giustiziami

Cronache e non solo dal Tribunale di Milano

Il finanziere che tutte la mattine fa un pazzo giro di Milano per ritirare i giornali

 

Che fa la Guardia di Finanza? Scopre le mazzette. Lo abbiamo visto in questi giorni, lo fa anche bene. Ci sta pure simpatica quando toglie il velo al malaffare. Tutte le mattine una mazzetta si alza e deve correre più veloce del finanziere. Non solo la mazzetta di denaro però, anche quella dei giornali omaggio.
Tutte le mattine, infatti, a Milano un finanziere si alza e prende servizio nel “turno giornali”, il turno mazzetta insomma. Prende l’auto civetta (non confondetevi: non la ‘civetta’ con i frontespizi dei giornali davanti alle edicole, ma l’auto undercover, quella senza i colori gialli e grigi del Corpo), e inizia il suo giro nelle redazioni. Dal lunedì al sabato, verso le 7 del mattino si reca in zona corso Lodi, dove i giornalisti di Repubblica non sono ancora arrivati perché stanno leggendo la concorrenza con il loro abbonamento digital sul tablet, mentre bevono il caffè. Ritira otto copie del quotidiano. Poi vola in auto in via Solferino, dove i giornalisti del Corriere e della Gazzetta non sono ancora arrivati perché stanno leggendo Repubblica sul tablet mentre bevono il caffè a casa. E ritira Corsera e la Rosa.
Poi vola in via Negri, a raccogliere le copie del Giornale, quattro. Poi va a recuperare gli altri: la Stampa in via Paleocapa, il Giorno, il Messaggero, eccetera. Pare che invece Italia Oggi e IlSole24Ore arrivino per posta. La routine del turnista dei giornali si spezza il mercoledì, quando si spinge fino alla provincia milanese per recuperare il settimanale Panorama, a Melzo.
Poi iniziano le consegne. Le copie in via Filzi (Nucleo di polizia Tributaria), in via Melchiorre Gioia (comando regionale), in via Valtellina (provinciale) e in corso Sempione (interregionale).
L’auto di servizio ha un costo di carburante, il finanziere potrebbe cercare altro genere di mazzette. Ci chiediamo con stima: ma perché i comandanti non si fanno regalare un abbonamento digital e non leggono i quotidiani sul computer, mentre bevono il caffè? O forse sbagliamo: per fortuna qualcuno legge ancora i giornali cartacei.

Le gravi ‘dimenticanze’ di Fiera ed Expo sui controlli per mafia

C’è una crepa nel muro di controlli che avrebbe dovuto proteggere Expo  dalla mafia. Eppure ieri Roberto Maroni aveva rassicurato tutti (si fa per dire, visti gli esiti dell’inchiesta): “Dalla Direzione investigativa antimafia arrivò il via libera per Dominus”.

Invece ora si viene a sapere che Expo e Fiera ebbero un’amnesia fatale sulla società al centro dell’inchiesta che ha portato a 11 arresti a cui Nolostand spa, la controllata da Fiera spa ora commissariata, subappaltò i lavori per alcuni padiglioni.

Da fonti giudiziarie apprendiamo che  il nulla osta non poteva essere dato per una ‘dimenticanza’ alla base dei controlli: Expo e Fiera non inserirono Dominus, amministrata di fatto da 2 degli arrestati sospettati di contiguità con la mafia, in Si.Prex, la piattaforma informatica delle imprese operanti in Expo 2015. Dominus sarebbe stata indicata solo in un generico elenco cartaceo inviato da Fiera spa alla Prefettura e, per conoscenza, alla Dia e all’Autorità Nazionale Anticorruzione, il 16 maggio 2014. La lista comprendeva 216 fornitori abituali della Fiera che potenzialmente avrebbero potuto essere utilizzati per i lavori in Expo e quindi da sottoporre alle verifiche dellla Dia ma anche della Prefettura e delle altre forze dell’ordine.

Verifiche che però sarebbero scattate solo dopo l’inserimento di Dominus nella piattaforma Si. Prex. Un passaggio ‘saltato’ nonostante Dominus fosse diventata da ‘potenziale’ a concreta fornitrice di lavori per Expo, tanto da vedersi affidata la costruzione ddei padiglioni della Francia, della Guinea Equatoriale, del Qatar e persino la passerella calcata dai milioni di visitatori per accedere all’Esposizione Universale. (manuela d’alessandro)

La lettera anonima sull’amministratore mafioso cestinata da Fiera Milano

 

La lettera anonima sull’”amministratore mafioso” cestinata in Fiera Milano

Com’è possibile che una società leader mondiale negli allestimenti fieristici non si accorga di fare affari con due tizi sedicenti amministratori di un consorzio che  sono in realtà poco più di Totò e Nino Taranto alla prese con la vendita della fontana di Trevi? Per la Procura di Milano è potuto accadere per sciatteria, ma non ci sono reati (almeno per il momento).

“Ora state facendo politica”, ha ammonito il fresco procuratore capo Francesco Greco i cronisti che insistevano durante la conferenza stampa sulle presunte responsabilità penali di Fiera Milano nel non accorgersi che la sua controllata Nolostand spa aveva affidato in violazione dei codici etici la costruzione dei padiglioni di Expo a Giuseppe Nastasi e Liborio Pace, arrestati  per associazione a delinquere finalizzata a reati fiscali aggravata dalla finalità mafiosa. I due si presentavano come amministratori del consorzio Dominus ma sarebbe bastata una visura camerale per constatare che maneggiavano milioni di euro senza alcun titolo. I codici etici della Fiera prevedono che i contatti coi collaboratori esterni avvengano ” con la persona fisica o giuridica che rappresenta la parte”.

Di Liborio Pace si poteva sapere che era stato imputato in un procedimento per mafia, concluso con la sua assoluzione. Ma ancor di più sconcerta quello che si sarebbe potuto sapere su Giuseppe Nastasi. Il 16 marzo  arriva in Fiera una lettera che viene cestinata in cui viene definito un “mafioso”. Ebbene: se vi arrivasse la soffiata che una persona a cui state affidando dei lavori per voi molto preziosi è un “mafioso” cosa fareste? Enrico Mantica, il direttore tecnico di Nolostand (non indagato), telefona a Nastasi e  lo informa che qualcuno va  raccontando che lui è un mafioso. Scrivono i giudici della sezione misure di prevenzione che hanno commissariato Nolostand:  “Nastasi e Mantica discutono della lettera anonima ricevuta dal dirigente di Fiera Milano (“è arrivata una lettera che poi quando passa gliela faccio vedere…”). Mantica appare a quel punto restio nel proseguire telefonicamente l’argomento (“No, eh, ci sono altre  cose che poi meglio che ne parliamo di…Quando può…meglio evitare di parlarne al telefono dai!’)”. I due poi effettivamente si incontrano e, stando a quanto racconta Nastasi a un’amica, Mantica non è apparso turbato dal contenuto della letttera anonima: “‘Mi ha detto stia sereno…e mi è apparso serenissimo, tranquillo’”.

E così, chiosano i giudici, “per nulla scalfiti dal contenuto della lettera i rapporti tra Giuseppe Nastasi e i vertici operativi di Fiera Milano – Nolostand spa divengono sempre più fitti con il passare dei giorni, al fine di ottenere la proroga del contratto di servizi con Nolsotand spa per il triennio 2016 – 2018 (…)”. Nolostand è stata commissariata: la legge prevede che per questa misura non è necessario che l’azienda abbia commesso reati, basta solo che il libero esercizio di un’attività economica, a causa di una condotta dei sui dirigenti censurabile sul piano colposo, abbia l’effetto di agevolare persone indagate per gravi reati”.  (manuela d’alessandro)

Il decreto che commissaria Nolostand

 

Procura bocciata su Antinori: la rapina di ovuli non esiste, non sono “cose”

 

La rapina di ovuli, reato contestato per la prima volta dalla Procura di Milano a Severino Antinori, non esiste perché gli ovuli non sono “cose” ma parti del corpo umano.

Il Tribunale del Riesame mette un punto fermo nel caos etico – giuridico sollevato dall’ indagine che ha portato il 13 maggio all’arresto del ginecologo e derubrica da rapina a violenza privata il presunto prelievo con la forza di 8 ovuli a una giovane infermiera spagnola.

Chiariscono i giudici: “Finché in vita, il corpo umano non è una cosa e si differenzia dalle cose mobili e immobili. Così gli organi e le parti del corpo vivente (tra cui gli ovociti) non possono essere considerati cose mobili riconducibili alla normativa dei reati contro il patrimonio (…). Le parti del corpo diventano mobili solo una volta separate ma non fanno parte del corpo vivente”. Se non si puà parlare di “detenzione del fegato”, si può invece farlo con le parti che per vari motivi vengono separate.  Come i capelli o i denti. “Non si tratta di esempi macabri ma di scuola: la madre che conserva i denti da latte del bambino, la donna che cede i propri capelli per il confezionamento delle parrucche”.

Nuovi problemi, vecchi principi. “La legge sulla procreazione assistita – conclude il presidente del collegio Cesare Tacconi – non sposta la questione in quanto riguarda sul versante penale la commercializzazione degli ovuli ma non consente di ritenerli cose mobili allorquando fanno parte del corpo”.  (manuela d’alessandro)