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Alcuni milioni di fondi governativi sono stati destinati al Tribunale di Milano nel nome di Expo col meccanismo degli appalti diretti, lo stesso che viene indicato nelle inchieste della Procura di Milano sull’Esposizione Universale come la possibile anticamera delle tangenti. Progetti per consegnare al mondo un’immagine efficiente della giustizia ambrosiana messi nelle mani di imprese senza gara, né italiana, né europea, sebbene la legge preveda l’affidamento diretto come un’ipotesi residuale quando in ballo ci sono appalti ghiotti.
E’ una storia lunga quella che vi stiamo per raccontare, iniziata molti mesi fa da un passaparola nei corridoi del Palazzo. “C’è qualcosa che non quadra sui fondi Expo”. Abbiamo bussato alle porte di alcuni uffici giudiziari e a quelle del Comune per capire come siano stati spesi i 12, 5 milioni di euro destinati a rendere scintillante il Tribunale. La gestione del denaro è avvenuta su un doppio fronte, politico e giudiziario: da un lato la magistratura milanese e il Ministero della Giustizia, dall’altro Palazzo Marino. Non è stato facile capirci qualcosa. La richiesta di esaminare le carte degli appalti formulata al Presidente della Corte d’Appello Giovanni Canzio è stata ritenuta “irricevibile” con l’invito di rivolgersi al Comune. In Comune, il funzionario che si occupa degli appalti degli uffici giudiziari, Carmelo Maugeri, ci ha rimandati all’assessore ai Lavori Pubblici Carmela Rozza. Quest’ultima, con molto garbo e appellandosi alla “trasparenza” dell’amministrazione di fronte alle ritrosie di Maugeri, ha consentito l’accesso, con divieto di farne copia, a un file stracolmo di documenti, delibere, determinazioni. Un mare di burocrazia.
Il piano dei finanziamenti viene formalizzato con due delibere, una della giunta di centrodestra con sindaco Letizia Moratti, il 3 settembre del 2010, l’altro del 29 luglio 2011 all’inizio dell’era di Giuliano Pisapia. A maggio 2009 il Governo aveva già stanziato 3,5 milioni di euro a beneficio dei lavori nel Tribunale di Milano in vista di Expo. La parte del leone la gioca Finmeccanica che attraverso la sua controllata Elsag Datamat nel novembre 2010 si aggiudica la prima parte dell’appalto denominato “prima tranche per l’evoluzione dei sistemi gestione informatizzata dei registri e della cognizione ordinaria delle esecuzioni civili individuali e consorziati”. Un business da circa 960mila euro ma per il Ministero non c’è bisogno di una gara. Il 14 settembre via Arenula informa che “le nuove prestazioni resesi necessarie devono essere affidate direttamente alla Elsag pe ragioni di natura tecnica”. E’ un appalto tecnicamente chiamato “a seguire” (un’eccezione rispetto alla regola) perché nel 2002, ben lontani dall’orizzonte di Expo, Elsag aveva “fornito e installato l’infrstruttura tecnologica”.
Scorrendo le carte, scopriamo che decine di miagliaia di euro vengono utilizzati per scanner, stampanti e informatica e che un bel ‘tesoretto’ viene dirottato sulla nuova palazzina di via San Barnaba nei cui sotterranei prende vita un ‘cervello’ elettronico dove dovranno affluire notizie di reato da tutta Italia. L’appalto per questa struttura viene gestito dal Ministero della Giustizia. Nella nuova ‘casa’ della giustizia milanese, destinata a giudici del lavoro e di famiglia, tra gli altri progetti da sostenere figura anche quello da 376mila euro per la costruzione del “quadro generale elettrico di bassa tensione”. L’appalto finisce, dopo il fallimento di una prima azienda (la Comer di Sondrio) direttamente alla ditta padovana Guerrato, attiva anche in Irak, “per ragioni di sicurezza visto che l’aggiudicataria dispone del know how necessario a garantire la riservatezza”. Sempre in nome della “riservatezza e della segretezza delle notizie che dovrà fornire” viene concesso un subappalto diretto alla Camera di Commercio di Milano per la “realizzazione del nuovo sito Internet”, in particolare per migliorarne la “navigabilità”.
Senza un perché, almeno per quello che allo stato è dato sapere, l’affidamento diretto alla Net Service di Bologna di due appalti per “l’evoluzione della consolle del magistrato” (che, da quello che abbiamo capito, dovrebbe essere il ‘pacchetto’ informatico a disposizione delle toghe) e “l’estensione degli atti per il Processo Civile Telematico” per un valore complessivo di 1,5 milioni di euro. La legge prevede che per importi così elevati si possa saltare la gara (in questo caso saremmo nel campo di quella europea) solo quando ci sia solo una ditta che ‘stracci’ le altre. Non c’era davvero ‘gara’? E questi finanziamenti hanno permesso davvero a Milano di “esssere all’avanguardia nel campo della giustizia”, come scritto nelle delibere? (manuela d’alessandro)