giustiziami

Cronache e non solo dal Tribunale di Milano

Omicidio dell’aperitivo, il pm cambia idea sulla pena al fotofinish

 

Succede molto di rado e, quando succede, per gli avvocati ha i crismi dell’evento miracoloso. Nel corso delle repliche, quindi all’ultimo ‘giro’ prima della sentenza, il pubblico ministero Piero Basilone chiede di ridurre la pena per omicidio da 30 a 17 anni e quattro mesi  perché l’imputato e la difesa gli hanno fatto cambiare idea.

Il processo è quello a carico di  Jeison Elias  Moni Ozuna, il dominicano che il 12 novembre 2016 fece fuoco all’ora dell’aperitivo a piazzale Loreto assassinando il 37enne connazionale Rafael Antonio Ramirez.  L’aggressione aveva scatenato polemiche sulla sicurezza tanto da indurre il sindaco Beppe Sala a pretendere dal Governo più militari in città.

Il 14 novembre scorso il pubblico ministero ci era andato pesante: 30 anni col rito abbreviato e l’aggravante della premeditazione e senza generiche.

Nel 99 per cento dei casi, a difesa e imputato non resta che rivolgersi al giudice per convincerlo all’ultimo secondo che la pena è troppo alta. Invece questa volta è il pm a vacillare dopo avere ascoltato gli avvocati Francesca Salvatici e Rocco Romellano e le dichiarazioni spontanee dell’imputato che forniscono elementi di prova alla ricostruzione dei fatti.

Tanto che il gip Stefania Donadeo sposa la nuova linea dell’accusa e lo condanna ‘solo’ a 18 anni riconoscendogli  le attenuanti generiche equivalenti all’aggravante della premeditazione. Fuori dall’aula, prima del verdetto, il pm, noto per la sua severità ma anche per la sua gentilezza nei modi, riconosci ai difensori di averlo convinto al ricalcolo della pena.

Nell’ambito delle indagini, condotte dalla Squadra mobile, anche grazie alle telecamere era stato possibile ricostruire il ruolo avuto dal dominicano e da un suo complice ancora latitante nell’uccisione di Ramirez per un debito di droga di 10mila euro. L’uomo ancora ricercato avrebbe sferrato le prime coltellate alla vittima, mentre Moni, arrestato nella notte tra il 5 e il 6 dicembre dell’anno scorso, l’avrebbe poi uccisa sparando due colpi di Beretta calibro 7.65.  Con le sue spontanee dichiarazioni il dominicano ha messo a verbale che quel pomeriggio verso le 17, un paio d’ore prima dell’omicidio, il suo complice gli telefonò e gli disse, riferendosi a Ramirez: “Dobbiamo ammazzarlo o mandarlo in ospedale”. All’appuntamento, poi, ha raccontato ancora Moni Ozuna, il complice si sarebbe presentato con pistola e coltello, consegnando la prima a lui. (manuela d’alessandro)

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Guerra col Comune, la difesa del ‘papà’ del processo digitale sui fondi Expo

“Il Comune dice che è colpa nostra? Succede, la vita è bella perché è varia”. Pasquale Liccardo, magistrato e capo della Dgisia, la direzione per i sistemi informativi del Ministero della Giustizia, non ha molta voglia di parlare degli appalti milionari senza gara assegnati col tesoro di Expo.

Eppure l’occasione è ghiotta. I protagonisti del processo civile telematico sono tutti qui nell’aula magna del Palazzo di Giustizia a discutere delle prospettive di una giustizia senza carta. Liccardo, considerato il papà del Pct, è un uomo ottimista tanto da promettere a un giovane avvocato seduto in platea che “tra 4-5 anni” potrà depositare la richiesta di rito abbreviato al giudice di Gela via computer senza sobbarcarsi il viaggio infinito che domani dovrà intraprendere per portare il pezzo di carta sull’isola. Prima di lui sia il procuratore Francesco Greco che il Presidente del Tribunale Roberto Bichi  avevano ammesso con candore che non tutto sta filando giusto col processo digitale.

Su quegli appalti senza gara indagano le Procura di Venezia, Brescia e Milano. Hanno acquisito oltre alla relazione dell’Anac che segnala irregolarità in almeno dei 10 milioni su 15 stanziati in nome di Expo anche il report del Ministero della Giustizia, a firma dello stesso Liccardo. Pochi giorni fa, il Comune di Milano ha presentato un ricorso al Tar in cui chiede di annullare la delibera dell’Autorità anticorruzione scaricando ogni responsabilità su magistrati e Ministero della Giustizia.

Torniamo a Liccardo, che avviciniamo alla fine del convegno. “Dottore, che ne pensa di questa mossa del Comune?”. “Noi abbiamo fatto le nostre valutazioni, ora vediamo cosa decide il Tar. La nostra esperienza è stata molto positiva, abbiamo portato il Pct a Milano. Su questa vicenda siamo molto tranquilli”.  Poi, la risposta a dire il vero un po’ seccata sulla varietà degli scenari nella vita a proposito dello scaricabarile del Comune.

Liccardo all’epoca dei fatti al centro delle inchieste non era il capo del Dgsia, posizione occupata da Daniela Intravaia, e ora sta per lasciare anche lui proprio mentre è stato pubblicato il bando per assegnare una marea di milioni per lo sviluppo del Pct (entità dell’appalto una trentina di milioni). Dopo 12 anni e un durissimo intervento del Garante della Concorrenza sul monopolio della corazzata bolognese Net Service, si fa per la prima volta una gara europea. C’è agitazione tra le altre imprese che operano nel settore e che avevano segnalato le anomalie degli affidamenti diretti. A chi toccherà scrivere il futuro della giustizia? (manuela d’alessandro)