giustiziami

Cronache e non solo dal Tribunale di Milano

Anarchica rischia prendere 11 anni in Ungheria per lesioni

Una militante anarchica milanese rischia di prendere 11 anni di reclusione, questo il patteggiamento prospettato dalla procura, in relazione a lesioni provocate a esponenti di estrema destra nel corso di una contromanifestazione organizzata a Budapest. Ilaria Salis è detenuta dal febbraio scorso e solo in agosto ha potuto incontrare i genitori.
Le lesioni provocate agli avversari politici erano guarite in sette giorni senza che vi fosse denuncia dalle parti offese dal reato. Per gli stessi fatti l’Ungheria ha chiesto la consegna tramite mandato di cattura europeo di un altro anarchico Gabriele Marchesi che ha appena ottenuto gli arresti domiciliari dalla corte di Appello di Milano su parere conforme della procura generale dopo un periodo trascorso nel carcere di San Vittore.
Marchesi non ha prestato il consenso al trasferimento in Ungheria. La difesa rappresentata dagli avvocati Eugenio Losco e Mauro Traini, eccepisce l’insufficiente descrizione dei fatti in relazione ai quali è stato chiesto il consenso. La ricostruzione dell’accusa sarebbe priva della indicazione della condotta personale dell’indagato.
Stando galle accuse delle autorità ungheresi solo per caso le vittime delle aggressione non sarebbero state in pericolo di vita. Gli aggrediti avrebbero riportato lividi sulle teste e sulle gambe. L’aggressione sarebbe avvenuta usando un’asta telescopica, un martello di gomma e spruzzando gas lacrimogeni. Il processo a Budapest inizierà l’anno prossimo. Il 5 dicembre a Milano i giudici decideranno sulla consegna all’Ungheria di Gabriele Marchesi. Considerando l’assenza di querela di parte in Italia il fatto non sarebbe neppure perseguibile. Per cui la corte d’Appello dovrebbe negare il trasferimento di Marchesi a Budapest. E la concessione dei domiciliari già avvenuta va in questa direzione ma il condizionale è d’obbligo.
(frank cimini)

Si a Cd musicale per Cospito ma Dap ricorre. È il 41bis

Non basta che un giudice di sorveglianza decida che Alfredo Cospito ha diritto ad avere un Cd per ascoltare musica. Il Dipartimento della amministrazione penitenziaria ha presentato ricorso e sarà adesso un collegio a fare la scelta. Insomma il 41bis con le sue durezze anche quelle più assurde non demorde. Nel ricorso si fa l’esempio dei cantanti neo melodici che esaltano la criminalità organizzata. Inoltre il personale penitenziario sarebbe gravato dai controlli da esercitare sui contenuti della musica.
I canali Tv e radio dovrebbero essere sufficienti secondo il Dap a soddisfare le esigenze dei detenuti che intendono ascoltare musica.
Insomma siamo al l’accanimento terapeutico esemplificato anche dalla circostanza che gli erano state bloccate un paio di magliette ricevute in regalo perché avrebbero contenuto il disegno di teschi.
Per ascoltare musica è presumibile che L’anarchico debba aspettare alcuni mesi perché sono questi i tempi del tribunale di sorveglianza per fissare l’udienza sull’impugnazione fatta dal Dap.
Secondo il giudice Eugenie Giovannelli va rispettato il diritto di ascoltare musica come attività culturale e ricreativa.
Ma il Dap è lì per cercare il pelo nell’uovo con una dedizione degna di miglior causa. Ovviamente qui siamo ben oltre lo spirito e la lettera dell’articolo 41bis il cui obiettivo è quello di evitare contatti con le organizzazioni criminali di appartenenza. In realtà il carcere duro in queste modalità serve ad annientare l’identità culturale e politica delle persone come del resto succedeva negli anni 70 e 80 con l’articolo 90. La musica per stare in tema purtroppo è sempre la stessa. (frank cimini)

La vera storia del sequestro di 779 milioni a Airbnb

La storia si ripete ancora una volta. La magistratura si occupa di quello di cui non si dovrebbe occupare oltre a occuparsi male e in mala fede di ciò che per dovere le spetta. Parliamo della guardia di finanza che per disposizione del gip attivato dalla procura di Milano sequestra 779 milioni di euro a Airbnb. Ormai da anni scrive il giudice ha assunto la deliberata opzione aziendale di non conformarsi al versamento della cedolare secca per non rischiare fette di mercato in favore della concorrenza. “Da qui il pericolo di aggravare le conseguenze del reato contestato – aggiunge il gip – sia per il mancato incasso del debito erariale da parte della pubblica amministrazione sia per il danno agli altri operatori”.

Qui non si tratta di difendere l’operato di una multinazionale. E’ il modo di contrastare che suscita perplessità perché considerando la storia di queste indagini per evasione fiscale la procura si sostituisce all’Agenzia delle entrate vantando il nobile fine di recuperare soldi per l’erario che in realtà non dovrebbe rientrare tra le sue attività istituzionali. I pm hanno il compito di portare persone fisiche e giuridiche davanti ai giudici. Punto. Il resto spetterebbe ad altri e il condizionale è d’obbligo visto come vanno poi le cose.

Sempre a Milano ai suoi tempi, pochissimo temo fa, praticamente ieri, il procuratore aggiunto Francesco Greco, ex sovversivo, fece la sua campagna elettorale per diventare capo dell’ufficio, con una serie di indagini sui cosiddetti colossi del web, dove non si arrivò mai alla celebrazione di processi. Servirono queste pratiche ad acquisire con il concorso determinante dei giornali ulteriore peso mediatico in modo da influenzare il Consiglio Superiore della Magistratura chiamato a decidere sulla nomina.

La multinazionale di turno, come presumibilmente succederà anche per Airbnb, patteggiava con l’Agenzia delle Entrate dietro la quale si muoveva la procura versando una somma che si sarebbe rivelata non più del cinque per cento di quanto avrebbe pagato se si fosse arrivati a un regolare processo in caso di condanna.

Tutti felici e contenti si fa per dire. In realtà la multinazionale risparmia una montagna di soldi proprio mentre la magistratura derogando dal suo ruolo si vanta di agire a favore della cittadinanza. Non è una bella storia. Ma niente di nuovo sotto il sole in un paese in cui i magistrati fanno politica aumentando il potere della lo casta, i politici fanno i giudici o illudendosi di farlo. Questa di Airbnb appare come l’ennesima favola che con il contributo dei media incapaci di spirito critico viene rifilata ai lettori e ai cittadini, in verità oppressi e ossessionati da più parti da chi millanta di fare i loro interessi.

La sensazione è proprio che non se ne esca. Senza speranze in un paese in cui l’evasione fiscale resta altissima per responsabilità principale della politica ovviamente ma come si vede altre categorie altre autorità sembrano fare di tutto per dare il loro rilevante contributo.
(Frank cimini)

Massacro mediatico di un giudice il Csm dorme

Le cosiddette pratiche a tutela di un magistrato il Csm le apre per molto meno di quello che sta accadendo a Tommaso Perna massacrato mediaticamente dopo aver detto di no a 140 arresti chiesti dalla procura di Milano che ipotizzava una cupola a tre teste Cosa Nostra ‘Ndrangheta e camorra a fare il bello e cattivo tempo in Lombardia.
“Così la lotta alla mafia torna indietro di 30 anni” – “Non ha capito che il modello di criminalità organizzata si è evoluto” – “Ha fatto copia incolla con il parere di un avvocato” (che c’entra niente con l’inchiesta n.d.r..). Sono i rimproveri le accuse dei colleghi della procura amplificati dai giornali, Il Fatto e Repubblica soprattutto, assetati come sempre di sangue, arresti, condanne. Altrimenti per loro non c’è giustizia.
Il Csm in questo caso dorme e una spiegazione c’è. La pratica a tutela viene aperta quasi automaticamente se il magistrato finisce nel mirino di esponenti politici. In caso contrario succede nulla o quasi, soprattutto se si tratta di “diatribe” tra magistrati. Al Csm interessa solo se c’è di mezzo la politica. E questo conferma che siamo davanti a un organismo politico, una sporta di terza Camera. Altro che organo di autogoverno della magistratura come da sempre viene pomposamente definito dagli addetti ai lavori, utilizzando un termine sbagliato anche tecnicamente.
Tanto per fare un esempio. Nell’ambito del caso Eni-Nigeria i pm Paolo Storari e Fabio De Pasquale se ne sono dette di tutti i colori si sono insultati a verbale e anche nell’aula del processo in corso a Brescia che vede imputato De Pasquale.
Eppure i due magistrati continuano a stare nello stesso ufficio, la mitica procura di Milano perché il Csm brilla sul punto per la sua assenza. Si fa scudo e alibi delle vicende penali in corso.
Per cui nulla di nuovo sotto il sole se il giudice Tommaso Perna viene lasciato in balia del circo mediatico. C’è stato solo un comunicato del presidente del Trobunale Fabio Roia per ricordare che il controllo del gip sui pm non è patologico ma fisiologico.
Il giudice che non arresta insomma non ha diritto di essere tutelato da parte di chi sarebbe obbligato a farlo idtituzionalmente. Di recente per il giudice siciliano Iolanda Apostolico il Csm ha aperto la famosa pratica. Ma Appstolico era stata attaccata dai politici di centrodestra. Tommaso Perna di è limitato ad applicare il diritto decidendo che il reato di associazione mafiosa non c’era. I giornaloni schierati con l’arresto a tutti i costi lo stanno trattando come un incapace o un deficiente. Al Csm non frega niente. È la giustizia bellezza, è la libera stampa bellezza. E noi possiamo farci niente.
(frank cimini)

Gip può copiare ma solo da pm, da altri è scandalo

In un paese in cui praticamente da sempre molti provvedimenti dei gip sono o appaiono dei copia-incolla con le richieste dei pm adesso nel palazzo che fu teatro di Mani pulite fa scandalo che nella motivazione con cui il gip Tommaso Pena ha rigettato 140 richieste di carcere per associazione mafiosa vi sia uno stralcio di uno scritto proveniente da un blog personale dell’avvocato Salvatore Del Giudice.

Si tratta di un parere del legale espresso in una sede del tutto estraneo all’inchiesta ma che provoca l’indignazione veramente degna di una miglior causa del pm che inserisce la circostanza tra i motivi del ricorso al Tribunale del Riesame.

La questione veniva sottolineata con forza da un pezzo apposito dal quotidiano Repubblica che per questa vicenda di arresti respinti appare praticamente a lutto. Sulla vicenda interviene il presidente del Tribunale di Milano Fabio Roia per ribadire che il controllo del gip sui pm non è patologia ma fisiologia. “Il gip Tommaso Perna – scrive Roia – ha ricevuto numerose critiche e attenzione mediatica nelle ultime ore da vari organi di stampa con accuse di aver interamente copiato alcuni passaggi chiave da avvocati”.

Roia aggiunge che c’è stato un assoluto rispetto delle regole codicistiche e di organizzazione del lavoro giudiziario. In pratica risponde a una frattura e differenza di visioni tra alcuni ufficiali dei carabinieri che hanno condotto l’indagine i quali ritenevano ci fosse un altro gip pronto a confermare l’impianto accusatorio. Il presidente del Tribunale precisa di parlare a prescindere dal merito della vicenda che sarà oggetto di ulteriori valutazioni nei gradi successivi di giudizio.

La procura della Repubblica in un comunicato da’ atto al gip di aver riconosciuto il suo lavoro decidendo 11 arresti e il sequestro preventivo di società e beni riconducibili agli indagati per 225 milioni di euro. “Non ha ritenuto di condividere l’impianto accusatorio in relazione all’esistenza di un’unica struttura associativa. La direzione distrettuale antimafia ha già proposto appello al Riesame” conclude il procuratore Marcello Viola.

Il Tribunale del Riesame farà la sua valutazione. Comunque va ricordato che il giudice delle indagini preliminari Tommaso Perna ha esaminato per alcuni mesi le carte a partire dal giorno delle richieste di arresto po integrate con altra documentazione allegata. I giudici del Riesame dovranno decidere in pochi giorni valutando la posizione di 140 persone. Insomma almeno al momento appare più probabile una conferma della decisione del gip che un ribaltamento.
(frank cimini)