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C’è un aspetto poco attraente dal punto di vista mediatico che si è dimenticato di sottolineare nella vicenda di Veronica Panarello, la mamma di Ragusa accusata di avere ucciso il figlio di 8 anni, Loris. Qualcosa che interpella la nostra coscienza di vivere in uno stato di diritto. Prima di essere fermata, questa donna è stata interrogata per ore dai pubblici ministeri come persona informata sui fatti, senza la possibilità di essere affiancata da un avvocato sebbene fosse chiaro a tutti che per la pubblica accusa fosse lei l’unica indiziata dell’omicidio.
In una nota diffusa oggi (nota-del-consiglio-direttivo-del-10122014.html) che critica la protesta organizzata dall’Associazione Nazionale Magistrati contro la riforma Renzi, la Camera Penale di Milano prende una posizione molto chiara. Per gli avvocati, la donna “è stata prima posta alla berlina mediatica e poi privata del proprio diritto costituzionale all’assistenza difensiva e della possibilità di esercitare il proprio diritto al silenzio in un clima quasi da auto da fe’”. I magistrati non dovrebbero preoccuparsi di falsi problemi come la riduzione delle ferie, ma “del rispetto e dell’applicazione dei diritti e delle garanzie che sono alla base del funzionamento del diritto penale”. Era stato invece indagato come “atto dovuto” Orazio Fidone, il cacciatore che aveva trovato il corpo del bambino in un canalone nella campagna ragusana. Sarebbe stato un “atto dovuto” anche iscrivere Veronica Panarello che avrebbe goduto così della possibilità di concordare una linea difensiva con un legale, riconoscendole il diritto alla difesa garantito dalla Costituzione. Commenta Salvatore Scuto, presidente della Camera Penale milanese: “Nell’Anm ormai ha preso il sopravvento l’ala più dura dei magistrati guidati da Piercamillo Davigo e Nicola Gratteri che puntano a indebolire i diritti delle difese. Si vuole per esempio allungare la prescrizione dimenticando che essa matura al sessanta per cento nell’udienza preliminare. E si perdono di vista problemi ben più seri, come la scandalosa negazione di un legale a Ragusa”. (manuela d’alessandro)