Anche i pendolari nel loro piccolo si incazzano. Se la ferrovia incontra il grezzo uomo medio, l’uomo medio è un uomo assolto. Quando l’amministratore di Trenord denuncia per diffamazione un suo pendolare inviperito, forse i fatti “non meritano – parola di giudice – di pervenire all’attenzione del Tribunale”.
Sintesi grezza e per titoli, ma non molto lontana dal vero. Articoliamo.
Il 30 novembre 2020 un pendolare di Seregno, estenuato dai disservizi ferroviari e dai ritardi nei rimborsi, si sfoga sulla pagina Facebook “Pendolari Trenord”. Posta una foto e commenta: “Questa è la bella faccia di Marco Piuri, amministratore delegato di Trenord che non restituisce i rimborsi degli abbonamenti annuali (…) io di voglia di sputare in faccia a uno che da diversi mesi si tiene i miei soldi ingiustamente ne ho tanta, forse lo sa e porta gli occhiali per questo”.
Piuri non la prende benissimo, e sporge denuncia per diffamazione. Il 27 ottobre 2022 il pendolare, Marco Malatesta, viene condannato per diffamazione aggravata dall’utilizzo del mezzo informatico. Ma la Corte d’appello – presidente Flores Tanga, estensore Patrizia Re, consigliere Alberto Puccinelli – ribalta tutto: era legittimo diritto di critica, e dunque assoluzione, con tanto di stilettata a finale al querelante: “Risulterebbe, del resto, molto arduo ipotizzare la liquidazione di un risarcimento a favore dell’amministratore delegato di Trenord ed ancora di più della stessa Trenord, per i fatti in esame, che non meritavano di pervenire all’attenzione del Tribunale”.
“Va anzitutto rilevato – scrivono i giudici in motivazione – che, diversamente da quanto esposto nella sentenza impugnata, l’imputato non ha accusato l’amministratore delegato di essersi appropriato del danaro destinato ai rimborsi degli abbonamenti annuali, bensì di non restituirli, ingiustamente da diversi mesi”. Il contesto, poi, era di “esasperazione di persone costrette a compilare moduli su moduli, inviare raccomandate, con ulteriori esborsi, senza ottenere nulla”. Al malcapitato Malatesta, in particolare, era stato riconosciuto un certo importo che però non gli era stato ancora restituito. Fatto dunque “veridico”, oltre che di interesse pubblico, atteso che la vicenda interessava “pressoché tutti gli utenti di Trenord ed era molto sentita in quel particolare momento”.
Per decidere su condanna o assoluzione resta però il tema della continenza verbale. Ma la Cedu concede più ampia libertà di espressione quando si parla di questioni di interesse pubblico. E la Cassazione, rammentano i giudici, accetta espressioni più aggressive e disinvolte di un tempo, in virtù del profondo mutamento della sensibilità della collettività. Il commento del pendolare era certo ironico ma anche “aggressivo e grossolano”. E tuttavia i giudici riconoscono che Malatesta, difeso dall’avv. Chiara Parisi, non voleva offendere, ma manifestare “la propria esasperazione e la propria assoluta debolezza” (…) “in mancanza di ogni strumento lecito per ottenere la restituzione di quanto a lui spettante, in tempi accettabili, sicché la condotta si riduce ad una forma protesta, che non presenta neppure gli estremi dell’esercizio arbitrario delle proprie ragioni. In tal senso è stato recepito dall’uomo medio”.
Danno per la parte civile: “inesistente”. Forse anche i giudici prendono il treno. Chissà se lo prende Piuri.
(foto in licenza Wikicommons)