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Avanti così e anche i sindaci potranno diventare giudici e infliggere pene. Questa la sintesi brutale del discorso di uno dei magistrati più rigorosi e raffinati della Procura di Milano, il Procuratore Generale Manlio Minale, che vince la palma di più applaudito all’inaugurazione dell’anno giudiziario. “Non voglio tornare al giudice ‘bocca della legge’ di Benedetto Croce perché la società evolve”, ammette Minale, ma proprio non gli va giù che ci siano magistrati più attenti a quello che sta attorno a loro che al codice. “Croce sosteneva che la sentenza è frutto di un percorso logico, non esisteva che fosse un atto politico. Invece – affonda – vedo segnali che vanno in questa direzione. In una sentenza abbiamo letto che non è compito della Corte ricostruire i fatti”. E, sempre su questa scia, ricorda i verdetti sugli omicidi stradali,”con capovolgimenti di fronte frutto solo di valutazioni” e il sempre maggiore ricorso alla mediazione per risolvere i conflitti giudiziari. “Ci sono “esigenze”, dettate dalle spinte sociali, sprona Minale, “di venire a una decisione che non passi da un percorso logico, ma sono tutti sommovimenti ai quali bisogna opporsi nettamente”. “Se la giurisdizione – conclude con una ‘visione’ inquietante - non è soggezione del giudice alla legge allora anche il sindaco e altri soggetti potranno decidere in futuro” sulla libertà delle persone. E pensare al sindaco -avvocato Giuliano Pisapia, seduto in platea, trasformarsi in giudice, fa un po’ impressione. (manuela d’alessandro)