giustiziami

Cronache e non solo dal Tribunale di Milano

Fonsai, la Consob indaga sui giornalisti che l’hanno criticata

La Consob indaga sui giornalisti che hanno criticato il suo comportamento in relazione alla fusione Unipol-Fonsai. L’organismo di vigilanza sulla Borsa ha chiesto e ottenuto dalla procura di Milano l’autorizzazione ad avere dalle compagnie telefoniche i tabulati del cronista di Repubblica Giovanni Pons e di un collega di un’altra testata.

Pons criticava il ritardo con cui Consob si era attivata sulle presunte irregolarità del bilancio 2011 di Unipol. L’11 dicembre 2012 Pons scriveva: “Come mai Consob si attiva solo ora su tale irregolarità e non si è mossa quando il pm di Milano Luigi Orsi lo scorso 4 luglio inviò una lettera agli uffici guidati da Giuseppe Vegas chiedendo ‘se Consob avesse riscontrato i dati su Unipol evocati dal progetto Plinio che circola in rete e se questi possano interferire con la trasparente formulazione dei prospetti?”.

Pons ipotizza: ” Se lo avesse fatto per tempo forse la fusione Unipol-Fonsai sarebbe stata messa in discussione o forse la trattativa sarebbe stata diversa da un salvataggio della prima sulla seconda”.

Secondo la Consob i giornalisti avrebbero agito disturbando il mercato perchè si sarebbero verificati dei movimenti azionari sospetti dopo la pubblicazione degli articoli. Da quanto risulta, non sempre la Procura autorizza la Consob ad acquisire i tabulati dei giornalisti, sulla base dell’articolo 187 octies del Testo Unico della Finanza. (manuela d’alessandro e frank cimini)

‘Pm Greco voleva nozze Unipol-Fonsai’, parola di Giulia Ligresti

Nel gennaio scorso desideravano tutti le nozze tra Fonsai e Unipol – una ‘folla’ entusiasta composta da giornali, associazioni, autorità di controllo – ma la Procura di Milano no … tranne il procuratore aggiunto Francesco Greco, che quei fiori d’arancio li avrebbe benedetti. Parole e pensieri in libertà, senza riscontri di altra natura, ‘firmati’ da Giulia Ligresti in una telefonata intercettata del 12 gennaio scorso, agli atti dell’inchiesta torinese sulla compagnia di assicurazioni.

Parlando con un amico, la secondogenita di ‘Don’ Salvatore, si lamenta: “Hanno la stampa tutta con loro tranne Linkiesta e Repubblica che però si sta ammorbidendo … hanno le autority tutte con loro, cioé sono al loro servizio, anzi gli dicono come devono fare le cose. Hanno le associazioni consumatori, Fondiaria, tutto questo mondo finanziario … gli advisor”. “Sì, ma la Procura no…”, obietta l’interlocutore. Giulia Ligresti è solo parzialmente d’accordo: “Una parte della Procura no, perché Greco l’hai visto come si comporta … totalmente schierato … ma guarda che anche Lombardi me lo diceva, De Luca (il riferimento è probabilmente a due legali, ndr), cioé quindi che Greco era totalmente pro Unipol … figurati”. Intanto, certamente già all’epoca di quella telefonata, c’era chi voleva vederci chiaro sull’operazione: il pm milanese Luigi Orsi, infatti, indagava già da mesi sulla vicenda del cosiddetto ‘papello’, ossia su un presunto accordo tra l’ad di Mediobanca Alberto Nagel, uno dei fautori della fusione Unipol-Fonsai, e la famiglia Ligresti per una buonuscita milionaria per l’ingegnere e i suoi figli. Giulia Ligresti è stata poi arrestata assieme al padre e alla sorella il 17 luglio scorso, la data che entrerà nella storia della finanza italiana come l’epilogo della potentissima dinastia. Lo stesso giorno in cui Anna Maria Cancellieri, ministro della Giustizia, commenterà con un ”non è giusto” la notizia degli arresti, al telefono con la compagna dell’ingegnere di Paternò. (manuela d’alessandro e frank cimini)

 

Una telefonata al Ministro ti accorcia la vita in carcere?

Che il fine fosse nobile, aiutare una detenuta in difficoltà, non c’è dubbio. Ma che quella non fosse proprio una carcerata come  le altre, e non solo perché rampolla della dinastia dei Ligresti, il Ministro della Giustizia Anna Maria Cancellieri non lo può negare. I verbali e le intercettazioni agli atti dell’inchiesta Fonsai di Torino che potete leggere nella sezione ‘Documenti’ raccontano di una storia imbarazzante per la Guardasigilli in cui si intrecciano affetti anche familiari – il figlio Piergiorgio ex top manager della compagnia assicurativa – e dichiarazioni quanto meno incaute per un’esponente del Governo.

Ci sono due puntate in questa vicenda. La prima risale al 17 luglio scorso, a poche ore dall’arresto di Giulia Ligresti, quando la Guardasigilli telefona alla sua ultraquarantennale amica Gabriella Fragni (vedi ‘Intercettazioni Cancellieri’ da pagina 797), compagna di Salvatore Ligresti, che piange. I toni sono accorati, sembrano persino travalicare un sentimento di solidarietà tra amici. “Qualsiasi cosa  possa fare conta su di me, non lo so cosa posso fare, sono veramente dispiaciuta” (…) “Se tu vieni a Roma, proprio qualsiasi cosa adesso serva, non fate complimenti, guarda non è giusto, non è giusto”. Non è giusto cosa? L’arresto di Salvatore Ligresti? Parla il Ministro della Giustizia.

Ed eccoci alla seconda ‘scena’, ambientata in agosto, con il contatto tra la Cancellieri  e i due vicecapi del Dap, il Dipartimento per l’Amministrazione Penitenziaria, quello che lei stessa definisce “un intervento umanitario assolutamente doveroso in considerazione del rischio connesso con la detenzione”. Facciamo parlare ancora il Ministro (‘Verbale Cancellieri, pagina 450): “Ho ricevuto una telefonata da Antonino Ligresti (fratello di Salvatore, ndr)  che conosco da molti anni  e mi ha riferito della sua preoccupazione per lo stato di salute della nipote Giulia la quale soffre di anoressia e rifiuta il cibo. In relazione a tale argomento ho sensibilizzato i due vice capi del Dap perché facessero quanto di loro stretta competenza per la tutela della salute dei carcerati”. Alcuni giorni dopo l’interessamento del Ministro, a Giulia Ligresti vengono concessi i domiciliari anche se dalla Procura di Torino assicurano che l’intervento del Guardasigilli è stato ininfluente. Resta l’innegabile trasporto (“Lui non se lo meritava”, dice la Fragni sull’arresto del compagno, “Lo so, lo so”, risponde il Ministro) con cui la Cancellieri si è spesa per questa detenuta fragile, figlia di amici di una vita, e sullo sfondo la figura del figlio Piergiorgio Peluso, chiamato a fare ‘pulizia’ in Fonsai e che, come potete leggere nei documenti, si confronta anche sulla vicenda giudiziaria in alcune telefonate con gli ex alti dirigenti del gruppo coinvolti nelle indagini. (manuela d’alessandro e roger ferrari)

Proto condannato, zero righe… la coscienza sporca dei giornali

Per mesi e mesi i giornali avevano dato credito e spazio ad Alessandro Proto, finanziere che inondava le redazioni di comunicati presentandosi come compratore di azioni di società quotate da Rcs a Tod’s e scalatore. Ieri Proto, che si era pure candidato alle primarie poi non pervenute del Pdl, è stato condannato tramite patteggiamento a 3 anni e 10 mesi per aggiotaggio, truffa e ostacolo alla Consob. Oggi sui giornali, al di là di poche righe sul Sole 24ore, non c’è nulla.

E’ la truffa dei giornali ai loro lettori. Non hanno scritto nulla della condanna perchè magari avrebbero dovuto ricordare il loro contributo alla costruzione del personaggio Proto. Nel momento in cui un mitomane con un po’ d’ inchiostro arriva a tanto va detto che è il sistema a non funzionare e che non esistono in pratica anticorpi. Tra i molto presunti anticorpi la Consob, parte civile al processo, arrivata dopo l’inchiesta dei magistrati e che non ha incassato alcun risarcimento. Non è la prima volta, non sarà l’ultima. Nel passato recente c’è l’esempio clamoroso della fallita scalata di Fiorani ad Antonveneta. (frank cimini)

“La Procura non indaga”, tolte sette indagini a Greco

Sette inchieste tolte a uno dei magistrati più quotati della Procura di Milano, Francesco Greco, che, secondo  un giudice e la Procura Generale, non avrebbe indagato su vicende di evasione fiscale, scuotono il Palazzo di Giustizia. Da aprile a settembre il procuratore leader del pool che combatte la criminalità economica, che ha ‘firmato’ inchieste come quella sulla scalata ad Antonveneta ed è stato citato ieri anche da Enrico Letta come possibile futuro consulente di Palazzo Chigi, si è visto bocciare dal gip Andrea Salemme sette richieste di archiviazione. Fin qui, nulla di strano: capita che un giudice non condivida l’orientamento della pubblica accusa. Quello che appare davvero inedito, tanto che nessuna statistica e nessuna ‘toga’ di lungo corso lo ricordano, è l’intervento della Procura Generale, l’organo a cui spetta il controllo su tutti i magistrati del distretto milanese. Di solito, quando un giudice non vuole archiviare, ordina allo stesso pm che ha ricevuto la notizia di reato di riapplicarsi sulle indagini.  Il pg Carmen Manfredda, su delega del suo ‘capo’ Laura Bertolé Viale (pubblica accusa nel processo d’Appello Mediaset a Berlusconi), si é invece sostituita a Greco sulla base di un articolo del codice di procedura penale, finora rimasto ‘sulla carta’, che gliene da’ facoltà (‘avocazione delle indagini per mancato esercizio dell’azione penale’). Una di queste inchieste, tutte partite da segnalazioni dell’Agenzia delle Entrate, riguarda una maxi frode da quindici milioni di euro messa a segno attraverso una società estera  da un’ azienda brianzola attiva nel campo degli arredamenti. Greco, stando a quanto riferito da fonti del Palazzo, avrebbe archiviato la pratica nel giro di pochissimi giorni, sostenendo che la frode esisteva, ma non era possibile provarla per un’interpretazione giuridica. Una scelta ritenuta  troppo precipitosa dalla Procura Generale visto che, si fa notare, nemmno un atto d’indagine è stato compiuto per cercare eventuali prove. In queste settimane, la polizia giudiziaria sta raccogliendo informazioni e documenti che poi verranno valutati dalla Procura Generale. La replica della Procura è affidata ai numeri. Viene sottolineato che nei primi cinque mesi di quest’anno sono state inoltrate  all’ufficio gip circa 1600 richieste di decreto penale di condanna per reati fiscali e si è indagato su importanti societa’ fino ad arrivare a sequestri imponenti, come gli 1,2 miliardi di euro ‘congelati’ alla famiglia Riva dell’Ilva di Taranto. (Manuela D’Alessandro)