giustiziami

Cronache e non solo dal Tribunale di Milano

Un altro ricordo di D’Ambrosio
L’avv. Vanni ‘risponde’ a Frank

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Caro Frank,
voglio ricordare Gerardo D’ Ambrosio anche in un altro modo.
E’ stato un magistrato laico: ha avuto sempre chiari i limiti dei suoi poteri e della sua funzione, anche quando “mani pulite” teneva in pugno i governi del paese, quando il tuo illustrissimo collega Enzo Biagi dedicava sul Corriere l’intera pagina 3 all’infanzia di Antonio Di Pietro, e quando un settimanale metteva in copertina Borrelli a cavallo (senza il suo consenso, pare). Neanche in quegli anni D’Ambrosio ha mai pensato di avere una funzione purificatrice del mondo dai suoi mali, né il potere di redimere con i mandati di cattura la mitica società civile italiana dai suoi vizi secolari.
Soprattutto, Gerardo D’ Ambrosio è stato un PM che non ha mai rifiutato il confronto con gli avvocati, né in aula, né fuori, forse anche perché non aveva nessuna ragione per temerlo. Aveva una concezione dialettica del processo perché sapeva dialogare, non perché il codice di procedura penale l’ha imposta a tutti, senza alcun successo.
Non era difficile, per un avvocato, confrontarsi con D’Ambrosio, anche su temi importanti, semplicemente bussando alla porta del suo ufficio, che di solito era aperta. Per mettere a fuoco la differenza di stile, nel passaggio tra epoche storiche prossime: hai mai provato a bussare alla porta di un PM di prima nomina, di quelli appena arrivati, o a chiedergli un appuntamento?
E’ certamente possibile che D’Ambrosio abbia preso anche decisioni sbagliate, ma per come l’ho conosciuto escludo che le abbia prese per convenienza o per superbia: non è mai stato superbo, ed era libero abbastanza da poter ignorare la convenienza.
Questo per un magistrato non è poco, anzi: è la ragione per la quale l’ho ammirato, la stessa per la quale lo ricordo con rimpianto. (avvocato Luigi Vanni in risposta all’articolo ‘Morto D’Ambrosio, dal malore attivo di Pinelli a Mani Pulite, scritto da Frank Cimini)

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