giustiziami

Cronache e non solo dal Tribunale di Milano

“Ombre rosse”, legale francese: io dietro mosse pm Milano

“Sono stato io a suggerire al pm di Milano le mosse per far dichiarare lo status di delinquente abituale e per ricorrere contro la prescrizione di Luigi Bergamin”. Sono le parole pronunciate da William Julie’ l’avvocato francese che rappresenta lo Stato italiano nel procedimento dove si deve decidere l’estradizione di nove rifugiti politici fermati a Parigi nell’ambito dell’operazione “Ombre Rossse” e poi rimessi in libertà in attesa che si concluda l’iter burocratico-giudiziario davanti alla corte d’Appello.
Le parole di Julie’ vengono riportate da Giovanni Ceola uno dei difensori di Bergamin il quale aggiunge: “Io non so se quanto affermato corrisponda alla realtà ma si tratta di parole gravi”. Va ricordato che la presenza del legale francese nel corso delle udienze era già stata contestata dagli avvocati dei rifugiati perché considerata estranea alla procedura.
Julie’ però continua a intervenire e a dire la sua ed era arrivato addirittura ad affermare che dopo l’eventuale estradizione gli ex terroristi sarebbero riprocessati, posizione che non coincide con quella ufficiale dello Stato italiano.
Va detto che la procura di Milano e il pm Adriana Blasco non sembrano aver bisogno di “suggeritori” nel perseguire la linea dura che tra l’altro aveva portato alla gaffe di sbagliare indirizzo nel ricorrere in Cassazione contro la prescrizione decisa dalla corte d’Assise di Milano. La Cassazione ha rimandato indietro gli atti invitando la procura a opporsi eventualmente alla prescrizione ma rivolgendosi alla stessa corte locale.
La prossima udienza della causa per le estradizioni si terrà il 29 settembre quando saranno decise le questioni preliminari e dì costituzionalità. Nel frattempo i giudici francesi hanno deciso di allentare le misure relative agli obblighi di firma dei rifugiati. Ne è stato del tutto esentato Giorgio Pietrostefani (delitto Calabrese) attualmente ricoverato in ospedale. (frank Cimini)

“Ombre Rosse”, la Cassazione rimanda il pm a scuola

La mitica procura di Milano appare sempre più in confusione tra processi che smentiscono le sue tesi e i suoi teoremi, pm indagati a Brescia e ufficio spaccato tra il cerchio magico del capo Francesco Greco e il resto della truppa. Succede che adesso la procura manda le sue impugnazioni dove la procedura non lo prevede affatto.
Il pm Adriano Blasco che da diversi anni ormai si occupa di esecuzioni della pena aveva impugnato la dichiarazione di prescrizione della corte d’Assise per Luigi Bergamin uno dei nove rifugiati in Francia fermati (operazione “Ombre Rosse”) e poi rilasciati in attesa della decisione sull’estradizione.
Il pm Blasco si era rivolta alla Cassazione che a stretto giro di posta ha fatto presente alla rappresentante della procura di aver sbagliato indirizzo. Il pm può solo opporsi alla prescrizione rivolgendosi alla stessa corte d’Assise che l’aveva decisa. Il percorso è stato avviato e la corte ha fissato l’udienza per il prossimo 13 luglio con la procura che sembra avere scarse probabilità di ottenere soddisfazione.
Insomma non accade tutti i giorni che una procura sbagli indirizzo.
Il difensore di Bergamin intanto ha presentato ricorso in Cassazione contro la dichiarazione di “delinquenza abituale” decisa dal Tribunale di Sorveglianza sia in primo grado sia rigettando l’appello. È la prima volta nella nostra storia giudiziaria che un imputato subisce una sorte simile a quaranta anni e più dai fatti per i quali è stato condannato. Ma la procura ha scelto questa strada nella speranza di incidere sulla decisione delle autorità francesi in tema di estradizione. Secondo il pm milanese infatti lo status di delinquente abituale vanificherebbe del tutto la prescrizione. Cioè siamo sempre lì.
Oggi pomeriggio alle 16 a Parigi è fissata l’udienza assolutamente interlocutoria considerando i tempi lunghi previsti dalla procedura sul tema dell’estradizione di Bergamin. Si preannunciano scintille a seguito di quanto accaduto la settimana scorsa nell’udienza relativa ad altri rifugiati. Si tratta della partecipazione dell’avvocato rappresentante dello stato italiano contestata dalle difese che è poi un francese iscritto al bureau d’Oltralpe.
La presenza di questo legale è stata però appoggiata dall’avvocato generale, figura che fa parte del sindacato della magistratura che comunque dall’altro lato ha reclamato insieme ai difensori le richieste all’Italia di ulteriori chiarimenti sostenendo che ci sarebbero dei buchi nei dossier inviati dalle autorità del nostro paese.
Ha destato sorpresa invece l’affermazione dell’avvocato francese in rappresentanza dell’Italia il quale ha invitato a concedere l’estradizione perché poi i rifugiati sarebbero processati di nuovo per i fatti di tantissimi anni fa. Una posizione che non è assolutamente quella ufficiale dell’Italia.
(frank Cimini)

C’è sempre una pista anarchica ovunque e comunque

C’è sempre una pista anarchica, ovunque e comunque. A Torino, dove la procura aveva invano tentato di trasformare l’incendio di un compressore in un atto di terrorismo, il prossimo 21 aprile il tribunale di sorveglianza dovrà decidere su richiesta dei pm se applicare a Marco Boba la misura della sorveglianza speciale e tra gli elementi da valutare c’è un libro scritto sei anni fa dal titolo “Io non sono come voi”. “Io ho odio dentro di me c’è solo voglia di distruggere, le mie sono pulsioni nichiliste” si legge nel romanzo che dovrebbe costare a chi l’ha scritto secondo la procura una forte limitazione della libertà. Non il carcere perché per quello non c’è abbastanza. Ma un prezzo il redattore di Radio Black Out, occupante di El Paso, esponente del movimento anarchico, deve evidentemente pagare.
Da Torino a Roma dove il Riesame su input della Cassazione ha cancellato l’accusa di associazione sovversiva finalizzata al terrorismo per quattro anarchici arrestati a giugno dell’anno scorso. Siccome il reato più grave era già stato annullato per Francesca Cerrone siamo davanti all’ennesima inchiesta flop sugli anarchici analoga a quella di Bologna.
Marco Boba, 53 anni, in passato aveva scontato diversi periodi detenzione per la sua partecipazione alle lotte sociali. A quanto pare non è sufficiente scontare le condanne ma è anche necessario abiurare la propria identità la propria appartenenza e dimostrare di aver assorbito un’altra idea, quella del silenzio e della rassegnazione.
Nel romanzo l’alter ego di Boba dice: “Per la società per il sistema io sono un violento ma ti assicuro che per indole sono una persona tranquilla, la mia violenza è un centesimo rispetto alla violenza quotidiana che subisco che subisci tu o gli altri miliardi di persone su questo pianeta”.
La misura della sorveglianza speciale risale ai tempi del fascismo ma viene usata spesso anche in democrazia o democratura a seconda dei punti di vista. Il provvedimento si concretizza in un serie di divieti che cancellano relazioni amicizie affetti nel nome della cosiddetta pericolosità sociale. La refrattarietà a piegare la testa è prova di pericolosità sociale secondo la procura già responsabile insieme al tribunale della vicenda di Dana Laureola da nove mesi in carcere con la prospettiva di restarci fino a due anni per aver parlato con il megafono durante una mafistazione dei NoTav in autostrada.
A Roma invece della mega operazione “antiterrorismo” del giugno scorso non resta quasi niente. Il reato associativo è stato spazzato via su indicazione della Cassazione. In carcere resta solo Claudio Zaccone per una presunta azione contro una caserma dei carabinieri ma anche per lui l’accusa di aver agito con fini di eversione dell’ordine democratico è caduta.
Daniele Cortelli, Flavia Di Giannantonio e Nico Aurigemma sono stati scarcerati. Prima la Cassazione e poi il Riesame hanno dato ragione al difensore Ettore Grenci secondo il quale il blitz era stato una repressione del dissenso sociale e politico. Si trattava di manifestazioni in solidarietà con i detenuti alle prese con l’emergenza Covid fatte tra l’altro con l’uso di mascherine e rispettando le distanze tra le persone.
Le procure però sembrano non curarsi dei paletti più volte fissati dalla Cassazione in materia di terrorismo nel senso che non basta l’adesione astratta a una ideologia per far scattare le manette. I servizi di sicurezza poi ci hanno messo il carico presentando le operazioni flop di Bologna e di Roma nella relazione annuale come grandi successi investigativi. Al pari dell’estradizione dalla Spagna di Francesca Cerrone che adesso dell’intero castello di accuse deve fronteggiare solo il presunto furto di cemento del valore di 30 euro. Dopo aver fatto nove mesi di galera praticamente gratis. (frank cimini)

Cade accusa di terrorismo per altri 4 anarchici romani

È caduta l’accusa di associazione sovversiva finalizzata al terrorismo per altri quattro anarchici romani arrestati a giugno dell’anno scorso. Lo ha deciso il Tribunale del Riesame di Roma al quale la Cassazione aveva rimandato indietro gli atti spiegando che la mera adesione all’ideologia anarchica non basta per contestare l’aggravante di aver agito con fini di eversione dell’ordine democratico.

L’accusa di terrorismo cade per Claudio Zaccone, Daniele Cortelli, Flavia di Giannantonio e  Nico Aurigemma. Sono stati tutti scarcerati a eccezione di Zaccone che resta detenuto per un’azione contro una caserma dei carabinieri.

In precedenza era stata scarcerata Francesca Cerrone. L’operazione del giugno scorso si rivela sempre di più come un flop investigativo nonostante fosse stata citata come un successo nella relazione annuale dei servizi di sicurezza.

Va ricordata la storia di una analoga operazione avvenuta a Bologna nel maggio dell’anno scorso con scarcerazione da parte del Riesame di tutti gli anarchici dopo tre settimane.

A scoprire gli altarini nel caso di Roma è stata ancora una volta la Cassazione che già in passato aveva avuto modo di fissare paletti ben precisi in relazione all’associazione sovversiva finalizzata al terrorismo.  Ma gli uffici inquirenti della magistratura e quelli della Digos sembrano proseguire imperterriti per la loro strada di fatto criminalizzando manifestazioni di dissenso come quelle organizzate sotto le carceri in solidarietà con i detenuti alle prese con l’emergenza Covid.

Francesca Cerrone aveva scontato nove mesi di custodia cautelare e dell’accusa a suo carico resta solo il presunto furto di sacchi di cemento del valore di 30 euro. Per capire il contesto politico di queste inchieste va ricordato che Nico Aurigemma si era visto negare il permesso di colloquio con i genitori e la sorella perché il pm esprimendo parere contrario aveva indicato tra i motivi il fatto che il giovane si era avvalso della facoltà di non rispondere nell’interrogatorio di garanzia. Cioè Aurigemma per aver esercitato il suo diritto di indagato si vedeva negare un diritto da detenuto. (frank cimini)

 

Libera anarchica Cerrone dopo 9 mesi di galera gratis

È stata scarcerata ieri sera senza alcun obbligo da rispettare a livello cautelare l’anarchica Francesca Cerrone accusata di associazione sovversiva finalizzata al terrorismo, arrestata in Spagna estradata in Italia e trattenuta in cella dal Tribunale del Riesame. A dicembre dell’anno scorso la Cassazione annullava l’ordinanza di arresto rinviando gli atti al Riesame per una nuova udienza ma impiegando oltre tre mesi per depositare le motivazioni.
E in questo modo si è arrivati alla svarcerazionela scarcerazio e senza imporre alcun obbligo. Al momento dell’arresto Cerrone era stata indicata come una sorta di pericolo pubblico numero uno insieme ad altri quattro anarchici. Anche loro ricorrevano al Riesame che manteneva l’accusa e il provvedimento restrittivo. La Cassazione a novembre decideva di annullare le ordinanze e di farle riesaminare dal Tribunale di Roma. Anche in questo caso la riserva dei giudici della Suprema Corte si allungava fino a quattro mesi. Ora ci sono le motivazioni affinché si svolga una nuova udienza.

La Cassazione ribadisce che non basta la mera adesione ideologica ma c’è bisogno di  azioni e contributi concreti per sostenere l’accusa di terrorismo. I giudici per esempio “rimproverano” il Riesame per aver sopravvalutato l’accensione di alcuni fumogeni durante un sit-in davanti al carcere di Rebibbia in solidarietà con i detenuti alle prese con l’emergenza Covid.

La Cassazione inoltre ridicolizza i giudici di merito che si erano aggrappati persino al potenziale sovversivo della musica in occasione del festival hiphop.

Dalle motivazioni della Cassazione, e non è la prima volta, emerge che le procure e i giudici territoriali praticano una sorta di emergenza infinita che mette a rischio fortemente il diritto al dissenso. Del resto l’indagine bolognese condotta dal pm Dambruoso era stata del tutto azzerata dalla Suprema Corte. E anche lì si trattava di manifestazioni a favore dei detenuti con mascherine e rispetto delle distanze.

E bisogna ricordare che nella relazione annuale dei servizi di sicurezza sia l’operazione di Bologna “Ritrovo” sia quella romana “Bystrock” erano state presentate come successi investigativi nonostante i ribaltamenti della Cassazione che in questi ultimi giorni si sono ulteriormente concretizzati. Anche se i giornaloni non ne parlano. In pratica sono fermi al giorno degli arresti alle conferenze stampa degli inquirenti e all’estradizione di Francesca Cerrone altro “successo”. (frank cimini)