giustiziami

Cronache e non solo dal Tribunale di Milano

Chi spia sul tavolo di Ilda Boccassini?

 

Qualcuno che, per il momento, non ha ancora un volto, spia sul tavolo di Ilda Boccassini e riferisce agli indagati. Qualcuno che parrebbe essere in confidenza col magistrato per avere avuto accesso alla sua stanza e al fascicolo. E’ quanto emerge dagli atti dell’inchiesta che ha portato al commissariamento di 4 direzioni generali della Lidl Italia e all’amministrazione giudiziaria della società che gestisce la sicurezza del Tribunale di Milano per infiltrazioni mafiose.

L’indagine, spiega il gip Giulio Fanales, è stata caratterizzata da una sequela di fughe di notizie perché i componenti della presunta associazione a delinquere legata al clan dei Laudani “vantano un rilevante ‘capitale’ di relazioni personali, idonee a procurare informazioni sensibili circa le indagini penali pendenti. Si tratta di una rete di rapporti, intrattenuti dagli associati, con soggetti esterni all’ organizzazione e vicini agli organi di polizia, in grado di rivelare notizie coperte dal segreto d’ufficio, in merito alle indagini in corso”. 

E tra gli episodi citati spunta quello che vede protagonista una persona”che ha modo di rivelare, ad uno degli indagati, quanto appreso visionando direttamente il fascicolo dell’ indagine sul tavolo di lavoro del Procuratore Aggiunto della Repubblica, responsabile della Direzione Distrettuale Antimafia di Milano, llda Boccassini”. Tra i “non identificati” oltre all’ignoto voyeur nell’ufficio di Ilda, figurano anche “il capitano della Guardia di Finanza precedentemente impegnato nel compimento di atti relativi alla verifica fiscale nei confronti del Ferraro (uno degli indagati, ndr)  e il maresciallo della Guardia di Finanza di Lissone, confidente della moglie del Ferraro”. E’ stato invece dato un nome a un altro ‘informatore’, un tenente colonnello in servizio presso il Nucleo di Polizia Tributaria di Como della Guardia di Finanza”. Proprio le Fiamme Gialle di Varese hanno condotte le indagini assieme alla Squadra Mobile della Questura di Milano. (manuela d’alessandro)

Tutti nell’aula del processo, Belen affossa la produttività del Tribunale

 

Si sta stretti come sardine nell’aula che non è una delle più piccole del palazzo di giustizia. La curiosità è contagiosa, il pubblico è vasto potendo contare su un buon numero di cancellieri, assistenti e magistrati, tutti formalmente in orario di lavoro ma qui ad assistere allo “spettacolo”: Belen Rodriguez testimone della difesa di Fabrizio Corona nel processo in cui l’imprenditore fotografico più famoso d’Italia risponde di tanti soldi incassati in nero e poi distribuiti tra controsoffitti e cassette di sicurezza in Austria.

Il corridoio che conduce all’ingresso principale dell’aula è transennato per arginare la folla di cameraman, un carabiniere invita a entrare dal retro “perché questo è l’ingresso dei vip, l’abbiamo inventato oggi”.

Belen  utilizza la panca vicino alla porta come sala trucco con la sorella che l’aiuta che in origine dovrebbe deporre pure lei, ma poi la difesa vi rinuncia.

Il personale giudiziario che dovrebbe stare in ufficio è qui “al cinema”. Materia di riflessione vi sarebbe per i sindacati del settore, in testa l’Anm gran fustigatrice dei costumi nazionali e custode di moralità, sempre bravi a pontificare sulla carenza di organici, che impedirebbe alla giustizia di funzionare. Oggi si lavora poco e male “per colpa di Belen”, che abbassa la produttività del tempio della farsa di Mani pulite ma avrà alzato di sicuro il testosterone (frank cimini)

Il ‘busto’ per il mal di schiena dell’avvocato blocca il processo a Maroni

 

Al processo a Roberto Maroni hanno tutti mal di schiena. A cominciare dal suo avvocato, Domenico Aiello, che ha chiesto e ottenuto il rinvio dell’udienza di oggi per un dolore così tremendo da costringerlo a indossare un busto.

Legittimo impedimento, nessuno ha fiatato sul punto: né i giudici i quali hanno preso atto del certificato del medico chirurgo “che attesta l’impossibilità assoluta” del legale a essere in aula, né il pm Eugenio Fusco, noto per il suo fair play. Eppure una lieve insofferenza sia da parte del  Tribunale che del pubblico ministero non è sfuggita visto che questo è l’ennesimo intoppo a un processo partito il primo dicembre 2015 il cui esito potrebbe essere fatale a Maroni. Se il Tribunale dovesse condannarlo per le presunte pressioni illecite per far ottenere un lavoro e un contratto a Tokyo a due sue ex collaboratrici, il Governatore verrebbe sospeso per effetto della legge Severino.

Ma torniamo ai ‘coming out’ delle parti sul male che affligge chi sta chino sui codici.

Ecco il pm Fusco: “Io di mal di schiena me ne intendo. Vado spesso in udienza col bustino e anche a questo processo ci sono sono venuto due volte”. E il presidente del collegio Maria Teresa Guadagnino: “Al di là della schiena, che abbiamo tutti mal di schiena, è un peccato annullare  l’udienza. Sono malattie che non si curano come l’influenza, quindi forse, dal punto di vista deontologico, bisognerebbe attrezzarsi per mandare un sostituto processuale”.

Questo di oggi è il secondo impedimento chiesto e ottenuto da Aiello per malattia dopo quello della scorsa udienza del 16 marzo. La sensazione è che il Governatore non abbia nessuna fretta di arrivare al traguardo prima della fine naturale della legislatura nel 2018.  La condanna nel frattempo  inflitta in primo grado all’allora dg di Expo Christian Malangone nel processo col rito abbreviato per la stessa vicenda ha preoccupato Maroni, forse pentito di avere chiesto in precedenza il giudizio immediato. Anche perché nelle motivazioni si parlava di viaggio a Tokyo “per il piacere del Presidente” con riferimento alla sua presunta “relazione affettiva” con Maria Grazia Paturzo (non indagata).

Dopo di allora sono arrivati rinvii per la partecipazione del Governatore a un convegno sulla ludopatia e alle elezioni  a Varese e per l’adesione all’astensione degli avvocati di Aiello. In mezzo, alte dosi di nervosismo ogni volta che in aula si è discusso sul calendario. (manuela d’alessandro)

Perché la riforma Orlando è “inaccettabile” per gli avvocati

Circa 200 avvocati in toga stanno dando vita al flash mob per protestare contro il Ddl Orlando che prevede incisive modifiche al codice penale e a quello di procedura.

L’iniziativa, organizzata dalla Camera Penale, è cominciata col concentramento dei partecipanti al primo piano del Palazzo e prosegue sugli scaloni dell’edificio che affacciano su corso di Porta Vittoria, l’ingresso principale alla ‘casa’ della giustizia milanese. Tra i cartelli esposti: “Processo senza fine? No!” e “Difesa telefonica? No grazie”. Chiaro il riferimento a quelli che i legali definiscono gli aspetti “inaccettabili” della riforma.

PRESCRIZIONE LUNGA E PROCESSI ETERNI

Si dice spesso che col loro cavillare gli avvocati allunghino i processi. “Ma non è così – spiega il presidente della Camera Penale, Monica Gambirasio – tant’è vero che  protestiamo contro l’allungamento della sospensione dei termini della prescrizione”. Il codice riscritto prevede processi più lunghi per 3 anni. “Il decorso del tempo si verifica oggi, nella maggior parte dei casi, per l’inerzia dei pm nelle indagini preliminari. L’esito di un giudizio dilatato accrescerà la sfiducia dei cittadini nel funzionamento della giustizia per cercare di andare incontro all’esigenza della certezza della pena. Noi chiediamo che il processo venga celebrato in tempi ragionevoli ma nel rispetto delle garanzie per gli imputati”.

NO AI PROCESSI IN VIDEOCONFERENZA

Ora i detenuti vengono trasportati dalle carceri nelle aule dei processi per assistere ai procedimenti che li riguardano, salvo casi estremi previsti dalla legge di terrorismo o criminalità organizzata in cui è prevista la video – conferenza. “Con la riforma invece – puntualizza Gambirasio – si lascerebbe ai giudici ampia discrezionalità sulla partecipazione a distanza dei detenuti, anche per reati meno gravi. Il tutto peraltro a ‘costo zero’ nel senso che la riforma non prevede una copertura finanziaria per installare gli apparati”. Ma perché allontanare i detenuti dalle aule è pericoloso? “Siamo di fronte a una mortificazione del diritto delle difesa:  un contro è avere il proprio assistito in aula, con la possibilità di parlare con lui e concordare stategie, un altro è difenderlo in video – collegamento”.

UNA RIFORMA A COLPI DI FIDUCIA

Per la Camera Penale è “criticabile” anche la scelta di proporre il voto di fiducia per l’approvazione del disegno di legge” perché la delicata riscrittura di pezzi del codice penale e di procedura penale non può avvenire attraverso “la soppressione del dibattito parlamentare”. “In ogni caso – conclude Gambirasio – questa non è una riforma organica, con un’idea complessiva della giustizia. Salvo poche eccezioni, il Ddl Orlando appare difficile da condividere”.

(manuela d’alessandro)

Il flash mob della Camera Penale

Cosa hanno fatto per un anno e mezzo in Comune i 2 funzionari indagati?

Cosa facevano da un anno e mezzo Armando Lotumulo e Stanislao Innocenti, i due dirigenti del Comune di Milano, arrestati per corruzione negli appalti sulla sicurezza delle scuole? Per il sindaco Beppe Sala giacevano in una stanzetta isolati dal mondo, per i magistrati continuavano a ricoprire “importanti” incarichi “apicali” per la comunità.

Il 29 settembre 2015 diverse testate giornalistiche riportano che i “funzionari del 13esimo e del 19esimo piano”, così vengono indicati nelle intercettazioni, sono indagati perché avrebbero preso dei tablet in cambio di favori ad amici imprenditori. Poco dopo, stando a quanto dichiarato oggi da Sala che ne ha annunciato la sospensione, vengono spostati in uffici “in cui non avevano più nessun contatto con l’esterno e non si occupavano di gare”.

Le carte dell’inchiesta, che avrebbe poi appurato altri gravi casi di corruzione a carico dei due,  raccontano una storia diversa.  Dal sito del Comune il gip apprende di quelle che definisce “importanti competenze connesse al nuovo incarico” assegnato a Innocenti, piazzato alla “Direzione centrale Sviluppo del Terriorio – settore Sportello Unico per l’Edilizia” dove ci si occupa, tra le altre cose, di procedimenti di condono e controllo e vigilanza sull’attività edilizia, gestione delle procedure sanzionatorie e demolizioni di ufficio”. Altrettanto di rilievo, considera il magistrato, l’incarico attribuito a Lotumulo alla Direzione Centrale Mobilità, Trasporti, Ambiente ed Energia.  Tanto da poter parlare di due persone la cui “sfera di potere è molto ampia e solida sia per i ruoli apicali che per la stratificazione nel tempo del loro potere”.

Lo stesso pm Luca Poniz, nel chiedere l’arresto, evidenziava il pericolo di “reiterazione di reati della stessa specie” dal momento che i due “continuano a ricoprire ruoli di vertice all’interno dell’amministrazione comunale in settori pertinenti ai lavori pubblici“.  (manuela d’alessandro)