La corte di giustizia europea del Lussemburgo deciderà entro l’estate in merito alla consegna all’Italia da parte della Francia di Vincenzo Vecchi condannato per devastazione e saccheggio in relazione ai fatti del G8 di Genova del 2001. La corte deve rispondere ai chiarimenti chiesti dalla Cassazione francese in merito alle differenze tra i codici dei due paesi.
Oggi davanti alla terza sezione della Corte di giustizia presieduta dalla estone Küllike Jürimäe hanno partecipato alla discussione
gli avvocati di Vincenzo Vecchi, Paul Mathonnet e Amedeo Barletta, i rappresentanti della Commissione UE e i rappresentanti del Governo francese.
La Corte é apparsa molto attenta ponendo una serie di questioni agli avvocati intervenuti nel corso di una discussione durata oltre due ore.
Il tema centrale riguarda l’applicazione del principio della doppia punubilitá in relazione al mandato di arresto europeo.
La difesa di Vecchi ha sostenuto una interpretazione tesa a valorizzare la differenza sostanziale esistente tra il reato di devastazione e saccheggio previsto dalla disciplina italiana e le condotte previste dal codice penale francese, che non tutelano a dispetto della disciplina italiana l’ordine pubblico.
Il Governo francese ha di contro difeso una interpretazione sostanzialista della decisione quadro a tutela della effettivitá dello strumento di cooperazione giudiziaria mentre la Commissione europea ha fatto emergere maggiori aperture verso una interpretazione del principio che possa valorizzare le differenze tra i sistemi giudiziari nazionali, consentendo anche la non esecuzione dei mandati di arresto o la esecuzione parziale in presenza di divergenze sostanziali tra le ipotesi penali dei diversi Stati membri.
E’ intervenuto anche l’Avvocato generale della Corte di giustizia Rantos che ha preannunciato le proprie conclusioni scritte per il prossimo 31 marzo.
La decisione della corte del Lussemburgo è attesa nel giro di tre o quattro mesi. Poi gli atti torneranno alla Cassazione francese dove aveva presentato ricorso la procura di Angers contro la decisione della corte locale.
Vincenzo Vecchi vive e lavora in Francia da diversi anni. Era stato arrestato nel 2019 poi rimesso in libertà in attesa delle decisioni della giustizia francese. Sia Roma sia Parigi sollecitano la consegna del militante no-global all’Italia dove dovrebbe scontare un residuo di pena di un anno e 2 mesi. La condanna per gli scontri relativi alla manifestazione antifascista di Milano infatti era stata considerata già scontata. (frank cimini)
Articoli del mese: gennaio 2022
G8, Roma e Parigi pressano Corte Ue: Vecchi in Italia
Il governo italiano e quello francese insieme alla procura di Angers pressano la corte di giustizia europea del Lussemburgo al fine di ottenere la consegna alle autorità del nostro paese di Vincenzo Vecchi condannato per devastazione e saccheggio in relazione ai fatti del G8 di Genova del 2001. Vanno in questa direzione le memorie depositate presso la corte Ue che è impegnata nell’udienza dì giovedì 20 gennaio al fine di rispondere alla Cassazione francese.
La Cassazione d’Oltralpe si è rivolta alla Ue per avere spiegazioni in relazione all’esecuzione del mandato di arresto europeo perché il reato di devastazione e saccheggio non è riconosciuto dal codice francese. Secondo la procura di Angers e i governi dei due paesi invece la condizione della doppia incriminazione è ugualmente soddisfatta e il mandato di arresto va eseguito dal momento che sarebbe pacifico secondo la condanna che Vincenzo Vecchi alcuni dei fatti contestati li ha commessi.
L’iter giudiziario è ancora lungo. Alla prima udienza interverranno le parti in causa. Vecchi ha come difensori Paul Mathonnet e Amedeo Barletta. Poi i giudici rivolgeranno domande ai legali. Tra alcune settimane ci sarà l’intervento dell’Avvocato generalepresso la Corte di giustizia europea che emetterà la sentenza non prima di tre o quattro mesi. Poi tutto tornerà nelle mani della Cassaziond francese.
Per il governo italiano il rifiuto opposto dalla corte di Angers alla consegna di Vecchi “equivale a garantire all’interessato l’impunita’ per la totalità dei fatti anche se la la maggior parte di essi non è contestato che per la maggior parte di essi la consegna sarebbe stata possibile”.
I due governi e il pm di Angers vogliono evitare la verifica delle imputazioni temendo che in questo modo salti il sistema della cooperazione giudiziaria. Si muovono in una logica repressiva con una visione di giustizia sostanziale.
(frank cimini)
Ombre Rosse, giudici francesi senza la fretta di Cartabia
I giudici francesi che devono decidere sull’estradizione d nove rifugiati politici italiani a Parigi non hanno la stessa fretta del ministro Marta Cartabia e del suo mentore Sergio Mattarella. La corte infatti ha spacchettato le varie posizioni fissando nuove udienze tra fine marzo e aprile.
Le toghe d’Oltralpe non sono frenetiche come vorrebbe il governo italiano anche perché tecnicamente i dossier arrivati a Parigi non sono completi nonostante di recente il ministro Caetabia abbia invitato le varie procure a sbrigarsi.
Enzo Calvitti è stato convocato per il 23 marzo lo stesso giorno in cui è fissata l’udienza per Giorgio Pietrostefani dal momento che il 5 gennaio scorso all’ex esponente di Lotta Continua era stato accordato un rinvio per ragioni di salute. Pietrostefani si trova in ospedale, risulta inamovibile e intrasportabile, ma il governo di Roma insiste per la sua consegna nonostante siano passati giusto 50 anni dall’omicidio Calabresi.
Il 30 marzo toccherà a Giovanni Alimonti e Narciso Manenti. Il 6 aprile le udienze per Roberta Cappelli e Marina Petrella. Il 13 aprile Sergio Tornaghi e Raffaele Ventura. Il 20 aprile Luigi Bergamin e Maurizio Di Marzio. Per Bergamin a febbraio potrebbe arrivare la decisione della Cassazione sulla prescrizione.
Insomma i tempi si allungano e i giornali italiani di destra scrivono della loro delusione e insoddisfazione. Insomma ribadiscono di essere assetati di sangue. Hanno bisogno di corpi da esibire come trofei di guerra. E non solo a destra. Anzi. Il padre dell’operazione Ombre Rosse resta Mattarella che il giorno del rientro di Battisti annunciò “e adesso gli altri”.
C’è chi dalla Francia fa osservare che non è scontato che i giudici decidano di andare dietro a Macron il quale avrebbe agito anche per dimostrare che a livello di sicurezza lui non è secondo a nessuno. Ma i tempi lunghi della decisione sulle estradizioni potrebbero portare anche al dopo Macron. Sperando ovviamente che non arrivi all’Eliseo uno ancora più forcaiolo (frank cimini)
Nel palazzo di giustizia a Torino
“Via con la forza i magistrati senza green pass”
“Ribadisco l’assoluta necessità di essere severissimi nei confronti di coloro che debbono obbligatoriamente esibire il green pass, magistrati compresi. Non è sufficiente affermare di averlo (…) Chi non ottempera deve essere impedito (anche fisicamente ed anche con il ricorso alla forza pubblica) di accedere al palazzo di giustizia, magistrati compresi“.
O green pass, o non pass. O la certificazione verde l’hai davvero, oppure nel palazzo di giustizia di Torino non ci entri. E se qualcuno ci prova lo stesso, scrive il procuratore generale Enrico Saluzzo con piglio inflessibile, intervenga la forza pubblica. Anche contro i magistrati. Certo la scena di una toga accompagnata con la forza all’uscita per ordine del Pg sarebbe da pop corn. E chissà che Saluzzo non abbia voluto mandare un messaggio a qualche ribelle toga no green pass, o no vax. Certo il tono della circolare, con tanto di sottolineature e maiuscole bloccate, dà già da sorridere ad alcuni suoi colleghi, e ne farà innervosire qualcun altro.
A Milano, il documento firmato il 10 gennaio dalla procuratrice generale Francesca Nanni e dal presidente di Corte d’appello Giuseppe Ondei, usa un linguaggio assai più pacato. Ricordando la necessità di green pass per “i difensori, i consulenti, i periti e gli altri ausiliari estranei all’amministrazione della giustizia”, la circolare precisa – suscitando già le proteste di diversi avvocati, chi per questioni di diritto, chi per posizioni no vax – che “l’assenza del difensore conseguente al mancato possesso o alla mancata esibizione della certificazione verde non costituisce impossibilità di comparire per legittimo impedimento”. I controlli all’ingresso saranno a campione solamente nelle sedi ove non sia ancora in funzione la vigilanza (uffici minori quali il Giudice di pace di Rho). Negli al tri casi, pare di capire, la verifica sarà persona per persona. E dal 15 febbraio la vigilanza dovrà chiedere a tutti gli over 50 non più il green pass semplice, ma quello rafforzato.
A Perugia, il Pg Sergio Sottani, parla della situazione in cui “su richiesta (i soggetti indicati) non esibiscono la certificazione verde base”, nel qual caso ovviamente non potranno accedere al palazzo. Ma ringrazia “per la consolidata collaborazione istituzionale”.
Moro per sempre, toghe rosse a caccia di fantasmi
Parliamo di toghe rosse. Ma qui Silvio Berlusconi c’entra niente. Sono passati giusto sette mesi dal giorno in cui si trova sotto sequestro l’archivio di Paolo Persichetti ricercatore storico che si occupa della vicenda degli anni ‘70 è in particolare del caso Moro. L’inchiesta è coordinata dal pm di Roma Eugenio Albamonte noto esponente di Magistratura Democratica e l’atto relativo alla perquisizione dell’8 giugno scorso si fregiava addirittura della firmato dell’allora procuratore capo Michele Prestipino eletto anche con i voti di Md e poi detronizzato perché la sua nomina era stata dichiarata irregolare dal Tar e dal Consiglio di Stato.
Il capo di incolpazione è cambiato già cinque volte su interventi sia del Riesame sia del gip, ma finora nessun giudice ha avuto il coraggio di dissequestrare.
L’accusa di associazione sovversiva finalizzata al terrorismo era caduta già a luglio scorso. È rimasta quella del favoreggiamento di latitanti, Alvaro Lojacono e Alessio Casimirri, entrambi da tempo condannati all’ergastolo per la strage di via Fani.
Persichetti aveva mandato per posta elettronica a Lojacono atti della commissione parlamentare sul caso Moro che il presidente Giuseppe Fioroni aveva etichettato come riservati nonostante fossero destinati a distanza di due giorni alla pubblicazione con la relazione.
Fioroni è stato sentito come testimone a carico di Persichetti. Un gioco di sponda tra procura procura generale che aveva riaperto la caccia ai misteri inesistenti del caso Moro e commissione parlamentare che non è stata rinnovata nell’attuale legislatura ma che continua a incombere sulla vita politica e giudiziaria del paese.
Il 17 dicembre scorso il gip Valerio Savio anche lui aderente a Md si riservava al termine dell’udienza di decidere sulla richiesta di dissequestro dell’archivio presentata dall’avvocato Francesco Romeo. Con ogni probabilità si arriverà al 14 gennaio con le carte ancora sotto sequestro.
A 43 anni dai fatti il pm Albamonte, lo stesso che ha chiesto e ottenuto di prendere il Dna dei condannati per il caso Moro, è a caccia di complici non individuati di improbabili mandanti esterni. I sei processi già celebrati dai quali emerge in modo chiaro che dietro le Brigate Rosse c’erano solo le Brigate Rosse non contano nulla. La ricerca storica indipendente viene criminalizzata paradossalmente per essere in linea con gli esiti processuali. Il sequestro dell’archivio ha provocato lo slittamento dell’uscita del secondo volume del libro “Dalle fabbriche alla campagna di primavera” la storia delle Br di cui Persichetti è coautore con Elisa Santalena e Marco Clementi. Una sorta di censura preventiva che evidentemente è parte integrante di questa mega operazione di propaganda politica da parte di una corrente della magistratura.
La mamma dei dietrologi come quella dei cretini è sempre incinta. Ma siamo nel paese in cui è il Presidente della Repubbluca oltre che capo del Csm a gridare ogni 16 marzo ogni 9 maggio: “Bisogna ricercare la verità”. Lo stesso Sergio Mattarella che il giorno del rientro di Cesare Battisti ripreso dagli smartphone di due ministri da lui nominati annunciò “E adesso gli altri”. Così diede il via al l’operazione Ombre Rosse arpionando una decina di ormai anziani residenti a Parigi da decenni responsabili di fatti di lotta armata che risalgono a 40 anche 50 anni fa. E tra i dietrologi non manca chi si aspetta dai parigini “la verità su Moro”. La fissazione dicono in Sicilia è peggio della malattia (frank cimini)