C’è sempre una pista anarchica, ovunque e comunque. A Torino, dove la procura aveva invano tentato di trasformare l’incendio di un compressore in un atto di terrorismo, il prossimo 21 aprile il tribunale di sorveglianza dovrà decidere su richiesta dei pm se applicare a Marco Boba la misura della sorveglianza speciale e tra gli elementi da valutare c’è un libro scritto sei anni fa dal titolo “Io non sono come voi”. “Io ho odio dentro di me c’è solo voglia di distruggere, le mie sono pulsioni nichiliste” si legge nel romanzo che dovrebbe costare a chi l’ha scritto secondo la procura una forte limitazione della libertà. Non il carcere perché per quello non c’è abbastanza. Ma un prezzo il redattore di Radio Black Out, occupante di El Paso, esponente del movimento anarchico, deve evidentemente pagare.
Da Torino a Roma dove il Riesame su input della Cassazione ha cancellato l’accusa di associazione sovversiva finalizzata al terrorismo per quattro anarchici arrestati a giugno dell’anno scorso. Siccome il reato più grave era già stato annullato per Francesca Cerrone siamo davanti all’ennesima inchiesta flop sugli anarchici analoga a quella di Bologna.
Marco Boba, 53 anni, in passato aveva scontato diversi periodi detenzione per la sua partecipazione alle lotte sociali. A quanto pare non è sufficiente scontare le condanne ma è anche necessario abiurare la propria identità la propria appartenenza e dimostrare di aver assorbito un’altra idea, quella del silenzio e della rassegnazione.
Nel romanzo l’alter ego di Boba dice: “Per la società per il sistema io sono un violento ma ti assicuro che per indole sono una persona tranquilla, la mia violenza è un centesimo rispetto alla violenza quotidiana che subisco che subisci tu o gli altri miliardi di persone su questo pianeta”.
La misura della sorveglianza speciale risale ai tempi del fascismo ma viene usata spesso anche in democrazia o democratura a seconda dei punti di vista. Il provvedimento si concretizza in un serie di divieti che cancellano relazioni amicizie affetti nel nome della cosiddetta pericolosità sociale. La refrattarietà a piegare la testa è prova di pericolosità sociale secondo la procura già responsabile insieme al tribunale della vicenda di Dana Laureola da nove mesi in carcere con la prospettiva di restarci fino a due anni per aver parlato con il megafono durante una mafistazione dei NoTav in autostrada.
A Roma invece della mega operazione “antiterrorismo” del giugno scorso non resta quasi niente. Il reato associativo è stato spazzato via su indicazione della Cassazione. In carcere resta solo Claudio Zaccone per una presunta azione contro una caserma dei carabinieri ma anche per lui l’accusa di aver agito con fini di eversione dell’ordine democratico è caduta.
Daniele Cortelli, Flavia Di Giannantonio e Nico Aurigemma sono stati scarcerati. Prima la Cassazione e poi il Riesame hanno dato ragione al difensore Ettore Grenci secondo il quale il blitz era stato una repressione del dissenso sociale e politico. Si trattava di manifestazioni in solidarietà con i detenuti alle prese con l’emergenza Covid fatte tra l’altro con l’uso di mascherine e rispettando le distanze tra le persone.
Le procure però sembrano non curarsi dei paletti più volte fissati dalla Cassazione in materia di terrorismo nel senso che non basta l’adesione astratta a una ideologia per far scattare le manette. I servizi di sicurezza poi ci hanno messo il carico presentando le operazioni flop di Bologna e di Roma nella relazione annuale come grandi successi investigativi. Al pari dell’estradizione dalla Spagna di Francesca Cerrone che adesso dell’intero castello di accuse deve fronteggiare solo il presunto furto di cemento del valore di 30 euro. Dopo aver fatto nove mesi di galera praticamente gratis. (frank cimini)
Articoli del mese: aprile 2021
Cade accusa di terrorismo per altri 4 anarchici romani
È caduta l’accusa di associazione sovversiva finalizzata al terrorismo per altri quattro anarchici romani arrestati a giugno dell’anno scorso. Lo ha deciso il Tribunale del Riesame di Roma al quale la Cassazione aveva rimandato indietro gli atti spiegando che la mera adesione all’ideologia anarchica non basta per contestare l’aggravante di aver agito con fini di eversione dell’ordine democratico.
L’accusa di terrorismo cade per Claudio Zaccone, Daniele Cortelli, Flavia di Giannantonio e Nico Aurigemma. Sono stati tutti scarcerati a eccezione di Zaccone che resta detenuto per un’azione contro una caserma dei carabinieri.
In precedenza era stata scarcerata Francesca Cerrone. L’operazione del giugno scorso si rivela sempre di più come un flop investigativo nonostante fosse stata citata come un successo nella relazione annuale dei servizi di sicurezza.
Va ricordata la storia di una analoga operazione avvenuta a Bologna nel maggio dell’anno scorso con scarcerazione da parte del Riesame di tutti gli anarchici dopo tre settimane.
A scoprire gli altarini nel caso di Roma è stata ancora una volta la Cassazione che già in passato aveva avuto modo di fissare paletti ben precisi in relazione all’associazione sovversiva finalizzata al terrorismo. Ma gli uffici inquirenti della magistratura e quelli della Digos sembrano proseguire imperterriti per la loro strada di fatto criminalizzando manifestazioni di dissenso come quelle organizzate sotto le carceri in solidarietà con i detenuti alle prese con l’emergenza Covid.
Francesca Cerrone aveva scontato nove mesi di custodia cautelare e dell’accusa a suo carico resta solo il presunto furto di sacchi di cemento del valore di 30 euro. Per capire il contesto politico di queste inchieste va ricordato che Nico Aurigemma si era visto negare il permesso di colloquio con i genitori e la sorella perché il pm esprimendo parere contrario aveva indicato tra i motivi il fatto che il giovane si era avvalso della facoltà di non rispondere nell’interrogatorio di garanzia. Cioè Aurigemma per aver esercitato il suo diritto di indagato si vedeva negare un diritto da detenuto. (frank cimini)