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E’ Luigi Fazzo, legale civilista milanese di 56 anni con la passione per i funghi, l’uomo a cui le mamme italiane devono la possibilità di trasmettere il cognome ai figli grazie alla sentenza depositata oggi dalla Corte Europea dei Diritti Umani. I giudici di Strasburgo hanno sancito il diritto di dare ai figli il solo cognome materno, condannando l’Italia per avere violato i diritti dell’avvocato Fazzo e della moglie Alessandra Cusan, 49 anni, mamma a tempo pieno.
- Oggi è una giornata di festa in casa Fazzo – Cusan…
- Sì, oggi siamo felici che si sia chiusa una vicenda giudiziaria lunghissima e che i giudici abbiano dato la possibilità alle nostre due bambine di 15 e 13 anni di non esssere discriminate e al loro fratellino di 10 di poter scegliere quale cognome dare ai suoi figli quando ne avrà.
- Come mai lei e sua moglie siete arrivati fino alla Corte di Giustizia Europea per vedere riconosciuto questo diritto?
- Nessun motivo particolare di natura personale e nemmeno la definirei una questione di principio, il nostro desiderio era quello di far venire meno una discriminazione.
- Quando è iniziata la vostra battaglia?
- Con la nascita di M., la nostra prima figlia, 15 anni fa. Il giorno dopo andai all’Anagrafe di Milano e chiesi al funzionario di darle il cognome di mia moglie. Quello mi rispose che non si sognava neanche di farlo, la legge non lo permetteva. Io e Alessandra avevamo deciso insieme che sarebbe stato bello dare a M. il cognome materno per ragioni affettive e altre che non sto qui a spiegare. Il fatto che non fosse possibile ci parve inaccettabile.
- Perché si è dovuto attendere Strasburgo per vedere sancito il diritto al cognome materno? In fondo, anche la nostra Costituzione stabilisce la non discriminazione tra uomo e donna…
Perché la Corte Costituzionale non è stata abbastanza coraggiosa nel 2007 quando le abbiamo posto il problema. Riconobbe che in effetti c’era una discriminazione nella legge attuale ma affermò di non poterla abrogare per non creare un vuoto normativo nel nostro ordinamento. In realtà, con uno stratagemma giuridico avrebbe potuto dichiararla incostituzionale costringendo il legislatore a intervenire.
- I vostri figli vi hanno incoraggiati?
- Si, ne abbiamo parlato con loro in questi anni, abbiamo cercato di trasmettergli le nostre idee e loro le hanno condivise.
- Oggi come hanno commentato la sentenza?
Ancora non sanno nulla, sono a scuola. Ora il problema è difendere la loro privacy dai giornalisti! E speriamo che la politica faccia quello che deve alla luce della sentenza di Strasburgo e adegui l’Italia a paesi come la Spagna e la Germania.
(manuela d’alessandro)