giustiziami

Cronache e non solo dal Tribunale di Milano

Spese pazze, la sentenza per i consiglieri lombardi arriva dopo il voto

Col rinvio dell’udienza di oggi al 28 febbraio, viene meno la possibilità che si arrivi alla sentenza di primo grado del processo a carico di 56 consiglieri ed ex regionali lombardi accusati di avere sperperato oltre 3 milioni di euro con i fondi messi a disposizione dallo Stato per l’attività politica e istituzionale.

Non possiamo dire se sia una buona o cattiva notizia per per Luca Gaffuri, ex capogruppo e attuale consigliere del Pd, Elisabetta Fatuzzo (Pensionati), i leghisti Angelo Ciocca e Massimiliano Romeo (quest’ultimo capogruppo), e Alessandro Colucci di Nuovo centrodestra, i 5 imputati ancora in carica che potrebbero ripresentarsi alle urne il 4 marzo. E nemmeno per altri che, saltato un giro, potrebbero candidarsi di nuovo. Forse alcuni, certi di un riconoscimento della loro innocenza,  avrebbero voluto essere giudicati prima di riproporsi al di sopra di ogni sospetto, altri invece temevano l’eventuale condanna da parte dei giudici.

Il processo è di quelli sul crinale, dove tutto potrebbe accadere, anche, nelle migliori delle ipotesi per le difese, un’assoluzione di massa oppure una sentenza di condanna ma con riqualificazione del reato da ‘peculato’ a ‘indebita percezione di erogazioni’ pubbliche che aprirebbe le porte della prescrizione, come accaduto  di recente  a 3 ex consiglieri condannati col rito abbreviato in primo grado. In questo caso, i giudici d’appello sembrerebbero avere accolto la tesi che i soldi non erano direttamente a disposizione dei consiglieri ma venivano erogati dai capigruppo.

Certo è che il processo era iniziato un’era fa, il primo luglio del 2015 e non ha avuto certo ritmi serrati, con udienze spesso a distanza di un mese dall’altra. Le richieste di condanna fino a sei anni di carcere del pm Paolo Filippin risalgono all’8 marzo scorso, sono ancora in corso le arringhe delle difese.

E anche i fatti contestati dalla Procura appartengono al Neolitico della politica lombarda: soldi pubblici usati tra usati tra il 2008 e il 2012 per necessità personali come regali di Natale, corone di fiori e necrologi sui quotidiani, rami di orchidee, un banchetto di nozze per la figlia, vacanze sulle neve. E ancora, pranzi e cene, anche in ristoranti a cinque stelle talvolta a base di aragosta o sushi, caricabatterie e custodie protettive per telefoni touch, I-Phone, computer, fino alle cartucce da caccia, ai gratta e vinci ai feltrini antiscivolo per le seggiole e ai wafer. (manuela d’alessandro)

 

 

La corte europea ammette il ricorso di Robledo contro il Csm

Alfredo Robledo contro Italia. Si chiama così la causa che pende davanti alla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo a cui l’ex procuratore aggiunto di Milano si è rivolto lamentando l’”iniquità” del procedimento disciplinare con cui il Csm lo trasferì a Torino nel pieno della battaglia con l’allora suo capo Edmondo Bruti Liberati.

“Il ricorso è stato dichiarato ammissibile dalla Corte, evento non molto frequente perché succede solo nel quattro per cento delle istanze presentate”, spiega il legale di Robledo, l’avvocato Federico Cerqua, figlio dello scomparso giudice Luigi per tanti anni presidente della Corte d’Assise milanese. Ora la Corte Europea dovrà pronunciarsi nel giro di sei mesi – un anno nel merito del ricorso che ipotizza la violazione dell’articolo 6 della Convenzione dei Diritti dell’Uomo sul diritto a essere giudicati da un tribunale “soggettivamente e oggettivamente imparziale”. 

La decisione di cacciare Robledo da Milano maturò in due momenti diversi. Prima, il 5 febbraio 2015,  con l’accoglimento da parte della Sezione Disciplinare del Csm in funzione cautelare della richiesta di trasferirlo in modo provvisorio a Torino firmata dal Procuratore Generale della Cassazione. Poi, il 21 aprile 2016 quando ancora la Sezione Disciplinare del Csm con l’identica composizione (relatore Luca Palamara)  dichiarò Robledo colpevole di due illeciti disciplinari per le vicende Aiello e Albertini e lo trasferì nel capoluogo piemontese.

Nel dicembre 2016 l’ex capo del pool anti- corruzione milanese si vide respingere dalla Cassazione il ricorso in cui faceva presente che il giudice cautelare non poteva essere anche quello di merito. Per gli ‘ermellini’ non c’erano dubbi invece sull’imparzialità del collegio che troncò l’avventura milanese di Robledo. Secondo l’avvocato Cerqua, la dimostrazione che i giudici non erano arbitri neutrali starebbe nel fatto che ampi stralci del provvedimento cautelare sono stati poi ripresi in modo letterale nella sentenza di condanna. Tra le altre cose si leggeva che Robledo avrebbe fornito informazioni “privilegiate” all’avvocato Domenico Aiello nell’ambito dell’inchiesta sui consiglieri regionali. (manuela d’alessandro)

La grade pace (vera?) tra le due Procure alla cerimonia per i nuovi capi

In tanti, compresa la difesa di Beppe Sala, hanno evocato una sfida in corso tra Procura e Procura Generale di Milano che giustificherebbe anche la riapertura delle indagini sul sindaco per la ‘Piastra’ di Expo. Sarà stata l’atmosfera festosa per l’insediamento dei nuovi aggiunti oppure l’ipocrisia istituzionale, fatto è che alla cerimonia abbiamo assistito allo scambio di parole al miele e strette di mano tra i due presunti contendenti. Per il procuratore generale Roberto Alfonso quella a disposizione del capo dei pm Francesco Greco è una “squadra di eccellenza che finalmente gli consente di dare un assetto definitivo  alla Procura e cominciare a giocare”. Auguri di rito e sorriso smagliante di Greco che porge la mano e viene ricambiato da una calda stretta del capo al piano di sotto. Assente Ilda Boccassini, forse ancora nera per l’offerta, da lei respinta, di andare a comandare la Sezione Misure di Prevenzione, quella che incide sui patrimoni dei mafiosi. Ma Greco è di umore allegro e la inserisce nel pantheon degli aggiunti a cui vorrrebbe si ispirassero i nuovi assieme, tra gli altri, a Francesco Saverio Borrelli ed Edmondo Bruti Liberati, che è nel pubblico. Tra gli ‘dei’ in toga non cita Alfredo Robledo nel cui nome questa Procura si era spaccata. Per scacciare gli spettri di quell’età greve Greco sottolinea che tutti i nuovi capi dei dipartimenti “vengono dalla Procura ed è importante perché conoscono l’ufficio e sono cresciuti assieme” e, rivolto a loro, li esorta a “continuare la tradizione e l’orgoglio di appartenere a questo ufficio, a fare squadra, a vedersi a pranzo”. 

Eccola allora la nuova squadra: Fabio De Pasquale agli ‘affari internazionali e reati economici transnazionali’; Eugenio Fusco al dipartimento ‘frodi e tutela del consumatore’; Tiziana Siciliano alla ‘tutela della salute dell’ambiente e del lavoro’; Laura Pedio alla ‘criminalita’ organizzata comune”; Letizia Mannella alla ‘tutela minori, famiglia e vittime vulnerabili’ e Alessandra Dolci che dirigera’ la Dda. Gli aggiunti già in carica Riccardo Targetti e Giulia Perrotti saranno a capo rispettivamente dei dipartimenti sul lavoro e dei ‘delitti contro la pubblica amministrazione e diritto penare dell’economia’ (uniti per la prima volta), mentre Alberto Nobili rimane il responsabile dell’antiterrorismo milanese. (manuela d’alessandro)

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