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Dalla corte d’assise d’appello di Torino arriva l’ennesimo no all’accusa che aveva chiesto l’acquisizione di altri documenti e testimoni al fine di provare che l’azione contro il cantiere di Chiomonte del maggio 2013 fu eseguita con finalità di terrorismo. Il dibattimento non sarà in sostanza rinnovato rispetto a quello di primo grado dove i 4 imputati erano stati assolti dalla finalità di terrorismo e condannati solo per i reati fine a 3 anni e 4 mesi. I giudici di appello hanno detto sì all’acquisizione solo degli atti sui quali accusa e difesa concordavano. Tra queste cartea c’è la sentenza della Cassazione a livello di motivazione recentemente depositata dove a proposito del ricorso dei pm contro l’annullamento dell’imputazione più grave si dice che era “ai limiti dell’inammissibilità”.
Nell’ordinanza la corte definisce “ininfluenti” le carte e i testimoni che la procura generale voleva introdurre. Il pg Marcello Maddalena, che al pari di altri suoi colleghi non andrà in pensione il 31 dicembre a causa della sospensiva decisa dal consiglio di stato, prenderà la parola lunedì per ribadire che gli imputati vanno condannati anche per terrorismo. Maddalena posa il suo ragionamento sul ricorso contro la sentenza di primo grado presentato dai pm Antonio Rinaudo e Andrea Padalino, fedeli al teorema Caselli, smentito già in due occasioni dalla Cassazione, oltre che dalla sentenza della corte d’assise.
E’ chiaro che la contesa vera va ben al di là del processo relativo alle azioni contro i cantieri del Tav. Caselli, ora in pensione, intendeva allargare ulteriormente la possibilità di bollare come eversive tutte le manifestazioni di resistenza attiva a livello sociale e politico. La linea dell’ex procuratore fin qui ha ricevuto dai giudici solo bastonate, ma i rappresentanti dell’accusa non intendono demordere.
Lunedì dunque parlerà il pg, venerdì 18 toccherà alle difese e il 21 dicembre dovrebbe esserci la sentenza (frank cimini)