giustiziami

Cronache e non solo dal Tribunale di Milano

“Sono bugiarde”, nei guai per Maroni l’avvocato Rossello e la portavoce Votino

 

“Mi sento in imbarazzo qui, non è il mio ambiente”, aveva ammesso con un candore raro per un avvocato di lungo corso, già legale di Silvio Berlusconi nella sua causa di separazione e coinvolta nella vicenda del ‘papello’ dei Ligresti. Era il 23 febbraio 2017 e la neo deputata di Forza Italia, Cristina Rossello, si era appena liberata  di un’impegnativa testimonianza nel processo a carico di Roberto Maroni accusato, tra l’altro, di avere esercitato pressioni indebite per portare in missione a Tokyo,  a spese di Expo, la sua collaboratrice e amante Maria Grazia Paturzo. Infastidita, Rossello si era avvicinata ai cronisti in aula chiedendo  di non fare riferimenti nei loro articoli ad alcuni passaggi della sua deposizione. Ora il pm Eugenio Fusco, in coda alla requisitoria conclusa con la richiesta di condanna a 2 anni e sei mesi di carcere per l’ex Governatore, ha chiesto al Tribunale di trasmettere gli atti della sua testimonianza e di quelle della Paturzo e della storica portavoce di Maroni, Isabella Votino, alla Procura. “Dichiarazioni assolutamente mendaci”, per il pm,  rese in aula dalle due ex amiche, proprio in relazione alla liason tra Paturzo e Maroni.  Il pm aveva interrogato Rossello sul contenuto di alcuni sms che si era scambiata con la portavoce, prima della trasferta giapponese, poi annullata secondo l’accusa “per la gelosia della Votino” nei confronti della Paturzo.

“Isabella aveva una gelosia professionale nei confronti di un’altra donna vicina a Roberto Maroni – così l’avvocato aveva ricostruito l”Eva contro Eva’ al Pirellone – La sua era una preoccupazione lavorativa, e di diminuzione del proprio ruolo professionale. C’era un’altra persona di fiducia molto presente nella vita del Presidente. Isabella è molto brava nel suo lavoro di pubbliche relazioni. Ma lì non stava più bene, forse aveva fatto il suo tempo. Così le suggerii di trovare un lavoro nel privato”. Dopo che saltò la missione in Giappone, Rossello aveva troncato il suo rapporto con Votino perché “ero stanca dei pettegolezzi”. Quali pettegolezzi?, la domanda del pm e dei giudici. “Spesso nelle attività professionali ci possono essere gelosie tra donne e io ho temuto fosse un sentimento di gelosia professionale, non di altro”.

Una versione simile a quella consegnata al Tribunale dalla Votino la quale aveva motivato così il suo disappunto per la possibile presenza della Paturzo a Tokyo: “Non mi ero trovata bene con lei in una precedente esperienza di lavoro, a volte succede. Non ero contenta di lavorare con lei e questo mi creava disagio. Quando al telefono dissi che che avrei liberato il mio posto se ci fosse stata lei, sarà stata una battuta, il tono non si evince dal testo. In quei  giorni non mi sentivo bene, ero stressata anche per motivi familiari”.

“Sono una persona affettuosa, scrivo messaggi in cui esprimo il mio affetto anche a parenti e amici”,  la versione di Paturzo per  gli scambi intercettati al telefono con Maroni. Messaggi che, ha svelato il pm nella requisitoria, sono stati ridotti all’essenziale nelle trascrizioni, evitando quelli “morbosi e sgradevoli” rivelatori della storia che avrebbe fatto infuriare la Votino.

(manuela d’alessandro)

“Aiuto, ci tagliano lo stipendio”, le paure delle toghe sul governo M5S

“Un conto è il taglio degli stipendi pubblici (tutti, però) nell’ottica di un risparmio generalizzato. Tutt’altra cosa è che una forza politica che si presenta come nuova ma che di nuovo, rispetto ai tradizionali populismi del passato, ha solo le forme del suo postmoderno linguaggio propagandistico, individui la magistratura, nell’ambito della pubblica amministrazione, quale unico settore a cui tagliare, peraltro maldestramente, gli stipendi”.

Considerazioni acuminate di uno dei magistrati che partecipa al dibattito più caldo del momento nella mailing list di Anm, quello sul possibile Governo a 5 stelle e sull’attuazione del programma per la giustizia stilato dal Movimento   ”Non raccontiamoci storie – prosegue – in questo caso non c’entra nulla l’Unione Europea, che ormai è diventata solo l’alibi dei fallimenti nazionali e che l’internazionale sovranista e populista, a trazione russa, prende a pretesto per agguantare facilmente il potere e ridisegnare i futuri assetti geo – politici. Si tratta solo di un espediente demagogico che ha facile presa nel ‘popolino’ ignorante e/o superficiale e in certe élite rancorose e disoneste”.

Il tema è, anzitutto, come interpretare il punto del programma sulla retribuzione dei magistrati: “il riconoscimento dell’indennità aggiuntiva avvenga solo per coloro che ricoprono davvero il ruolo corrispondente (ad esempio, l’indennità magistrato di Cassazione valga solo per coloro che lavorano in Cassazione”.  Che vuol dire? Stipendio e indennità sono sinonimi? Ecco qualche ipotesi provenienti da vari partecipanti alla discussione (sono magistrati che lavorano in diverse sedi). Dice uno: “La parola stipendio è molto più chiara…però hanno usato la parola indennità…non sopravvalutiamoli…purtroppo semplicemente non sanno”. E un altro: “E’ ovvio che intendono stipendio, ma dovendolo spiegare al diciottenne e al disoccupato poco scolarizzato, hanno utilizzato il loro tipico linguaggio social – media popolare, con categorie retributive comprensibili, come indennità”. E un terzo, più tecnico: “Il timore è che la cosa potrebbe essere intesa nel senso che lo stipendio previsto un anno dopo la terza sia dato solo a chi svolge funzioni di appello, quello della quinta solo a chi sta in Cassazione e via così. (il riferimento è alle valutazioni periodiche che danno luogo all’aumento di grado e stipendio, ndr). Ovviamente è tutta una follia, ma viste le premesse…”.

Un altro, netto: “La buona notizia è che non esiste già alcuna indennità aggiuntiva…la cattiva è che evidentemente non sanno nulla di ciò di cui parlano”.  Un’altra gli risponde: “Nel programma ci sono anche proposte di tagli dei nostri stipendi, non più progressione per anzianità, ma per le funzioni effettivamente svolte”.  Non tutti hanno paura di un eventuale esecutivo guidato da Luigi Di Maio. E anzi ci vanno giù pesante coi colleghi: “Certi privilegi vanno meritati, oppure sono sentiti come ingiusti. Per il nuovo che avanza siamo solo parte della razza padrona. Ed effettivamente, ormai tutti avvoltolati nelle nostre questioni impiegatizie, di carriera, di rancori che non si riesce a sopire, di miserabili ambizioni, come certe volte appariamo, anche nei dibattiti in questa lista, incapaci di andare oltre la nostra pancia, possiamo facilmente essere scambiati come tali”. E un altro, riferendosi al sorteggio per la composizione del Csm pure ipotizzato nel programma, scrive: “C’è una parolina che terrorizza centinaia e centinaia di magistrati…Sarà questo che comincia a preoccupare alcuni nostri rappresentanti associativi e correntizi?”. (manuela d’alessandro)

Promossi e bocciati nella nuova mappa della Procura di Milano

Gli scontenti ci sono, alcuni a mezzi bocca, altri in modo esplicito. Ma anche quelli felici che hanno avuto proprio il posto che volevano.  In ogni caso, questa è la nuova squadra della Procura di Milano disegnata dal procuratore Francesco Greco, chiamata a rivitalizzare il panorama fiacco delle indagini negli ultimi tempi. A dirlo sono i gip del settimo piano (“Non c’è mai stato un un periodo di calma piatta tanto lungo”) e gli avvocati (“Lavoriamo più in provincia che qui”, spiega un legale di lungo corso).

Corruzione

A guidare il pool sarà Ilda Boccassini, che prende il posto della collega Giulia Perrotti, costretta ad allontanarsi dal lavoro per motivi personali. Viene descritta come “entusiasta” per il suo nuovo incarico dopo lo scoramento della fase in cui era tornata pm ‘semplice’, a due anni dalla pensione.  Al suo fianco, tra gli altri,  i pm dei casi Telecom e Mps, Stefano Civardi e Giordano Baggio; Piero Basilone, con una lunga esperienza in reati di terrorismo; Maurizio Ascione, autore di numerose indagini sui morti per amianto e Paolo Filippini e Giovanni Polizzi, impegnati da anni in questo settore; Luca Poniz, esperto di reati contro la pubblica amministrazione.  Tra i ‘bocciati’ Luca Gaglio, pm del caso Ruby (perché troppo giovane di servizio) e Gianluca Prisco (“non ha attitudini specifiche per le materie trattate”).

Antimafia  

Nel dipartimento guidato da Alessandra Dolci, le novità sono il pm rugbista (in serie B) Stefano Ammendola e la collega Silvia Bonardi, che per molti anni si è occupata di criminalità organizzata a Brescia e a Milano è impegnata anche nel caso Mediaset – Vivendi. ‘Bocciata’ la domanda del pm Paola Pirotta, che si è occupata di diverse indagini di terrorismo internazionale.

Finanza internazionale 

Nel nuovo pool, il capo Fabio De Pasquale sarà affiancato da tre magistrati giovani ma già di grande esperienza: Paolo Storari, Isidoro Palma e Gaetano Ruta.

Salute e lavoro

Nella squadra di Tiziana Siciliano vengono schierati la pm Sara Arduini, che ha avuto al suo fianco nel processo a Marco Cappato, e Mauro Clerici che lascia il pool reati economici.

Stupri e stalking

E’ il dipartimento che si occupa delle cosiddette ‘fasce deboli’ e ora lo guida Letizia Mannella che coordinerà il lavoro di 12 pm, anche di Michela Bordieri, che ha una lunga esperienza al Tribunale dei Minorenni.

Truffe informatiche 

Anche questo un dipartimento nuovo che viene incontro al proliferare di reati online. A guidarlo Eugenio Fusco, la cui esperienza in altri settori, come l’anticorruzione, avrebbe potuto forse essere sfruttata meglio. Nella lotta alla criminalità informatica avrà vicino due tra i massimi esperti in materia, Francesco Cajani e Alessandro Gobbis.

Crimini gravi     

Nel pool guidato da Laura Pedio entra anche il pm Leonardo Lesti, che si sta occupando del disastro ferroviario di Pioltello e farà parte pure dell’antiterrorismo. Per quest’ultimo aveva fatto domanda anche il pm Marcello Musso, ma la sua istanza è stata respinta.

Bancarotte 

Sotto il procuratore Riccardo Targetti lavoreranno sei pm, tra i quali un’esperta del settore, Donata Costa, e Roberto Fontana, ex giudice fallimentare a Milano, poi a Piacenza e ora di ritorno.

(manuela d’alessandro)

 

Lavoro gratis senza certezze per gli aspiranti giudici di pace

Almeno sei mesi di lavoro gratis e senza la certezza di diventare magistrati onorari. Una prospettiva deprimente per gli oltre 100mila, finora, che hanno risposto all’appello del Csm rivolto agli aspiranti giudici di pace e viceprocuratori onorari in diversi distretti giudiziari, tra cui Milano.  In tanti protestano nelle chat dei candidati anche perché della gratuità non si parla nel bando ma viene ‘nascosta’ in un articolo del decreto legislativo che fissa i principi sul conferimento degli incarichi (“Ai magistrati onorari in tirocinio non spetta nessuna indennità”).

Le regole del gioco prevedono che verrà stilata una graduatoria per titoli (tra i plus, per la prima volta, la giovane età) e saranno individuati 600 nominativi da avviare al tirocinio, al termine del quale ne saranno scelti solo 400 (300 giudici di pace e 100 vice procuratori). Agli altri 200 un bel ‘grazie e saluti’ per essersi messi sulla spalle il gigantesco peso della giustizia minuta. Ma non è finita. Una volta nominate, le toghe onorarie potranno lavorare al massimo due giorni alla settimana – meno che in passato per contenere i costi -,  mentre  per il tirocinio saranno impegnate verosimilmente dal lunedì al venerdì in quello che un candidato definisce “un aiuto gratuito ai giudici del Tribunale”, da aggiungersi alle 30 ore di corso previste dal bando. Gli avvocati interessati, la cui professione garantisce punti in graduatoria, fanno notare che un tirocinio così impegnativo non gli consentirebbe di svolgere il loro lavoro in quei sei mesi, e questo, va di nuovo sottolineato, senza nessuna garanzia di entrare nei magnifici 400 pagati poi poche centinaia di euro.

(manuela d’alessandro)

Padri e figli, i due pesi e due misure del Csm

 

I due pesi e due misure del Csm. Il capo della procura di Salerno Corrado Lembo rischia il trasferimento per incompatibilità ambientale a causa della candidatura di suo figlio a sindaco di Campagna un paese della provincia. Un pratica in tal senso è stata aperta su impulso del Movimento Cinque Stelle. Nessun “fascicolo” invece l’organo di autogoverno dei giudici ha aperto in relazione a Tommaso Bonanno capo della procura di Brescia dopo che un figlio è stato arrestato a Bergamo con l’accusa di rapina e un altro figlio è indagato in una vicenda di spaccio di droga tra i tifosi dell’Atalanta.

Nei giorni scorsi in una nota la sezione dell’Anm di Brescia aveva espresso “disagio” per la situazione creatasi pur esprimendo solidarietà al procuratore dal punto di vista umano. In un dibattito tra i pm di Brescia era stato ipotizzata una situazione di “incompatibilità oggettiva”.

Il quadro appare ancora più inquietante se si pensa che già nel  giugno del 2016 il consigliere togato del Csm Nicola Clivio aveva sollecitato l’apertura di una pratica in relazione alla situazione ambientale della procura di Brescia dove nove sostituti in poco tempo avevano chiesto e ottenuto di lasciare l’ufficio mentre era andato deserto il bando per occupare tre posti. Clivio chiedeva che della vicenda si occupassero la prima commissione per la questione ambientale e la terza commissione per la copertura dei posti.

Va ricordato che Bonanno era stato nominato a capo della procura di Brescia dopo essere stato indagato e prosciolto dallo stesso ufficio in qualità di procuratore di Lecco sulla base di una denuncia presentata per sequestro di persona da parte del figlio finito in una comunità di recupero per tossicodipendenti e recentemente arrestato a Bergamo per rapina.

Clivio chiedeva di far luce sulla “fuga” dei pm da Brescia e su eventuali “criticità strutturali e ambientali”. La richiesta del consigliere restava inascoltata e il Csm non si è mosso nemmeno dopo gli ultimi sviluppi di cronaca: diverso è stato il comportamento dell’organo di autogoverno in riferimento alla procura di Salerno dove evidentemente ha pesato il richiamo della campagna elettorale in corso. (frank cimini)