giustiziami

Cronache e non solo dal Tribunale di Milano

Tutti nell’aula del processo, Belen affossa la produttività del Tribunale

 

Si sta stretti come sardine nell’aula che non è una delle più piccole del palazzo di giustizia. La curiosità è contagiosa, il pubblico è vasto potendo contare su un buon numero di cancellieri, assistenti e magistrati, tutti formalmente in orario di lavoro ma qui ad assistere allo “spettacolo”: Belen Rodriguez testimone della difesa di Fabrizio Corona nel processo in cui l’imprenditore fotografico più famoso d’Italia risponde di tanti soldi incassati in nero e poi distribuiti tra controsoffitti e cassette di sicurezza in Austria.

Il corridoio che conduce all’ingresso principale dell’aula è transennato per arginare la folla di cameraman, un carabiniere invita a entrare dal retro “perché questo è l’ingresso dei vip, l’abbiamo inventato oggi”.

Belen  utilizza la panca vicino alla porta come sala trucco con la sorella che l’aiuta che in origine dovrebbe deporre pure lei, ma poi la difesa vi rinuncia.

Il personale giudiziario che dovrebbe stare in ufficio è qui “al cinema”. Materia di riflessione vi sarebbe per i sindacati del settore, in testa l’Anm gran fustigatrice dei costumi nazionali e custode di moralità, sempre bravi a pontificare sulla carenza di organici, che impedirebbe alla giustizia di funzionare. Oggi si lavora poco e male “per colpa di Belen”, che abbassa la produttività del tempio della farsa di Mani pulite ma avrà alzato di sicuro il testosterone (frank cimini)

Dj Fabo: per i pm esiste il “diritto al suicidio” per chi soffre come lui

 

Per chi è nelle condizioni di Fabiano Antoniani, il giovane dj rimasto cieco e tetraplegico in seguito a un incidente stradale, esiste il“diritto al suicidio”. Dalle motivazioni integrali della richiesta di archiviazione per Marco Cappato, accusato di ‘aiuto’ al suicidio’ per averlo portato nella clinica svizzera ‘Dignitas’, emerge un principio che, se accolto, potrebbe incidere un punto di svolta nei ‘pellegrinaggi’ in Svizzera degli italiani che cercano una fine alle loro sofferenze.  Anche se i magistrati, ai quali è toccato in questo caso supplire alla mancanza di una legge, invocano “un urgente intervento del legislatore per disciplinare rigorosamente tale diritto in modo da prevenire il rischio di abuso, ad esempio sotto forma di pratiche di eutanasia, nei confronti di persone il cui consenso non sia sufficientemente certo”.

“Nelle condizioni in cui si trovava – argomentano Tiziana Siciliano e Sara Arduini – e con l’esito che gli era stato prospettato in caso di rinuncia alle cure, bisogna riconoscere che il principio del rispetto della dignità umana impone l’attribuzione a Fabiano Antoniani, e in conseguenza a tutti gli individui che si trovano nelle medesime condizioni, di un vero e proprio ‘diritto al suicidio’ attuato in via indiretta mediante la ‘rinunzia alla terapia’, ma anche in via diretta, mediante l’assunzione di una terapia finalizzata allo scopo suicidario”. Nel provvedimento, i magistrati ricordano come Antoniani avesse ricevuto una “prognosi irreversibile” e sottolineano le “condizioni drammatiche” in cui versava. “Quasi per un assurdo scherzo del destino – scrivono – la patologia che l’aveva privato della vista e del movimento non l’aveva reso insensibile al dolore” e “il corpo, inerte, era era percorso da insostenibili spasmi di sofferenza più volte al giorno”.

Il riconoscimento del “diritto al suicidio” per chi si trova nelle condizioni del dj rappresenta un ‘passo oltre’, spiegano i pm, rispetto a quello a “lasciarsi morire”, già sancito in altre vicende giudiziarie, come quella di Eluana Englaro. “In questo caso – scrivono i magistrati -  il riconoscimento di tale diritto a “lasciarsi morire” non soddisfa allo scopo: per Fabiano Antoniani, rinunciare alle cure avrebbe significato andare incontro a un percorso certamente destinato a concludersi con la morte, ma solo a seguito di un periodo di degradazione a una condizione ancora peggiore a quella in cui si trovava nel momento in cui ha preso la sua decisione. L’ordinamento italiano, che ha come fine ultimo proprio il perseguimento del ‘pieno sviluppo della persona umana’, non può consentire una così grave lesione della dignità di un individuo”. “Qualora si dovesse rigettare l’interpretazione proposta della norma – concludono i pm Siciliano e Arduini – riteniamo che dovrebbe essere necessariamente sollevata questione di legittimità costituzionale della stessa, al fine di verificarne la compatibilità con i principi fondamentali di dignità della persona umana e di libertà dell’individuo, garantiti tanto dalla Costituzione italiana quanto dalla Convenzione Europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali”. Nei prossimi giorni toccherà al gip Luigi Gargiulo decidere se accogliere o meno la richiesta dei pm.

(Manuela D’Alessandro)

testo integrale richiesta archiviazione pm su Cappato

I revisori del Sole 24 Ore: troppi dubbi, non possiamo giudicare il bilancio 2016

 

A causa degli “elevati profili di incertezza che fanno sorgere dubbi significativi sulla capacità del Gruppo di continuare a operare sulla base del presupposto della continuità aziendale”, i revisori dei conti di Ernst & Young dichiarano di non essere “in grado di esprimere un giudizio sul bilancio consolidato del Gruppo Sole 24 Ore al 31 dicembre 2016″.

E’ un non giudizio che ferisce come una sentenza di condanna e strozza le speranze del ‘Sole Nuovo’ quello espresso pochi giorni fa dai revisori nella Relazione Finanziaria annuale al 31 dicembre 2016 che Giustiziami ha potuto consultare.  Sono troppi i ‘se’ messi in fila dalla nuova gestione guidata dal presidente Giorgio Fossa per consentire ai professionisti chiamati a valutare il bilancio di spargere ottimismo: “l’ottenimento dalla banche finanziatrici di adeguate linee di credito in sostituzione delle linee in scadenza; la realizzazione dell’aumento di capitale che sarà sottoposto all’approvazione dell’assemblea degli azionisti; l’esecuzione delle azioni previste nel nuovo piano approvato il 20 febbraio 2017; la finalizzazione del processo dell’area di valorizzazione dell’area ‘Formazione ed Eventi’, tramite la cessione a un partner strategico di una interessenza di minoranza”.

Tutte variabili che non rendono affatto certa la prognosi per un malato allo stremo e lasciano l’incertezza sulla capacità del Gruppo “di realizzare le attività  e onorare le passività nel normale corso della gestione”. Alla voce dubbi  figurano anche i “rischi connessi alle indagini in corso” che hanno portato all’uscita di scena del direttore del quotidiano Roberto Napoletano, indagato per false comunicazioni al mercato assieme all’ex presidente Benito Benedini e all’ex ad Donatella Treu per gli oltre 109mila presunti abbonamenti digitali ‘fantasma’ sottoscritti tramite la società anonima inglese Di Source Limited. Sempre dalla relazione di EY emerge che Confindustria è disponibile a investire sino a 30 milioni di euro massimi nell’aumento di capitale e che il Sole ha rivisto il piano presentato alle banche il 10 marzo per inserire i ricavi della cessione della quota di minoranza della divisione ‘Formazione ed Eventi’.

Intanto, cda, revisori e collegio sindacale hanno ricevuto nuovi esposti dal consigliere Tommaso Marino che chiede di indagare sui compensi e i bonus tra cui “la casa a New York” di Napoletano, dopo gli articoli di Antonello Caporale su Tiscali, e sul suo contratto segreto di   buonuscita extra di 2,25 milioni, in seguito alle rivelazioni di Giuseppe Oddo sul sito Business Insider. Tutto ciò mentre si viene a sapere che il 13 aprile la società di revisione Kpmg  ha deliberato “per garantire una tempestiva informazione al mercato di aggiornare i dati 2015  della testata 24 Ore”. E questo racconta la cruda, definitiva verità: le copie totali diffuse in media al giorno due anni fa sono state 231mila, di cui 17mila quelle multiple digitali. Siamo ben lontani dai dati del bilancio 2015, peraltro certificato dalla stessa Kpmg (!), che parlava di “375mila copie complessive” di cui 109mila digitali.

(manuela d’alessandro)

Riceviamo e pubblichiamo questa nota dal ‘Sole 24 Ore’, dopo la pubblicazione dell’articolo: “Con riferimento ai contenuti riportati dal sito Giustiziami.it  ’I revisori del Sole 24 Ore: troppi dubbi, non possiamo giudicare il bilancio 2016′, Il Sole 24 Ore S.p.A. rende noto che il rilascio di una dichiarazione di impossibilità di esprimere un giudizio da parte dei revisori sul bilancio consolidato e sul progetto di bilancio separato al 31 dicembre 2016 non è equiparabile al rilascio di un giudizio negativo, bensì rappresenta una sospensione del giudizio in attesa della finalizzazione del processo di ricapitalizzazione. Non si tratta quindi di ‘un non giudizio che ferisce come una sentenza di condanna’ ma di una soluzione prevista dalla normativa applicabile”.

Pm , archiviare Cappato. “Aiutò Dj Fabo a esercizio diritto alla dignità”

 

Per i pm milanesi che hanno chiesto l’archiviazione di Marco Cappato in relazione alla morte di Dj Fabo nella clinica svizzera ‘Dignitas’ il diritto – dovere alla vita non è un monolite inscalfibile ma va bilanciato con altri diritti fondamentali, come quello alla dignità. In questa prospettiva, un atto in teoria antigiuridico, come aiutare una persona a suicidarsi , perde il suo carattere di anti giuridicità a determinate condizioni, se viene effettuato per agevolare l’esercizio del diritto alla dignità e quello di non subire trattamenti sanitari obbligatori (articolo 32 della Costituzione). Condizioni che sono costituite, nel ragionamento dei pm, dall’esistenza di una documentata malattia con una prognosi infausta e da gravi sofferenze che non si possono alleviare.

Spiegano i pm: Fabiano Antoniani non poteva suicidarsi perché era cieco e paralizzato e se avesse deciso di togliere i supporti respiratori che lo mantenavano in vita sarebbe morto dopo giorni di agonia e sofferenza contrari all’umana dignità.

“Pratiche di suicidio assistito – scrivono i pm Tiziana Siciliano e Sara Arduini -  non costituiscono una violazione del diritto alla vita quando siano connesse a situazioni oggettivamente valutabili di malattia terminale o gravida di sofferenze  o ritenuta intollerabile e/o indegna dal malato stesso. Non pare peregrino affermare che la giurisprudenza anche di rango costituzionale e sovranazionale ha inteso affiancare al principio del diritto alla vita tout court il diritto alla dignità della vita  inteso come sinonimo dell’umana dignità”.

Nella richiesta di archiviazione, che verrà valutata da un gip nei prossimi giorni, si fa osservare che Cappato ha svolto ‘solo’ una “condotta di trasporto” aiutando Dj Fabo a raggiungere la Svizzera. Una condotta che comunque potrebbe rientrare nell’ampia formulazione dell’agevolazione al suicidio richiesta dall’articolo 580 del codice penale, ma per i pm non c’è reato perché il tesoriere dell’associazione ‘Coscioni’ ha agito per aiutare Dj Fabo nell’esercizio di un suo diritto.
Nel complesso ragionamento lungo una quindicina di pagine, i magistrati evidenziano che il “diritto alla vita va esteso al diritto alla dignità della vita”. E per dare forza alle loro tesi ricostruiscono l’iter delle sentenze che, a loro dire, ha aperto dei ‘margini’ sulle pratiche del fine – vita. In particolare, viene dato spazio al caso di Eluana Englaro, la giovane a cui venne ‘staccata la spina’ dopo 17 anni di agonia, nell’ambito del quale è stato sancita dal Tribunale di Milano la possibilità di non accettare le cure anche se ti portano alla morte, qualora siano contrarie alla dignità. Centrale nella tesi dei pm è il concetto che dignità significa anche autodeterminarsi nelle scelte sulla propria salute. I magistrati citano poi una setenza del gup di Roma sulla vicenda di Piergiorgio Welby che definì un diritto soggettivo quello di rifiutare le terapie anche se questo può portare allla propria morte. Ampio risalto viene dato anche ad alcune pronunce  della Corte Costituzionale che pongono un limite alle cure nel rispetto “dell’insieme dei valori che si compendiano nel concetto di dignità umana”. Valorizzate  anche alcune sentenze della CEDU (Corte Europea dei Diritti dell’Uomo) dalle quali emerge che il suicidio assistito non costituisce una violazione del diritto alla vita quando ci siano situazioni oggettive di malattia incurabile e di gravi sofferenze del malato. Dunque, per i pm, sempre con riferimento a questa giurisprudenza,  non esisterebbe un diritto al suicidio assistito che si declina una volta per tutte ma che va valutato solo in presenza di determinate condizioni che, suggeriscono i magistrati, il legislatore potrebbe indentificare. (manuela d’alessandro)