Questo post è stato letto 13751 volte.
“I detenuti hanno subito non singole vessazioni ma una vera e propria tortura durata per più giorni e posta in essere in modo scientifico e sistematico”. Sono le parole con cui il Tribunale di Asti sintetizzava la vicenda, denominata la “Abu Ghraib italiana” in cui furono imputati 5 agenti di polizia penitenziaria, poi non sanzionati a causa di deribricazione del reato, prescrizione e mancanza di querela, ma soprattutto perché nel nostro paese continua a mancare una norma che preveda la tortura come reato. Del caso di Asti parla la tesi di laurea di Silvia Galimberti per dimostrare “come i tempi siano maturi per approvare una legge che dia allo stato la possibilità di punire coloro che non aderiscono al concetto di stato democratico inteso nella sua concezione più ampia, ossia quella di uno stato in grado di assicurare la giustizia e la legalità anche senza l’ausilio di mezzi barbari come la tortura”.
“Tortura all’italiana” è il titolo della tesi che ricorda altre note vicende di cronaca da Cucchi ad Aldrovandi, al G8 di Genova con i fatti della scuola Diaz e della caserma Bolzaneto fino al caso del giudice di Los Angeles che negò l’estradizione in Italia del boss Rosario Gambino spiegando che l’articolo 41 bis del regolamento carcerario era da considerare una forma di tortura. A questo proposito va ricordato che la nostra Corte Costituzionale non ha mai voluto censurare la norma relativa al carcere duro.
Nella tesi si ricorda come in Italia durante il sequestro Moro si discusse della possibilità di ricorrere alla tortura. “Si prese la decisione di non impiegarla per le parole del generale Dalla Chiesa: ‘L’Italia può sopravvivere alla perdita di Aldo Moro ma non può sopravvivere all’introduzione della tortura’”.
Formalmente di scelse di non torturare. I fatti di quegli anni e non solo dicono ben altro. Enrico Triaca (il caso non è tra quelli citati nella tesi), il tipografo di via Foà, arrestato per il rapimento del leader dc, denunciò di essere stato torturato e per questo fu condannato per calunnia. Solo in anni recenti in sede di revisione la condanna è stata annullata dal tribunale di Perugia. Triaca era stato torturato, anche se i responsabili del fatto non potevano più essere perseguiti ovviamente a causa della prescrizione.
L’Italia secondo il generale Dalla Chiesa non sarebbe sopravvissuta all’introduzione della tortura. Purtroppo è sopravvissuta alla mancata introduzione del reato di tortura, pratica mai caduta in disuso. Chi si oppone spiega che sanzionare la tortura sarebbe penalizzante per agenti di polizia e carabinieri. E lo dice perchè sa benissimo che quei metodi vengono usati. (frank cimini)