giustiziami

Cronache e non solo dal Tribunale di Milano

Cantone: “Milano capitale morale”. E un grazie alla moratoria no?

Il ritorno di Milano a “capitale morale”. Lo certifica Raffaele Cantone, il numero uno dell’autorithy anticorruzione in una delle tante esternazioni che caratterizzano il suo attuale incarico e che con ogni probabilità si riveleranno utili per il prossimo, quando l’ex pm anticamorra deciderà cosa fare da grande.

Invece, “Roma non ha gli anticorpi” in vista del Giubileo, aggiunge Cantone. E gli anticorpi di Milano? Ne vogliamo parlare? Era stato meno vago Matteo Renzi ad agosto scorso quando nel decantare il successo di Expo aveva detto un bel grazie a Bruti Liberati “per la sensibilità istituzionale”. Era riferito chiaramente alla moratoria sulle indagini decisa dalla procura ben prima che Expo venisse ufficialmente inaugurata.

Insomma, un bel regalo per non rovinare l’evento che il sistema paese aveva conquistato sbaragliando in quel di Parigi la terribile armata di Smirne. Con il 70 per cento dei lavori di Expo affidati con trattativa privata “perché siamo in grave ritardo”, senza gare pubbliche, il gioco di sponda degli inquirenti era indispensabile.

Del resto per gli stessi fondi Expo destinati alla giustizia i vertici del Tribunale non avevano fatto ricorso a gare pubbliche. Inutile a questo punto chiedersi chi controlla i controllori. Per molto meno si fanno indagini sui comuni mortali che spesso “per scambi di potere”, senza nemmeno un passaggio di quattrini, finiscono in carcere, perché i signori che vigilano sulla legalità (ma solo su quella degli altri) sono inflessibili. Come si suol dire “non guardano in faccia a nessuno”. Continua a leggere

Fondi Expo, per il Tar più di 6 mln sono stati assegnati in modo “illegittimo” al Tribunale

Quella che potete leggere qui  è la sentenza  con la quale il Tar della Lombardia ha dichiarato illegittimi  e annullato appalti per 6,4 milioni di euro destinati alla giustizia milanese in nome di Expo. Il Tribunale di Milano ha siglato una convenzione scorretta con la Camera di Commercio per informatizzare gli uffici giudiziari in occasione dell’Esposizione Universale. In buona o mala fede? A stabilirlo dovrebbe essere un’inchiesta penale o quantomeno ci si attenderebbe un’ispezione ministeriale per capire la natura del gigantesco abbaglio.  Dal 2010 a oggi milioni di euro sono stati spesi con appalti senza gara  o con gare dichiarate illegittime, come Giustiziami e poi Il Fatto Quotidiano avevano anticipato nei mesi scorsi. Di una parte di questi appalti si occupa il Tar in una sentenza che meriterebbe le prime pagine dei giornali se questi non fossero finanziati da Expo.

Nel 2014 il Tribunale, allora presieduto da Livia Pomodoro, e la Camera di Commercio firmano una convenzione in base alla quale la seconda s’impegna a realizzare alcuni lavori pagati col ‘tesoro’ di Expo: la manutenzione e gestione del sito del Tribunale di Milano, la gestione della pubblicità legale delle aste giudiziarie su siti e quotidiani; il servizio informativosu fallimenti e concordati e il supporto al processo civile telematico. Tutto procede, finché una società, la Aste On Line snc, fa ricorso al Tar lamentando una lesione della concorrenza.

Il Tar  le da’ piena ragione affermando che “la convenzione determina un’illegittima restrizione della concorrenza attualmente esistente nel settore, tendendo all’individuazione di un operatore particolare a cui demandare l’effettuazione della pubblicità in via preferenziale”. Crollata la convenzione, sono nulle tutte le gare sue ‘figlie’ che ora vanno rifatte.

(manuela d’alessandro)

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Detenuta lavoratrice a Expo, evade uscendo dai tornelli. Ricercata da luglio.

E’ scivolata via lieve dai tornelli dell’esposizione universale, confusa nella folla stanca che abbandonava i padiglioni un pomeriggio di luglio. Evasa da Expo dove lavorava per 500 euro al mese nell’ambito del progetto che vede impegnato un centinaio di detenuti delle varice carceri lombarde – Bollate, Opera, Busto Arsizio e Monza – a dare informazioni e aiutare i visitatori che perdono il filo tra i paesi del mondo.

Una detenuta transessuale vicina all’ultima curva della sua pena per omicidio preterintenzionale, due anni e mezzo da scontare a Bollate, una delle carceri meno crudeli con chi ha perso la libertà. Impeccabile sempre, tutte le volte che le era stato concesso uno spicchio d’aria con diversi permessi durante la carcerazione. Mai un ritardo, una sbavatura. Per questo era stata scelta, anche col sì del giudice della sorveglianza, tra i candidati a vivere un’esperienza di lavoro a Expo con uno stipendio inferiore di un terzo rispetto ai contratti collettivi nazionali, come previsto dalla legge. Sei ore al giorno per sei giorni alla settimana dentro alla giostra dell’esposizione finché non le è venuta voglia di scendere e scappare via. Da allora, primi di luglio, la stanno cercando invano. Se dovessero trovarla, la sua curva prima della libertà diventererebbe una strada senza fine. (manuela d’alessandro)

Bruti: Vado in pensione. Cassazione: ok Robledo a Torino

Nel giorno in cui la Cassazione, sezioni civili, dà l’ok al trasferimento a Torino dell’ex aggiunto Alfredo Robledo a causa degli sms scambiati con l’avvocato della Lega Nord Domenico Aiello, il capo della procura di Milano Edmondo Bruti Liberati annuncia che andrà in pensione il 16 novembre, rinunciando a prorogare l’incarico.

Bruti e Robledo. I protagonisti dello scontro più forte mai avvenuto dentro una procura importante, dove è emerso chiaro come non mai il collegamento tra giustizia e politica. E basta leggere gli atti del contenzioso per rendersene conto. Nemmeno l’imputato eccellente per antonomasia con tutti i suoi potenti mezzi era riuscito a mettere in così grande difficoltà l’immagine e non solo quella della magistratura italiana.

Dunque per la Cassazione era urgente il trasferimento a Torino di Robledo, al di là di quello che sarà il procedimento nel merito che in verità non è nemmeno stato avviato. Al pari quello a carico di Bruti che a questo punto non ci sarà. La ciliegina sulla torta l’aveva messa pochi giorni fa il consiglio giudiziario milanese rinviando al 22 settembre il parere sulla decisione della conferma dell’incarico di Bruti come procuratore capo. Tomo tomo cacchio cacchio Bruti va via senza rischiare di pagare dazio per aver “dimenticato” per 6 mesi nel cassetto un fascicolo. Non si trattava di un incidente stradale, ma della gara d’asta per la Sea, una delle più importanti aziende italiane, dove era lambita la giunta di centrosinistra del capoluogo lombardo.

Ha pagato alla fine solo l’anello più debole, Robledo, schiacciato dal ruolo gerarchico di Bruti che come fondatore di Md era per l’organizzazione orizzontale contro i vertici. E che nella guerra interna ha avuto il sostegno importante di Giorgio Napolitano dal Quirinale il quale spesso ha fatto riferimento proprio ai poteri di cui dispongono i capi degli uffici inquirenti. Si chiude, si fa per dire, così una bruttissima pagina della storia della magistratura. Indipendenza? Autonomia? E da chi? Da questa vicenda è emerso che i politici con tutte le loro gravissime colpe non sono certo i peggiori nell’ex patria del diritto. Da tempo ormai è tutto al rovescio (frank cimini)

Bruti-Robledo, l’omertà nel dna di csm e consiglio locale

L’ultima notizia sta nell’ennesimo rinvio. Da parte del consiglio giudiziario, il Csm locale, al 22 settembre per esprimere il parere sulla conferma di Edmondo Bruti Liberati come capo della procura di Milano. Parere da inviare al Csm, che nonostante l’annuncio del pg della Cassazione al momento della richiesta di trasferimento dell’aggiunto Alfredo Robledo a Torino, non ha compiuto un atto che sia uno del procedimento disciplinare a carico di Bruti. E nemmeno in relazione all’iter del procedimento a carico di Robledo, la vicenda del quale sembra in pratica chiusa con la misura cautelare con destinazione Torino.

Tutto ciò accade dopo che i pm di Brescia, nel chiedere l’archiviazione dell’abuso d’ufficio a carico di Bruti, avevano “rimproverato” il capo della procura per valutazioni squisitamente politiche in riferimento sia al fascicolo Sea dimenticato per 6 mesi un cassetto e assegnato a Robledo solo quando ormai era impossibile fare indagini sia all’archiviazione del primo esposto dei radicali per le firme false del partito di Formigoni.

Insomma, stiamo parlando di comportamenti omertosi, perché da Brescia era chiara l’indicazione della valutazione disciplinare in sede di archiviazione penale. Ci sono dei magistrati che accusano un loro autorevole collega di aver agito in base alla politica e non accade nulla. E’ ridicolo sciacquarsi la bocca con i nomi di Falcone e Borsellino a ogni occasione per poi silenziare oltre limite una storia scabrosa dove finora ha pagato solo uno dei due protagonisti, quello che ricopriva il ruolo meno importante dal punto di vista gerarchico.

E come se non bastasse Bruti potrebbe chiedere la proroga dell’incarico in deroga alla norma che fissa il pensionamento a 70 anni. Con i tempi delle decisioni di Csm e consiglio locale evidentemente se lo può permettere. Ma non c’è bisogno di un eccessivo spirito critico per concludere che l’indipendenza della magistratura è ormai una barzelletta. Senza dimenticare la moratoria delle indagini su Expo a evento in corso che manda tanti saluti pure all’esercizio obbligatorio dell’azione penale, altro principio buono per essere sbandierato in convegni e comunicati. Al pari dei nomi dei magistrati uccisi dalla mafia (frank cimini)

ps a ottobre il consiglio giudiziario, dopo innumerevoli rinvii, ha pronunciato il ‘non luogo a provvedere’ sul parere per la conferma di Bruti Liberati. La decisione è stata motivata col fatto che il procuratore ha annunciato di andare in pensione il 16 novembre e il parere sarebbe ormai superfluo.