giustiziami

Cronache e non solo dal Tribunale di Milano

Nessuno vuole il posto di Robledo, Bruti se lo tiene

Il procuratore capo di Milano Edmondo Bruti Liberati aveva contattato alcuni magistrati al fine di trovarne uno disposto a prendere anche provvisoriamente l’incarico di reponsabile del dipartimento anticorruzione occupato fino a venerdì della scorsa settimana da Alfredo Robledo esautorato e “sbattuto” al settore esecuzioni penali dallo stesso Bruti in una vicenda di esposti  e controesposti al Csm che sembra senza fine.

La pesca non è andata a buon fine. Non ha abbocato all’amo nemmeno un’acciuga. Per cui Bruti è stato in pratica costretto a riservare a sè la delega del dipartimento in attesa che il Csm senza fretta designi l’aggiunto numericamente mancante dopo l’andata in pensione di Nicola Cerrato e che parta l’interpello formale per sostituire Robledo.

E’ insolito che in una grande ufficio inquirente il capo tenga per sè il coordinamento di un dipartimento, ma in questa vicenda troppe circostanze sono insolite. Insomma non ci sono precedenti e non sappiamo come finirà, anche perchè il Csm sembra abbia tutto fuorchè l’urgenza di prendere decisioni. Nonostante stia per arrivare sui tavoli dell’organo di autogoverno la replica di Robledo alle contestazioni di Bruti con la richiesta di essere sentito con urgenza. Ma i consiglieri togati e laici  si sono appena insediati, dovranno studiare la pratica. Il problema è avvicinarsi il più possibile alla data della pensione di Bruti, 31 dicembre 2015. Decidere di non decidere, rinviare, esattamente ciò che in questa storia è successo fino a oggi. I magistrati non sono meglio dei politici. E’ il messaggio che arriva dalla querelle Bruti-Robledo. Amen. (frank cimini)

Expo, perché Raffaele Cantone viene in Tribunale?

Raffaele Cantone viene spesso in Tribunale per incontrare il procuratore Edmondo Bruti Liberati. A volte passa quasi inosservato ma oggi la visita dell’affabile magistrato ‘elevato’ a Presidente dell’Anticorruzione è stata seguita con ansia dai cronisti dopo l’avviso di garanzia notificato ieri ad Antonio Acerbo, l’uomo del Padiglione Italia, accusato di corruzione e turbativa d’asta per l’appalto sulle ‘vie d’acqua’. “Non vengo a chiedere al Procuratore elementi sulle indagini perché non ho nessun interesse e nessun titolo a farlo – ha spiegato Cantone –   e sull’inchiesta so quello che sapevo prima, cioé quello che esce sui giornali”. Invece, Cantone ha rivelato di avere parlato con Bruti della possibilità di un eventuale commissariamento della Maltauro (la ditta che si è aggiudicata i lavori) in relazione al progetto delle ‘vie d’acqua’. “In questo momento comunque – ha precisato – non ci sono i presupposti per richiedere il commisariamento, che può essere valutato in presenza di un rinvio a giudizio o di un’ordinanza di custodia cautelare. Nel caso di Acerbo (dimissionario dal ruolo di Commissario delegato ma non da quello di responsabile del Padiglione Italia, ndr) , c’è ancora una base probatoria incerta”.

Quindi, Cantone perché viene così spesso in Tribunale? Lasciateci sospettare: forse qualcosina sulle indagini gli viene svelato, ma sarebbe difficile giustificarlo nonostante i superpoteri che gli sono stati conferiti. Oppure, più italianamente, viene a metterci la faccia per tranquillizzare i milanesi quando spunta una nuova indagine.

Sì, ormai manca solo che indaghino i bronzi di Riace o Foody (la mascotte di Expo ispirata ad Arcimboldo)  per concorso in corruzione, ma l’aria paciosa del magistrato partenopeo che incontra i colleghi in trincea  deve far sperare che non tutto è ancora perduto, nonostante tutto. (manuela d’alessandro)

Giustizia sprint: l’ordinanza del Tribunale “contro” il difensore su modulo pre – stampato

 

“Contro”, a prescindere. La giustizia va lenta e il Tribunale di Milano la velocizza tirando fuori dal cassetto un’ordinanza con la scritta “contro” pre – stampata (di solito è a penna) per rispondere alla richiesta di revoca del provvedimento presentata da un avvocato.

Un ‘leggero’ pregiudizio contro la difesa? Così parrebbe, però concediamo al magistrato di avere dimostrato un verecondo riguardo verso il legale cerchiando la parola “contro” a penna: come a dire, mi è scappato il pre – stampato, ma poi stai tranquillo che ci ho anche pensato su. (m.d’a.)

Addio a Lo Giudice, fu legale di Craxi.
Ostinatamente, un avvocato.

Quando gli avvocati milanesi sfilavano davanti alla porta di Antonio Di Pietro implorando un salvacondotto in cambio di una confessione, tra i loro colleghi a scandalizzarsi, a chiamarsi fuori da quel rituale un po’ avvilente, erano in pochi. Enzo Lo Giudice, morto questa mattina nella sua casa calabrese, era uno di questi. Per cultura giuridica, per formazione politica, per carattere, andare a baciare la pantofola del pm superstar sarebbe stato per lui un insulto a sè medesimo. E da questo punto di vista si trovò in piena sintonia con il suo assistito più importante di quegli anni: Bettino Craxi, segretario del Partito socialista, che dello scontro frontale e senza esclusione di colpi con i magistrati del pool Mani Pulite aveva fatto la sua unica strategia difensiva.
Andò a finire come è noto: Craxi sommerso dai mandati di cattura e poi dalle condanne, fuggiasco nella villa di Hammamet. E Lo Giudice, con il suo collega Giannino Guiso, ostinati a difenderlo nelle aule di processi sempre più scontati nell’esito e sempre più vani nelle conseguenze concrete. Un po’ rassegnati, Lo Giudice e Guiso, ma ancora con la fierezza dei vecchi del mestiere, convinti di testimoniare non la innocenza di Craxi ma l’orgoglio di una professione.
Sono passati vent’anni, Lo Giudice ha continuato a portare la toga e a lottare, ma – come per tutti i protagonisti della stagione di Tangentopoli – quell’epoca straordinaria gli è rimasta cucita nell’anima, e quella battaglia è una medaglia che si porterà appresso nel paradiso degli avvocati che sanno fare il loro lavoro. (orsola golgi)