Da una parte c’è il velo comunicativo imposto dai medici, probabilmente su mandato della famiglia, con l’ultimo bollettino (20 aprile) che parla “di lento e progressivo miglioramemento” a fronte di una situazione che nella realtà ha sfumature leggermente diverse. Perché la vera definizione per la fase che la salute di Silvio Berlusconi sta attraversando è “stallo”: i segni di progressivo miglioramento “non emergono”, indica una fonte che conosce il quadro. L’infezione polmonare “non è risolta” e non è ancora stato stabilito quale sia il fattore all’origine dell’infezione: un batterio, forse, oppure un fungo. Fino a venerdì 21 aprile, Berlusconi aveva ancora bisogno di ossigeno “ad alti flussi”, con il supporto della maschera per respirare (non del casco Cpap).
Dall’altra parte c’è la follia delle voci romane che, a più riprese, hanno dato il fondatore di Forza Italia per morto. E’ successo innanzitutto il 6 aprile, il giorno dopo il ricovero, quando a metà mattina le redazioni politiche hanno cominciato a mandare messaggi allarmati ai giornalisti inchiodati davanti all’ospedale: “E’ morto, lo comunicheranno a borsa chiusa”. Bufala grave e molto triste. Purtroppo, quando si parla del corpo di Berlusconi, per anni portentoso strumento di comunicazione politica, fulcro di processi, vanto e oggetto di scherno, facilmente le voci sussurrate diventano venticello, poi tuoni in lontananza, poi paurosi diluvi, infine notizie (false) da smentire.
Del resto Berlusconi è entrato in ospedale con un quadro che ai medici e ai famigliari è apparso ben più drammatico di quanto fatto trapelare all’opinione pubblica, e la mancanza di trasparenza iniziale ha aiutato i complottismi. La leucemia segnava globuli bianchi a un livello di almeno 9 volte superiore alla norma, 90mila unità per microlitro di sangue.
Crisi respiratoria, polmonite, versamento pleurico che richiedeva drenaggio, insufficienza renale. E paradossalmente proprio l’invenzione della morte nascosta, quel mattino del 6 aprile, ha costretto i medici e la famiglia a produrre un primo bollettino ufficiale che, nel dare conto di una situazione grave e confermando la leucemia e l’infezione polmonare, metteva in luce un punto fermo fermissimo: Berlusconi era vivo, e dunque basta panzane, basta riferimenti ai mercati, basta aggiottaggio politico ed emotivo.
E’ servito relativamente: nel giorno di Pasqua di nuovo voci false sulla presunta morte, ovviamente non avvenuta. Curioso che i rumours più drammatici arrivino sempre da ambienti politici.
I successivi due bollettini sono serviti a placare l’opinione pubblica, comunicando miglioramenti, anche sensibili. L’uscita dalla terapia intensiva, l’esito positivo di qualche esame. “E’ il messaggio che si deve far arrivare”, commenta una fonte. Un po’ come le dichiarazioni a tratti surreali, arrivate da politici di maggioranza, di un Berlusconi apparentemente attaccato ininterrottamente al telefono per chiaccherare con amici parlamentari e di governo, impartire direttive, infondere speranza. A molti cronisti è venuto il sospetto che di quelle telefonate ne siano avvenute, a essere estremamente ottimisti, la metà.
L’ultimo bollettino medico, 23 parole in tutto, sembrava scritto al solo scopo di far calare l’attenzione delle redazioni già stanche, dopo la sbornia di allarmi delle prime settimane di ricovero.
Tra notizie addomesticate, telefonate inventate e bufale terrorizzanti, alla fine i messaggi più sinceri ed efficaci sono quelli dei famigliari di Berlusconi. Quel “è un leone” di Piersilvio, quel “ce la farà anche questa volta” di Paolo, quel pollice alzato di Luigi. Per finire, un sincero in bocca al lupo a Silvio da coloro che certamente hanno beneficiato dei posti di lavoro creati dai suoi governi: quelli dei cronisti giudiziari che hanno seguito i suoi processi. Stagione archiviata e irripetibile.