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C’è un affollamento di diritti e pretese attorno ai 6 embrioni sequestrati nell’inchiesta che ha portato all’arresto del ginecologo Severino Antinori. Quelli della ragazza spagnola che reclama il diritto di non diventare madre attraverso i suoi ovociti rubati; quelli delle 3 coppie che vorrebbero diventare genitori attraverso quegli ovociti; quelli dello Stato che li ha sequestrati come corpo del reato. E poi ci sarebbe il diritto degli embrioni, per di più in questo caso metà ‘leciti’ (il seme messo a disposizione dai maschi delle coppie) e metà no (l’ovocita rubato alla presunta vittima) a diventare vite umane. Ma l’embrione ha questo diritto? E l’embrione per metà corpo di reato lo manterrebbe?
Per il diritto italiano parrebbe di no. Nel nostro ordinamento l’embrione non è un soggetto giuridico, ma la Corte europea dei diritti dell’uomo ha stabilito con una storica sentenza nel 2015 che esso è titolare dei diritti fondamentali riconosciuti a tutti gli uomini e tra questi, primo su tutti, c’è il diritto alla vita.
Spetterà allora a un giudice esprimersi sugli embrioni portati via dalla clinica di Antinori e ora conservati alla clinica Mangiagalli: molto presto se la ragazza spagnola presenterà attraverso il suo legale un’istanza per far distruggere gli embrioni; o più avanti, nel caso di una sentenza di condanna, quando toccherà decidere la sorte del corpo del reato.
E sullo sfondo, se dovesse essere seguita la via europea, una domanda gigantesca: prevale la volontà di una donna che avrebbe subito una violenza oppure il diritto di 6 vite potenziali? (manuela d’alessandro)