. Esce un po’ di sangue. Intervengono gli agenti della polizia penitenziaria per calmarlo e chiamano un’ambulanza. Viene portato in codice giallo all’ospedale Fatebenefratelli dove lo ricoverano. Nulla di grave, ma neanche proprio un graffietto.

E le domande.

1) Come ha fatto l’imputato a uscire dal carcere e portare con sé una lametta da barba in Tribunale? “E’ un ragazzo che ha dei problemi – spiega il suo avvocato Mauro Straini – ha solo 25 anni e 5 li ha trascorsi in carcere  per reati di droga. E’ un piccolo spacciatore, il suo ruolo nelle indagini è stato sovradimensionato. L’idea di farsi altri anni in prigione lo ha fatto crollare”.

2) Perché non si è atteso l’arrivo dei soccorsi nell’aula della quinta sezione d’appello e si è trasportato subito il detenuto nelle camere di sicurezza del Palazzo di Giustizia, rischiando di aggravare (in teoria) le sue condizioni?

3) Dal momento in cui l’ambulanza è arrivata, poco prima delle 12, a quando il giovane cinese è stato messo sulla lettiga sono trascorsi più di dieci minuti perché i soccoritori non riuscivano a trovare le camere di sicurezza, infilate in un cunicolo del cortile dopo un percorso da giramento di testa. “Dove sono le camere si sicurezza?”, hanno chiesto a chiunque incontravano gli uomini e donne in tuta arancione, smarriti.  Nessuno degli addetti ai lavori  è stato in grado o ha avuto la pazienza di indicarglielo. Lo hanno fatto dei giornalisti, che erano lì perché incuriositi dalla loro presenza.  Si ripropone il problema di come orientarsi in Tribunale. In teoria, i famosi fondi Expo per la giustizia, quelli impiegati per esempio nei monitor spenti da due anni che adornano tutto il Tribunale, sarebbero dovuti servire anche per la segnaletica. (manuela d’alessandro)

Expo, dopo i pm sabbia anche da Palazzo Marino

Salta almeno per ora (ma il no rischia fortemente di essere definitivo) la commissione di inchiesta su Expo a Palazzo Marino. La caccia al franco tiratore ritenuto il responsabile dell’inguacchio lascia il tempo che trova. Non si può scoperchiare la pentola, non si vuole andare a vedere cosa c’è dentro. Il no politico arriva dopo la moratoria delle indagini decisa dalla procura tra inchieste interrotte, sospese, non fatte e archiviazioni con motivazioni tragicomiche.

Insomma Expo non si tocca. Il messaggio è questo. Non si conoscono ancora i conti a oltre quattro mesi dalla fine dell’evento. Peppino Sala, il candidato a sindaco dei poteri forti tra i quali la procura di Milano, continua a fare spallucce e risponde che lui di bilanci parla solo con chi capisce di bilanci. Si tratta di una manifestazione di arroganza e prepotenza da parte di chi si sente con le spalle coperte. E la mancanza di verità getta ulteriori ombre sull’amministrazione Pisapia che cinque anni fa tante speranze aveva suscitato. Era il vento che doveva cambiare e non è cambiato.

Expo si conferma come una grande abbuffata dove hanno mangiato in tanti e nell’elenco c’è pure la magistratura se si considera la vicenda mai chiarita dei fondi dell’esposizione per la giustizia con lavori affidati senza gare pubbliche a ditte amiche. Anche in questo caso resta senza risposta la domanda relativa a chi controlla i controllori. Nessuno in realtà.

I conti di Expo sembrano destinati a pagarli, insieme ai contribuenti, quelli che il primo maggio andarono in piazza a protestare e che saranno processati per devastazione, reato ereditato dal codice fascista e che prevede condanne fino a 15 anni di reclusione. Nonostante un capo di imputazione che fa acqua da diverse parti come ha evidenziato la corte d’appello di Atene nel rimettere in libertà e rigettare la domanda di estradizione per cinque anarchici greci. Due pesi due misure nell’ex culla del diritto. Dove il diritto viene strumentalizzato al fine di allargare la foribice tra chi ha di più e chi ha di meno. Con tanti saluti a chi soprattutto a sinistra continua a vedere ingiustamente nel diritto uno strumento di trasformazione della società. Con tanti saluti all’esercizio obbligatorio dell’azione penale in realtà un simulacro per coprire nefandezze e alla necessità della politica e della pubblica amministrazione di dotarsi di anticorpi. Sono meri argomenti per convegni perchè la vita di tutti i giorni dei comuni mortali dice ben altro (frank cimini)

In esclusiva l’audio della telefonata Berlusconi – Mantovani: lavoro – sesso – segretarie

Raccomandazioni, posti di lavoro da trovare a fratelli, compagni, ex mogli. E poi nomine per i vertici Aler da spartire in quote prestabilite tra Forza Italia, Lega, Ncd, Lista Maroni. Tra i criteri per sostenere un candidato “l’essere un bell’uomo”. E poi un’inedita battuta (sesso-lavoro-segretarie) in tipico stile di Arcore. “Non mettete quella famosa clausola che dice che la segretaria deve fare l’amore ameno una volta alla settimana”.

Berlusconi Mantovani (file .wav)

C’è tutto questo nella breve telefonata del 22 dicembre 2013 – pubblicata in esclusiva da Giustiziami – tra Silvio Berlusconi e Mario Mantovani. La conversazione è intercettata dalla Guardia di Finanza di Milano nel corso delle indagini che hanno portato l’ex senatore ed ex assessore regionale prima in carcere e poi ai domiciliari con accuse di corruzione, turbativa d’asta e altro. Nell’inchiesta condotta dal pm Giovanni Polizzi è indagato anche l’ex assessore regionale leghista Massimo Garavaglia, con l’accusa di aver dato il suo contributo a quella che gli inquirenti ritengono una turbativa d’asta: una gara per il servizio trasporto dializzati i cui effetti vengono vanificati, stando alle accuse, grazie all’intervento della catena Garavaglia-Di Capua-Scivoletto, ovvero l’assessore all’economia, il suo braccio destro e il direttore della Asl1 di Milano. Viene così favorita una onlus, la Croce Azzurra Ticino, facendo arrabbiare chi quella gara se la era regolarmente aggiudicata. Garavaglia, indagato per questo unico episodio, ha presentato una memoria difensiva. L’8 marzo, davanti al gup Gennaro Mastrangelo, inizierà l’udienza preliminare per 15 imputati, tra cui i due politici Mantovani e Garavaglia.

Berlusconi, intercettato indirettamente mentre parla con il fedelissimo Mantovani, non è indagato. Tra gli episodi citati nella conversazione che pubblichiamo, uno merita una spiegazione. E’ quello che riguarda Alan Rizzi, capogruppo di Forza Italia in consiglio comunale a Milano. Il quale, a dicembre 2013, decide di passare a Ncd, ‘tradendo’ l’ex Cavaliere. Pochi giorni dopo, però, fa marcia indietro. Con una mossa imprevista e apparentemente inspiegabile. Che cosa ci sia dietro, lo chiariscono le parole di Silvio Berlusconi.