giustiziami

Cronache e non solo dal Tribunale di Milano

Un mese per le nuove indagini sulla Piastra di Expo e ora Sala potrebbe essere convocato

 

La Procura Generale di Milano avrà un mese di tempo per effettuare nuove indagini sul più grosso appalto di Expo, quello sulla ‘Piastra’, ossia l’ossatura architettonica dove poi sarebbe sorta l’Esposizione Universale. Un’inchiesta che ‘rivive’ dopo che il pg Felice Isnardi ha avocato il fascicolo ai pm Paolo Filippini, Roberto Pellicano e Giovanni Polizzi e ha  chiesto e ottenuto nell’udienza di stamattina dal gip Andrea Ghinetti la revoca della richiesta di archiviazione. Revoca concessa  dal gip senza nemmeno dare la parola ai legali dei 5 indagati perché così prevede la legge. A questo punto, Isnardi avrà trenta giorni, termine anche questo sancito dal codice, per effettuare, come ha spiegato al giudice, ulteriori “approfondimenti investigativi” sulla gara che la società Mantovani nel 2012 vinse con un ribasso del 42 per cento sulla base d’asta.

I tre pubblici ministeri, che avevano condotto le indagini all’epoca nel pieno dello scontro in Procura tra l’allora procuratore capo Edmondo Bruti Liberati e il capo del pool anti- corruzione Alfredo Robledo, avevano chiesto l’archiviazione nelle settimane scorse perché “nonostante gli sforzi investigativi” non era stata “provata l’esistenza di tangenti” ma erano emerse “numerose anomalie e irregolarità amministrative”. Robledo, all’epoca della sanguinosa guerra con Bruti finita davanti al Csm e col suo trasferimento a Torino, aveva sostenuto che non era stata data a lui e ai tre pm la possibilità di indagare a fondo sulla Piastra. Tanto che, a un certo punto, l’indagine gli venne sottratta dallo stesso Bruti con la creazione della famosa ‘Area Omogenea Expo’.

Gli indagati sono 5: gli ex manager di Expo Angelo Paris e Antonio Acerbo, l’ex presidente della Mantovani, Piergiorgio Baita, e gli imprenditori Erasmo e Ottaviano Cinque.”Letta la richiesta di archiviazione – ha commentato l’avvocato Federico Cecconi, legale di Acerbo – non mi stupisco che si chieda un supplemento di indagini”.  Non è escluso che il pg convochi nei prossimi giorni l’allora commissario di Expo e attuale sindaco di Milano Giuseppe Sala (mai indagato). Agli atti ci sono le dichiarazioni dall’ex capo di Infrastrutture Lombarde Antonio Rognoni: “Sono andato da Sala e ho spiegato i motivi per cui mi sembrava irragionevole l’offerta della Mantovani. Sala mi ha risposto che loro avrebbero proseguito con questo orrientamento perché non avevano tempo per accertare la congruità dei prezzi che erano stati stabiliti dalla Mantovani e per verificare se l’offerta era anomala o meno”. La legge stabilisce che le stazioni appaltanti, Expo in questo caso, possono ma non sono obbligate a valutare la congruità delle offerte che appaiono basse in modo anomalo. Alla domanda se avesse intenzione di convocare il sindaco, il pg Isnardi, magistrato di lungo corso autore delle prime indagini sui Ligresti, si è limitato a rispondere: “Non lo so”. Ma forse, a Expo lontano, è arrivato il momento di chiedere a Sala cosa accadde attorno a quel goloso appalto.  (manuela d’alessandro)

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La Procura impugna l’assoluzione dei No Expo, i due pesi e due misure

“Dove vedono e dove cecano”, recita il vecchio adagio. Che la procura ricorra contro le assoluzioni è considerato fisiologico, ma a volte il contesto fa la differenza. La procura di Milano ha impugnato la sentenza del gup che aveva assolto 3 manifestanti dall’accusa di devastazione in relazione al corteo del primo maggio del 2015. E’ lo stesso ufficio inquirente che aveva chiuso un occhio e l’altro pure sugli appalti dell’evento. Una circostanza pacificamente provata dal premier Matteo Renzi che in riferimento al “successo” di Expo ringraziava in ben due occasioni l’allora procuratore Edmondo Bruti Liberati per “il senso di responsabilità istituzionale”.

La moratoria delle indagini, che portava tra l’altro al proscioglimento del numero uno di Expo Beppe Sala dall’accusa di abuso d’ufficio con una motivazione tragicomica, non vale per le pietre tirate contro le vetrine delle banche. In 40 pagine la procura rimprovera al gup una errata applicazione della legge penale e il fatto di non aver valutato complessivamente e unitariamente gli elementi di prova.

Dura lex sed lex, ma solo per chi ha protestato contro la manifestazione simbolo del sistema paese di cui la magistratura evidentemente si sente parte integrante con tanti saluti all’obbligatorietà dell’azione penale. In questo caso la procura non demorde e fa finta di niente anche davanti alla lezione di diritto impartita dalla corte di appello di Atene che nel respingere l’estradizione di 5 anarchici ricordava il principio della responsabilità penale come personale e non collettiva.

“Giustizia di classe” si sarebbe detto in altri tempi, quando per esempio il neo procuratore di Milano Francesco Greco faceva parte della sinistra di Md, una sparuta pattuglia di magistrati (“pochi ma buoni”) distribuita tra Roma e Milano che contrastò la logica dell’emergenza battendosi con vigore anche contro i vertici della corrente. Di acqua sotto i ponti ne è passata tanta e vale ma solo fino ad un certo punto la considerazione che si nasce incendiari e si muore pompieri. Non è così per tutti in verità. La legalità non è una questione di giustizia ma di potere. (frank cimini)

Il sindaco – commissario che fa le gare di fretta e gli appalti spartiti: l’altra Milano negli atti sulla ‘Piastra’

 

Milano, quante parole dolci per te in questi mesi. Città prima in tutto, prima anche ad alzare la mano per dire che sei la più brava. Città lodata ogni giorno dai media col cappello abbassato. Eccoti negli atti di una delle tante indagini su Expo soffocate dalla moratoria, quella sull’appalto della Piastra, il luogo dove sono stati deposti i padiglioni, sì, i padiglioni dei paesi di tutto il mondo, quelli che la Procura di Reggio Calabria (non di Milano) sostiene essere stati costruiti con l’aiuto della ‘ndrangheta. Ti riconosci?

“COME SI SPARTISCONO GLI APPALTI A MILANO”

“Cinque (imprenditore indagato, ndr) mi disse che Milano non era una piazza semplice, ma assai chiusa per la presenza di un sistema spartitorio degli appalti”. A metterlo a verbale il 25 maggio 2015 è l’imprenditore Piergiorgio Baita, indagato perché, questa è l’ipotesi dei pm,avrebbe contribuito a truccare la gara più importante di Expo, quella per la ‘Piastra,’ vinta dalla Mantovani Costruzioni, di cui era ad, con un ribasso del 42 per cento. “Nel senso – precisa – che vi era una spartizione di massima con riguardo al settore della Sanità e del settore delle Infrastrutture e costruzione di grandi Opere; il primo settore, controllato dal sistema della Compagnia delle Opere, il secondo dal gruppo delle grandi Imprese nazionali di costruttori, con prevalenza di quelle milanesi. Mi disse anche – aggiunge – che in questo sistema lui aveva la possibilità di essere tutelato grazie ai rapporti che negli anni precedenti aveva instaurato con due società chiave nela gestione degli investimenti infrastrutturali in Lombardia, ossia Ilspa e Serravalle. In particolare – conclude – egli poteva godere di ottimi rapporti con l’amministratore di Ilspa Antonio Rognoni (pure tra gli indagati) per il quale presso il Ministero delle Infrastrutture del tempo si stava adoperando per la sua nomina a direttore generale dell’Anas”.

I MANAGER (E IL FUTURO SINDACO) CHE VANNO TROPPO DI FRETTA

“Ottenuto l’appalto ed evitata la verifica di congruità dell’offerta per ragioni di urgenza - si legge nella richiesta di archiviazione della Procura  presentata al gip che l’ha respinta fissando un’udienza al 9 novembre  -  l’unico interesse dei manager di Expo, constatato il ritardo sul crono programma, appare quello di concludere i lavori entro aprile 205, termine assolutamente indifferibile”. “Dichiarato tale obbiettivo – proseguono i pm – si è arretrata la soglia della legittimità dell’agire amministrativo, accedendo a una deregulation dettata dall’emergenza. L’offerta con un ribasso del 42% rispetto al prezzo di gara, in forza della quale la Mantovani si è aggiudicata l’appalto, è stata ampiamente modificata nei costi e nelle originarie obbligazioni contrattuali, consentendo all’appaltatore di entrare in una anomala trattativa al rialzo con il committente, ponendo come contropartita la cessazione dei lavori in corso, la cancellazione dell’Evento e la credibilità del Paese”. E tra chi va veloce, c’è anche il futuro sindaco  Giuseppe Sala, non indagato in questa vicenda. Sentite Antonio Rognoni, l’ex grande capo di Infrastrutture Lombarde, poi arrestato: “”Sono andato da Sala  e ho spiegato i motivi per cui mi sembrava irragionevole l’offerta della Mantovani. Sala mi ha risposto che loro avrebbero proseguito con questo orientamento perché non avevano tempo per poter congruire i prezzi che erano stati stabiliti da Mantovani e per verificare se l’offerta era anomala o meno”.  A suo riscontro, le affermazioni del responsabile unico del procedimento Carlo Chiesa: “”Proposi alla stazione appaltante di non fare la verifica di congruità nelle persone di Paris (Angelo Paris, allora ‘braccio destro’ di Sala, poi arrestato) e Sala le quali hanno accolto la proposta alla luce delle mie motivazioni”. Sempre Chiesa e Rognoni spiegano che si era deciso in Expo di non fare verifiche di congruità  qualora vi fossero offerte molto al ‘ribasso’, come quella presentata dalla Mantovani, per motivi di tempo. La legge stabilisce che le stazioni appaltanti “possono”, ma non devono, valutare la congruità di offerte che appaiono “anormalmente” basse.  Dove è la Milano puntigliosa contro la Roma crapulona? E dove sarebbe se su questa indagine che ora un gip cerca di rianimare (ma sembra tardi) non fosse intervenuta la “sensibilità istituzionale” di cui Matteo Renzi ha ringraziato i vertici della Procura?

(Manuela D’Alessandro)


Per Sala moratoria Expo senza fine, nuova archiviazione sulle case non dichiarate

 

Peppino Sala nell’autocertificazione richiesta ai titolari di cariche pubbliche aveva indicato un terreno a Zoagli ma non i due immobili costruiti, e nemmeno due motocicli, una casa in Svizzera e le quote di una società in Romania, ma questo non gli costerà un processo per falso ideologico. Perché la procura di Milano ha chiesto di archiviare l’accusa in quanto si tratterebbe solo di informazioni incomplete. Non ci sarebbe stata alcuna alterazione della realtà. Nel caso il gip dovesse accogliere la richiesta dei pm Sala sarebbe fuori dai guai per la seconda volta. Una sorta di sindaco della procura.

Era già caduta infatti l’accusa di abuso in atti d’ufficio in relazione all’affidamento a Oscar Farinetti di due padiglioni per la ristorazione di Expo senza indire gara pubblica. Il gip su richiesta conforme della mitica procura di Milano decise che Sala favorì Farinetti ma non c’era la prova che ne avesse l’intenzione. Una motivazione tragicomica, come del resto appare quella degli immobili di Zoagli.

Insomma la moratoria su Expo appare senza limiti e si protrae nel tempo, anche adesso l’evento è finito da tempo. Expo non si tocca. Del resto per il “successo” dell’esposizione Renzi aveva ringraziato in ben due occasioni la procura allora di Bruti Liberati parlando di “responsabilità istituzionale”. Adesso al posto di Bruti c’è Francesco Greco, già nel ‘cerchio magico’ dell’allora procuratore capo. E non c’è nulla di nuovo sotto il sole. Expo e i suoi uomini, Sala in testa, sembrano godere di una sorta di impunità. Il proscioglimento in relazione all’affare Farinetti fu sicuramente più grave. Ricordiamo però che venne firmato da un giudice il quale sui fondi Expo giustizia si era comportato come Sala contribuendo a distribuirli senza gare pubbliche.

Quantomeno a livello di scambi di potere Expo è stato un banchetto dove hanno mangiato tutti, anche i magistrati. Per questo la verità non la sapremo mai. Tutto a difesa del sistema paese, cioè la patria degli affari. E la chiamano pure legalità. (frank cimini)

No dal Tribunale per i 100mila euro in 6 mesi al nuovo direttore scelto da Fiera Milano

Non piace al Tribunale il candidato scelto da Fiera Milano spa per la successione di Enrico Mantica alla guida di Nolostand, la  società commissariata nell’ambito dell’inchiesta su presunte infiltrazioni mafiose anche negli appalti legati a Expo.  A quanto apprende Giustiziami, il nome designato per la carica di direttore tecnico sarebbe quello di Bruno Boffo, già vicedirettore generale dell’ente tra il 1998 e il 2009.  Un manager di assodata esperienza e conoscenza degli ingranaggi del gigante fieristico che tuttavia presenterebbe due pecche agli occhi dell’amministratore giudiziario Piero Capitani. Anzitutto non rappresenterebbe una sufficiente “discontinuità” rispetto al passato,  in quanto ex  figura preminente di Fiera Milano. Una cesura ritenuta necessaria dal Tribunale che già aveva ottenuto  le dimissioni dell’intero cda di Nolostand. Mantica non era indagato ma è stato rimosso per contatti con imprenditori ritenuti vicini a Cosa Nostra.E poi, fatto non secondario, avrebbe suscitato perplessità la decisione presa dal Comitato per la Remunerazione di Fiera Milano, di cui fa parte anche l’esponente del Pdl Licia Ronzulli (oltre ad Attilio Fontana e Romeo Robiglio) di determinare un compenso di 100mila euro lordi per sei mesi da versare a Boffo. Una somma ritenuta spropositata che in Fiera forse ritengono necessaria per indurre il manager a dedicarsi anima e cuore a un’impresa difficile: rimettere in pista una società squassata dall’indagine milanese in vista di appuntamenti decisivi  in programma già a settembre. (manuela d’alessandro)

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