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Il Csm sostiene che a Milano non ci sarebbe stato “nocumento” alle indagini. Ma a dire il contrario è la storia del fascicolo Sea “dimenticato” per sei mesi un cassetto dal procuratore Bruti e affidato a Robledo solo quando la gara d’asta si era già svolta, gli indagati sapevano di essere sotto inchiesta e quindi sarebbe stato inutile intercettarli. Su Sea c’è stato un tentativo di insabbiamento praticamente riuscito e causato dalla volontà di non mettere in difficoltà e in imbarazzo la giunta di centrosinistra allora da poco insediata.
Bruti, nominato nel 2010 quasi all’unanimità dal Csm, molto sensibile agli umori e alle esigenze della politica, ha teso a garantire un po’ tutti. Tanto che aveva cercato di evitare l’indagine su Guido Podestà presidente della Provincia per le firme false del listino Formigoni. Mentre sul cosidetto Rubyter non è stato fatto un solo atto di indagine (almeno non noto alla stampa).
Milano nuovo “porto delle nebbie” la definizione storica un tempo della procura di Roma? Insomma nuovo e vecchio. Del resto, nonostante le serenate al pool da parte di giornali con editori sotto schiaffio come imprenditori, anche Mani pulite fu caratterizzata da spezzoni di inchiesta che improvvisamente si fermavano o non partivano proprio. Fiat. Mediobanca, Pci-Pds tanto per stare ai casi più eclatanti.
Romiti allora deus ex machina di Fiat finse di collaborare presentando un elenco di tangenti pagate pieno di lacune. Era tecnicamente inquinamento delle prove. Non solo non fu arrestato quando altri per molto meno finivano in carcere, ma l’inchiesta sul colosso dell’auto si fermò dopo una riunione con gli avvocati nell’ufficio dell’allora capo della procura Borrelli.
Mediobanca si pappò la Montedison in modo illecito ma non accadde nulla nemmeno quando nel corso del teleprocesso a Sergio Cusani l’avvocato Spazzali disse al pm Di Pietro: “Se lei decide di andare a fare quattro passi dalle parti di via Filodrammatici io la accompagnerei volentieri”.
Il gip Ghitti rigettò per due volte la richiesta del pool di archiviare le accuse a Marcello Stefanini allora cassiere del Pds ordinando nuove indagini indicando 12 punti. I pm non fecero nulla tranne una ridicola e folkloristica rogatoria aBerlino. Poi… un gip che archivia si trova sempre.
Ma non si tratta di toghe rosse. Era un problema di opportunità politica. Nel caso i pm avessero approfondito arrivando ai vertici del Pds, il Parlamento avrebbe in tre giorni varato un’amnistia e la “mitica” Mani Pulite sarebbe finita.
Per non parlare poi dell’Eni. Sempre al processo Cusani il pm Di Pietro chiese all’ad Bernabè: “L’abbiamo finita con i falsi in bilancio?”. “La stiamo finendo”, fu la risposta. Cioè, c’era un reato in corso. Ma non ci fu indagine. Bernabè era considerato “l’Eni buono”, quello dei manager che collaboravano con la procura. Collaboravano si fa per dire. Tra questi c’era il banchiere Pacini Battaglia, colui che intercettato diceva: “Si pagò per uscire da Mani pulite… Di Pietro e Lucibello mi hanno sbancato”. Ma Di Pietro allora era intoccabile. A Brescia prevalse la ragion di Stato.
Insomma niente di nuovo sotto il sole. I magistrati agiscono spesso e volentieri per ragioni politiche. Lo dice Berlusconi? Il vecchio di Treviri, che non militava in Forza Italia, sosteneva che a volte i reazionari benpensanti affermano verità che neanche i progressisti… (frank cimini)