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Al vertice del Csm ci hanno provato, ma trovare quello che Luigi Ferrarella sul Corriere definisce oggi “allineamento astrale”, un accordicchio aumma aumma con troppe variabili, diciamo noi, era davvero un’impresa. Era troppo.
Forse oggi, con un’improvvisa presa di coscienza, qualcuno ha pensato che la figuraccia per la magistratura e le sue correnti fosse eccessiva. E allora meglio tornare indietro. Salta l’accordo sul trasferimento di Robledo a Venezia. Scrive l’Ansa: “L’ipotesi di applicare il pm milanese Alfredo Robeldo alla procura generale di Venezia, per farlo poi rientrare a Milano, quando il procuratore Edmondo Bruti Liberati sarà in pensione, è tramontata. Non ci sono i presupposti normativi e di questo ha preso atto oggi la Settima Commissione del Csm, che avrebbe dovuto avviare l’iter necessario”.
Ragione tecnica numero uno: per la procura generale ci sono due posti a bando. Con venti domande. In queste condizioni, la norma prevede che non si possa avviare il cosiddetto ‘interpello’ per un posto da applicato. Come poteva Robledo andare a Venezia per un solo anno? Poteva fare domanda per un posto ordinario, ma non per un ufficio a scadenza programmata.
Secondo problema: chi, nel 2015, avrebbe coperto il ruolo da aggiunto al dipartimento anticorruzione di Milano? I pm del pool, nei giorni scorsi hanno scritto a Bruti Liberati, chiedendo una nomina per superare l’impasse e riprendere sul serio il lavoro. In queste condizioni, come assicurare a Robledo il suo vecchio posto da capo di quel dipartimento, lasciando il pool in mano a un aggiunto a sua volta ‘a tempo’?
E le varie commissioni del Csm cosa dovevano fare, adeguarsi a un accordo informale, opaco, preso tra i protagonisti Robledo-Bruti-Legnini e limitarsi a ratificare tutto, senza aprire becco, mentre la stampa segnalava all’opinione pubblica un’anomalia che scandalizzava anche decine di magistrati milanesi?
“Era una soluzione assurda, che tra l’altro dava per implicita la conferma di Bruti”, commenta un pm meneghino. Per non parlare, prosegue “della pazzesca, inquietante coincidenza con la fine del mandato di Napolitano”.