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La notizia questa volta è di quelle che fanno davvero “sobbalzare” anche chi è ormai abituato a vivere in un paese dalla scarsa memoria e dalle facili rimozioni. Diego Marmo, sissignori proprio lui, quel pm, ricorderete, che schiumante di bava alla bocca tuonava le peggiori cose contro il “camorrista” Enzio Tortora a quel famigerato processo di Napoli dove si consumò una delle più vergognose pagine della nostra storia giudiziaria, è stato nominato assessore al Comune di Pompei. Beh, poca notizia direte voi, giacchè, come tristemente noto, il predetto magistrato, ben lungi dal pagare (così come i non meno colpevoli colleghi di istruttoria Lucio Di Pietro e Felice di Persia) alcun pedaggio per quella indecente vicenda, aveva percorso imperterrito tutti i successivi gradini burocratici della amministrazione della giustizia, fino al vertice della Procura di Torre Annunziata. Ora in pensione, quindi, perché non conferirgli un bell’assessorato che come ben si sa in Italia non si nega a nessuno ? Il punto è che il citato assessorato sarebbe, udite udite, niente meno che quello alla (giuro !) “legalità”.
Enzo Tortora fu arrestato 31 anni fa e sbattuto, secondo prassi alquanto attuale, come mostro in prima pagina sulla sola base di dileggianti farneticazioni di sedicenti “pentiti” in cerca di sconti che al sol vederli avrebbero consigliato ben altra prudenza a chiunque dotato di umano, se non giuridico, buon senso.
Prigioniero per mesi e mesi sotto una “marchiante” carcerazione da cui fu liberato solo grazie al voto del partito radicale, unico baluardo in quegli anni a quella piaga immonda della carcerazione preventiva, venne condannato a 10 anni di reclusione al termine di quel processo e dopo quella requisitoria di Diego Marmo.
Pittori squattrinati, schizofrenici mitomani con velleità di carisma, ergastolani sbudellanti o attenti all’onda giusta del capello erano le prove che avrebbero, gridava in quell’aula Marmo, “inchiodato” il camorrista “dalla doppia vita” ed agendine con di numeri di telefono mai testati, centrini dimenticati o mutandine da ricambio in corridoio di privata TV, ne avrebbero fornito l’insormontabile riscontro.
Poi andò come andò, e forse solo perché in quel caso la vittima della ribalta aveva mezzi e forza per lottare più di chi langue in perenne attesa di quella giustizia che non sempre è uguale per tutti, e così oggi, a sacrificio compiuto (fino all’estremo, Tortora morì poco dopo essere stato assolto), ci raccogliamo ogni anno in tanti belli e brutti a celebrarne sdegnati lo scempio.
Leggere che 31 anni dopo quel Diego Marmo viene scelto per tutelare “la legalità” mostra solo come di questa importante parola se ne faccia da anni, e da troppe parti, imperdonabile abuso. (avvocato Davide Steccanella)