Giornali, agenzie e testate multimediali stanno dando spazio e risalto all’allerta lanciata dai siti del ministero dell’Interno e dalla Polizia postale e delle comunicazioni. Sono in aumento le sextortion, le estorsioni sessuali, con una escalation estiva, più di cento casi noti solo nella prima metà di agosto e un numero oscuro imponderabile.
Cosa sono le sextortion
«Si tratta di un fenomeno con un enorme potenziale di pericolosità, perché agisce sulla fragilità delle persone, in particolare adulti e minori di genere maschile. Tutto inizia – viene spiegato da Viminale e investigatori specializzati – con qualche messaggio scambiato con profili social di ragazze e ragazzi gentili e avvenenti, apprezzamenti e like per le foto pubblicate. Si passa poi alle video chat e le richieste si fanno man mano più spinte. Dopo aver ottenuto scatti e video intimi cominciano le richieste di denaro, accompagnate dalla minaccia che, in caso di mancato pagamento, il materiale verrà mandato a tutti i contatti, gli amici e i parenti. Le vittime, intrappolate tra la vergogna e la paura che le immagini possano essere viste da conoscenti e familiari, tendono a tenersi tutto per sé, a non confidarsi con nessuno e a dare soldi, fin quando possono».
I consigli su cosa fare
Seguono consigli di base. Mai cedere ai ricatti. Non essere in imbarazzo per aver condiviso contenuti spinti. Non cancellare i messaggi scambiati con i ricattatori. Fare una segnalazione sul portale www.commissariatodips.it, lo sportello per la sicurezza sul web creato e gestito dalla stessa Polizia postale. Denunciare “subito”, cioè prontamente, immediatamente, senza indugio. Stesso discorso per il revenge porn, la diffusione di immagini e filmati osé, destinati a rimanere privati e messi in circolo per vendetta, rivalsa, dispetto.
Anni fa era stata introdotta la possibilità di compilare e inviare telematicamente le denunce per i reati telematici (e non solo), da formalizzare presentandosi poi di persona all’ufficio territoriale di riferimento. Peccato però che questa opzione da mesi non sia più attiva e nessuno lo dica agli utenti. Anzi. Nella home page del commissariato online c’è scritto, tuttora: «La Polizia di Stato, per venire incontro alle vostre esigenze e consentirvi il disbrigo di determinate pratiche in maniera più agevole e veloce, ha realizzato il servizio di “Denuncia via web di reati telematici”, un progetto che realizza un nuovo rapporto di collaborazione, perché sarete voi ad iniziare il lavoro». Ma quando si clicca sulla finestrella, per procedere in tempo reale a compilazione e inoltro, esce un avviso: «Il servizio “denuncia vi@ web” è momentaneamente sospeso poiché è in atto una reingegnerizzazione dell’infrastruttura».
La polizia postale conferma il blocco
Confermano dalla sede centrale della Polpostale: «Questo servizio, che è del ministero dell’Interno, è fermo da circa un anno. A breve tornerà disponibile, implementato e migliorato. Il nostro personale è a disposizione nelle sedi territoriali e in rete. Online è possibile mandarci segnalazioni attraverso il portale e via Facebook. Le leggiamo tutte, raccogliamo ogni richiesta di aiuto, rispondiamo. Il problema di fondo, per le sextortion, è che i ricattati si vergognano, sono terrorizzati, stanno zitti. Pagano, pensando che una volta sia sufficiente. Non è così. Le richieste di soldi non si fermano. Il timore è ci sia un numero elevato di crimini di cui non veniamo messi a conoscenza. Per questo abbiamo lanciato una allerta e chiediamo alle vittime di farsi avanti, senza timori».
Le fasce ristrette degli uffici postali
Le denunce formali possono essere presentate all’ufficio della Polpostale più vicino, andandoci. Nelle pagine del commissariato online si trova l’elenco degli sportelli distribuiti in tutta Italia. Ma accanto agli indirizzi non sono riportati gli orari di apertura al pubblico. Bisogna cercali in rete oppure telefonare (però a Pescara nessuno risponde e a Napoli e Genova i numeri telefonici sembrano fuori sevizio). Si scopre così che gli investigatori specializzati nel contrasto ai reati telematici sono raggiungibili in fasce orarie ristrette, a fronte di crimini no stop e vittime fragili. A Potenza chi subisce un sexy ricatto, e vuole denunciare, viene ricevuto solo di martedì e dalle 9 alle 12. A Catanzaro si hanno a disposizione tre ore nelle mattinate di lunedì, mercoledì e venerdì, a Forlì di martedì e giovedì. Anche a Bologna le denunce sono raccolte non oltre le 13 e nei primi cinque giorni della settimana. A Roma si aggiungono finestre pomeridiane quotidiane e il sabato mattina. Nemmeno sugli orari precisi ci sono certezze. A Milano la mano destra non sa quello che fa la mano sinistra. Alla Polpostale dicono di ricevere le denunce rigorosamente su appuntamento, dalle 9 alle 17.00, dal lunedì al venerdì, e per le prenotazioni va chiamato un numero specifico (che online non si trova e che dal centralino non passano). Il portale della questura del capoluogo lombardo indica invece la fascia oraria 8.30 – 12.30, riportando l’interno telefonico sbagliato. E specifica, come se il servizio non fosse stato disattivato: «Solo per le denunce online l’apertura è dal lunedì al venerdì con orario 9.00-13.00 e 15.00-17.00».
Un esperimento da utenti
Travestirsi da utente porta a risposte diverse. A Bologna il centralinista della Polpostale sostiene che «il sistema delle denunce via web ha sempre funzionato malissimo e quindi è stato tolto e non è detto che venga riattivato». A Catanzaro l’invito, per poter denunciare subito, come consigliato dai siti istituzionali, è quello di rivolgersi alla questura o a un commissariato tradizionale oppure ai carabinieri. «Se gli orari non sono compatibili e si ha fretta, non è obbligatorio venire da noi. Dove si presenta denuncia è indifferente – affermano anche alla sede di Milano – Le notizie dei reati telematici vengono trasmesse alla procura ed è poi la procura a decidere a chi assegnare gli accertamenti». Il Garante della privacy, oltre a raccoglie segnalazioni online, per prevenire la diffusione di materiali privati indica come referente la Polpostale e non una qualsiasi forza di polizia.
Replicano dalla stessa Polizia postale, rettificando le informazioni che si hanno per telefono. «Nessuna persona viene mandata via, se si presenta nelle nostre sedi per reati gravi o situazioni pesanti. Ci sono vicende che non possono aspettare. Abbiamo operatori preparati, sensibili, attenti». Manca invece un dirigente centrale stabilizzato. La Polizia postale e delle comunicazioni da un anno e mezzo è comandata da un reggente. (lorenza pleuteri)