giustiziami

Cronache e non solo dal Tribunale di Milano

L’accanimento degno di miglior causa della Procura contro i no Expo

 

Le denunce dei proprietari delle auto danneggiate durante gli incidenti del primo maggio 2015 non riportano i  numeri civici di fronte ai quali erano parcheggiate. Le macchine erano sì in via Carducci ma nel tratto successivo a largo d’Ancona dove la sosta è consentita. Il pm invece colloca le auto nel tratto precedente al piazzale, “in modo del tutto arbitrario” secondo le difese dei manifestanti, tre dei quali assolti in primo grado dall’accusa di devastazione e saccheggio e che mercoledì prossimo saranno processati in appello perché la procura ha fatto ricorso.

Una dedizione degna di miglior causa, un accanimento vero e proprio, soprattutto considerando che stiamo parlando delle iniziative della procura nota per la moratoria delle indagini sugli appalti di Expo, provata oltre ogni ragionevole dubbio dai ringraziamenti dell’allora premier Matteo Renzi ai signori del quarto piano coordinati e diretti a quel tempo da Edmondo Bruti Liberati.

Un’altra “perla” dell’accusa, citata nella memoria difensiva, sta nel passaggio in cui la procura ha definito “inaccettabile” l’affermazione del giudice di primo grado secondo cui la maschera antigas è uno strumento di precauzione a fronte di paventati disordini.

Del resto sempre la procura aveva collegato agli imputati un volantino anonimo fotografato nelle mani dei manifestanti e contenente istruzioni in caso di una ipotetica azione della polizia. Insomma per la procura azioni come “indietreggiare lentamente e ordinatamente”, “aiutare chi viene ferito, chi cade, chi ha problemi di respirazione o chi viene fermato” consisterebbero in suggerimenti a commettere il reato di resistenza. Sarebbe “inaccettabile” pure “la previsione di un’assistenza legale in caso di arresto o fermo”.

La procura sta facendo di tutto per ribaltare le assoluzioni e ottenere le condanne per devastazione e saccheggio. In primo grado l’accusa aveva chiesto 6 anni di reclusione. Un solo imputato era stato condannato per il reato più grave a 3 anni e 8 mesi. La procura non ha impugnato il quantum della pena perché all’accusa interessa soprattutto il principio, in materia di concorso morale nella devastazione.

La sentenza della settimana prossima in caso di esito favorevole per l’accusa porterà alle prossime mosse. Ci sarà la richiesta di processare i 5 anarchici greci per i quali Atene ha rigettato l’estradizione perché la corte d’appello ha spiegato che da quelle parti la responsabilità penale è personale e mai collettiva dal momento che non erano indicati nel capo di imputazione comportamenti specifici.

Insomma è questa l’altra faccia della moratoria sui reati dei colletti bianchi che tra l’altro ha consentito a Beppe Sala tra tragicomiche archiviazioni e indagini non fatte di diventare sindaco di Milano. Il tutto a tutela del cosiddetto sistema-paese, cioè del partito degli affari e dell’evento che non poteva non essere celebrato. Il controllo di legalità non ci fu “perché bisognava fare in fretta, non c’era tempo”. Come si può notare siamo di fronte a spiegazioni e concetti “altamente giuridici”. L’obbligatorietà dell’azione penale è stata mandata a farsi benedire perché serve solo per fare ammuina nei convegni e nei comunicati dell’Anm. Per tutto il resto c’è sempre la giustizia di classe perché le pietre contro le vetrine delle banche sono molto più pericolose dell’abbuffata di Expo alla quale ha partecipato quantomeno a livello di scambi di potere anche la magistratura. (frank cimini)

Expo, il gip: ecco perché dico sì alla proroga delle indagini su Sala

“Si tratta di una notizia di reato che ha reso particolarmente complesse le investigazioni per la molteplicità dei fatti tra loro collegati (appalti Expo) e per il considerevole numero di persone indagate”. Questo scrive il gip Lucio Marcantonio nell’ordinanza con cui proroga di sei mesi le indagini sulla cosiddetta “piastra dei servizi” di Expo che coinvolgono dal 15 novembre scorso anche il sindaco di Milano Giuseppe Sala dopo che la procura generale aveva avocato il fascicolo non condividendo la richiesta di archiviazione della procura in seguito al rigetto da parte del gip Andrea Ghinetti.

Per Giuseppe Sala e Paolo Pizzarotti si tratta della prima proroga di indagine, ricorda il gip Marcantonio, mentre per altri cinque indagati, Piergiorgio Baita, Antonio Acerbo, Angelo Paris, Erasmo Cinque e Ottaviano Cinque ci si trova comunque all’interno del limite massimo consentito di 2 anni delle indagini preliminari.

Il sindaco Sala è indagato per concorso in falso ideologico e materiale in relazione alla sostituzione di due componenti la commissione aggiudicatrice con verbale del 30 maggio 2012. L’accusa fa riferimento a fatti avvenuti quando Sala era amministratore delegato di Expo. Il sindaco in un’intervista rilasciata dopo aver saputo dell’indagine a suo carico spiegava di “non ricordare cosa accadde quel giorno”.

Il sostituto procuratore generale Felice Isnardi ha tempo di svolgere ulteriori indagini fino al 10 giugno, anche se in teoria in riferimento alla posizione di Sala sarà possibile chiedere all’ufficio gip altre proroghe. Con ogni probabilità però la definizione, richiesta di archiviazione o di rinvio a giudizio, arriverà entro il mese di maggio soprattutto perchè Isnardi al compimento dei 70 anni andrà in pensione.

Isnardi in pratica sta facendo almeno una parte del lavoro che la procura non volle fare a causa della scelta relativa alla “moratoria” sulle indagini in modo da non ostacolare la celebrazione dell’evento Expo.  Una “moratoria”, ricordiamo, in pratica confermata dall’allora premier Matteo Renzi che in ben due occasioni inserì tra i “successi” di Expo “il senso di responsabilità istituzionale della procura”.

Sala, tra l’altro, fu indagato e archiviato senza nemmeno il disturbo di essere sentito, in riferimento all’accusa di abuso d’ufficio per l’assegnazione a Oscar Farinetti di appalti della ristorazione senza gara pubblica. “Favorì Farinetti ma non c’è prova che ne avesse l’intenzione” fu la tesi della procura sposata dal giudice, lo stesso che in altra veste per i fondi di Expo giustizia contribuì alla scelta di evitare gare pubbliche. Insomma tutto si tiene e lor signori in toga se la cantano e se la suonano (fank cimini)

Ordinanza proroga indagini Sala

Sala fa la vittima sulla notizia dell’indagine ma le cose non sono come le racconta

Metà del messaggio postato su Facebook in cui Giuseppe Sala annuncia di voler tornare a fare il sindaco è dedicata al suo “stupore” nell’aver appreso dalla stampa di essere indagato. “Giovedì sera nessuna comunicazione ufficiale al riguardo mi era stata fatta, nessun avviso di garanzia mi era stato notificato (…). Mi direte, non è certo la prima volta. Vero, ciò nondimenno dobbiamo tutti insieme fare uno sforzo per non considerare la cosa ‘normale’. Non lo è se riguarda un cittadino e non lo è se riguarda il sindaco di Milano”.

Questa versione del sindaco sembrerebbe prefigurare una clamorosa violazione del segreto istruttorio a suo danno, con la ‘soffiata’ di una irrispettosa procura generale al cronista di turno. La realtà è ben diversa.

Giovedì sera, la magistratura ha notificato una mail con la richiesta di proroga dell’indagine sulla Piastra di Expo all’avvocato d’ufficio Luana Battista. E’ quello che accade al qualsiasi “cittadino” da lui evocato che non ha già un legale perché non è mai stato coinvolto in quell’inchiesta. Sala dimentica di raccontare che ha saputo dai giornali di essere accusato per la presunta falsificazione di due verbali solo perché l’avvocato d’ufficio non ha aperto la sua posta elettronica, come da lei candidamente ammesso (“Non c’erano nomi noti nella prima pagina, sembrava una nomina come le altre”). Nel frattempo, i giornalisti hanno dato risalto a un atto non più segreto in quanto (in teoria) già conosciuto dall’indagato.

Forse al sindaco da’ fastidio aver saputo troppo tardi che l’accusa a suo carico era ‘solo’ quella di falso.  Quando sono uscite le prime notizie, racconta chi è gli è stato vicino, il suo timore era di essere accusato di turbativa d’asta, il reato attorno a cui ruota l’inchiesta sul più ricco appalto di Expo. Di qui il tono infastidito verso stampa e Procura Generale: se avesse saputo che doveva rispondere ‘solo’ di avere retrodato dei verbali non si sarebbe cacciato nel limbo scivoloso dell’autosospensione. (manuela d’alessandro)

Con Sala indagato si svela definitivamente la moratoria di Expo

 

Chissà, magari Beppe Sala, il ‘sindaco della procura‘, ha provato a prendersi la palma del peggiore in questa storia di malagiustizia, inventandosi l’autospensione che tecnicamente esiste ma politicamente assomiglia molto a una pagliacciata. Ha provato ma non ci è riuscito, perché è fuor di dubbio che quella palma appartiene alla procura di Milano (non ai pm Robledo, Filippini, Pellicano e Polizzi che ci ‘provarono’), alla moratoria delle indagini su Expo che adesso con anni di ritardo per sei mesi cercherà di fare la procura generale dopo aver avocato il fascicolo.

Sala poteva restare al suo posto perché è un semplice indagato dopo essere stato archiviato per l’assegnazione a Oscar Farinetti senza gara pubblica oppure poteva dimettersi. Invece si è autosospeso dopo aver saputo di dover rispondere di concorso in falso materiale e ideologico, la retrodatazione del cambio di due componenti della commissione aggiudicatrice sulla piastra. Non è una quisquilia si parla di verbali di riunione falsificati.

Milano rischia di tornare al voto in primavera, pagando un prezzo salato alla celebrazione costi quel che costi di Expo. C’era fretta, non si potevano rispettare le regole, non c’era tempo. La stessa spiegazione fornita per l’affaire Farinetti. Con la procura di Milano che aderisce e di fatto copre. Ma la magistratura copre anche se stessa perché per i fondi di Expo giustizia non era stata indetta la gara pubblica e tutti possono ammirare da anni gli inutili schermi appesi per tutto il Palazzo acquistati con quei fondi.

Fin qui era andata bene alla procura e a Sala diventato sindaco di Milano perché le indagini non erano state approfondite. Non tutte le ciambelle riescono con il buco. Si mettevano di mezzo un gip che rigettava l’archiviazione per la piastra e la procura generale che avocava. I boatos del palazzo riferiscono che dietro ci sarebbe anche una storia di correnti in lotta tra loro. Quelle correnti che al Csm fanno da sempre il bello e il cattivo tempo. E del resto il Csm rifiutò di aprire una pratica al fine di verificare l’esistenza o meno della moratoria della quale questo umile blog aveva iniziato a parlare nell’aprile del 2015, molto tempo prima dell’inaugurazione di Expo. Una voce nel deserto. Adesso la moratoria è sempre più chiara. Matteo Renzi da premier ringraziò due volte l’allora procuratore Edmondo Bruti Liberati per il senso di responsabilità istituzionale inserito tra le ragioni del sucesso di Expo.

Comunque sia si indaga sia pure con ritardo e va considerato pure che a maggio Felice Isnardi il sostituto procuratore generale titolare del fascicolo compirà 70 anni e andrà in pensione. Magari prima di andare potrebbe anche convocare come testimone Renzi per chiedergli: “Scusi a che cosa si riferiva esattamente?”. (frank cimini e manuela d’alessandro)

la-moratoria-sulle-indagini-della-procura-di-milano-per-expo-e-non-solo

sala-archiviato-fu-un-abuso-dufficio-a-fin-di-bene

 

Sulla piastra Expo il pg vuole indagare ancora 6 mesi

Con ogni probabilità il sostituto procuratore generale Felice Isnardi chiederà altri sei mesi per indagare sulla “piastra”, l’appalto targato Expo da 272 milioni di euro vinto con un ribasso del 42 per cento dalla Mantovani. La notizia, anticipata dal ‘Fatto Quotidano’, viene confermata oggi in ambienti giudiziari. Evidentemente i 30 giorni decisi dal gip dopo l’avocazione del fascicolo da parte della procura generale non possono bastare per accertare che cosa accadde veramente. Insomma c’è ancora lavoro da fare. Quello che la mitica procura di Milano allora guidata da Bruti Liberati non fece. “Non c’era tempo per la verifica di congruità” fu la spiegazione di Expo alla quale i pm aderirono nella sostanza e non è stato l’unico episodio del genere.

Era accaduto pure per la mancata gara pubblica in relazione a due padiglioni della ristorazione, assegnata a Oscar Farinetti. Ci fu un’indagine lampo sul numero uno dell’evento Beppe Sala, nemmeno interrogato, e archiviazione dell’accusa di abuso d’ufficio. “Sala favorì Farinetti ma non è provato che ne avesse l’intenzione”, la tesi della procura nel paese in cui amministratori pubblici sono condannati per molto meno sposata dal giudice, lo stesso che per i fondi di Expo giustizia si affidò ad aziende che avevano consuetudine con l’amministrazione, “ditte amiche”, senza una gara pubblica. Insomma Expo doveva essere fatta e poche chiacchiere. In occasione di eventi speciali la legalità diventa un optional e il diritto si storce. Con il timbro dei magistrati.

Eccolo spiegato il successo di Expo. Bastano le parole con cui per due volte Renzi ringraziò l’allora procuratore Bruti Liberati: “senso di responsabilità istituzionale”.

Su Expo si consumò la guerra interna alla procura tra Bruti e l’aggiunto Alfredo Robledo, prima allontanato dagli interrogatori e poi trasferito a Torino dal Csm. Adesso a più di due anni di distanza è la procura generale a cercare la verità che alla procura per ragion di stato non interessava. Non è detto che ci riesca, ma l’affare intanto si ingrossa (frank cimini)