giustiziami

Cronache e non solo dal Tribunale di Milano

Abu Omar, Italia condannata da Ue… Tortura non è reato

La corte europea dei diritti umani ha condannato l’Italia per il rapimento e la detenzione illegale di Abu Omar. Il nostro paese dovrà risarcire con 70 mila euro l’ex imam e con altri 15 mila euro la moglie, entrambi parte civile al processo in cui furono condannati gli uomini della Cia e “assolti” a causa del segreto di stato quelli del Sismi.

Secondo la corte internazionale le autorità italiane erano a conoscenza dell’operazione di extraordinary rendition mentre Abu Omar vide violati i suoi diritti di non essere sottoposto a tortura e maltrattamenti.

La decisione di Strasburgo ridicolizza i comportamenti dei governi di “diverso” colore da Prodi a Berlusconi a Monti a Letta a Renzi che apposero il segreto di Stato su quanto accadde a febbraio del 2003 a Milano e anche la Grazia concessa da Mattarella a due degli imputati americani. Questo accade nel paese in cui la politica ha dimostrato ampiamente di non voler ratificare la convenzione internazionale contro la tortura affinchè la stessa tortura diventi un reato tipico del pubblico ufficiale.

E non vuole farlo nemmeno adesso che un giovane ricercatore Giulio Regeni è stato tortura e ucciso in Egitto, il paese in cui Abu Omar fu trasferito dopo il rapimento per essere sottoposto ad atroci maltrattamenti. E dove ancora adesso è trattenuto illegalmente dal momento che non può uscirne, dopo che l’Egitto non aveva risposto alle richieste di assistenza giudiziaria formulate dalla magistratura italiana.

Ai danni di Abu Omar si scatenò un’operazione di terrorismo di stato, anzi di più stati considerando il passaggio attraverso una base Usa in Germania e le responsabilità della Cia. Obama, che non ha mantenuto la promessa di chiudere quel simbolo della negazione dello stato di diritto a nome Guantanamo, ha ringraziato Mattarella per la grazia concessa a due imputati. In Italia il Parlamento fa finta di niente perchè “le forze dell’ordine” non vogliono che la tortura sia sanzionata come reato. Evidentemente hanno tutta l’intenzione di continuare a praticarla. (frank cimini)

Il bimbo di 10 anni e la ‘ndrangheta: “Sono un Muscatello, voglio far paura come te”

A 10 anni si dovrebbe avere paura di tirare un calcio di rigore. Dall’ordinanza a carico di 28 presunti affiliati alla ‘locale’ di Mariano Comense sbuca con passo militare un ragazzino che di coraggio ne ha da farsi scoppiare le vene e ha già deciso quale sarà la squadra della vita.

“Voglio venire a lavorare con te perché sei una persona temuta, sei un Muscatello”.  Il suo papà, uno del clan che da decenni si mangia un pezzo di libertà di questo paese tra Como e Milano, è fiero come lo sarebbe quello del piccolo calciatore vedendolo guardare il portiere negli occhi.  ”Veniva registrato – si legge nel provvedimento firmata dal gip Andrea Ghinetti su richiesta della Dda – un colloquio nel corso del quale D. Muscatello raccontava che il figlio cercava di seguire le orme del cugino L. in quanto a dire del bambino era una persona temuta anche per la sua appartenenza alla famiglia Muscatello”. “Nel corso della discussione – prosegue il gip – D. si compiaceva del fatto che il figlio di appena dieci anni facesse gia’ determinati ragionamenti ‘voglio venire a lavorare con te (inteso L. Muscatello)…lo temevano a L….si divertono perche’ e’ un Muscatello’”. Papà e cugino del bimbo sono tra gli arrestati accusati di associazione mafiosa finalizzata a traffico di droga, estorsioni, rapine. Cosa sarà di questo soldatino della ‘ndrangheta? A Reggio Calabria il Tribunale per i Minori da qualche anno ha adottato il protocollo ‘Liberi di scegliere’ che prevede, in casi molto gravi come la condanna definitiva dei genitori, la sottrazione dei minori alle famiglie. (manuela d’alessandro)

Morire di amianto in metro, chiesto il processo per ex dirigenti di Atm

Sono morti in sei in sei anni, tra il 2009 e il 2015, tutti coi polmoni triturati dal mesotelioma o dal cancro, tutti dipendenti dell’Azienda Trasporti Milanesi (Atm). Un autista di bus, due elettricisti, un meccanico, un addetto alla manutenzione delle macchine, un operaio. Altri due sono vivi col respiro mozzato dalle placche pleuriche.

Per il pm Maurizio Ascione, i responsabili di questo strazio sono due ex direttori generali della società: Elio Gambini, 84 anni, e Roberto Massetti, 76. Tra il 1998 e il 2001, quando la presenza di amianto in metropolitana e in altre strutture aziendali  era “massiccia”, non avrebbero applicato la legge in tema di prevenzione e nemmeno informato i lavoratori dei rischi che correvano. Le polveri galleggiavano ovunque: nei depositi degli autobus e nei tunnel della metropolitana, nei tetti in eternit degli hangar dove la notte riposano i mezzi. Toccava ai manager, sostiene Ascione che da anni si occupa delle vittime da esposizione di amianto, proteggere i dipendenti facendo applicare le regole di sicurezza: maschere sul viso; tute da lavare periodicamente; viste mediche; manutenzione dei luoghi a rischio. Gli indagati, convocati a ottobre per un interrogatorio, si sono avvalsi della facoltà di non rispondere di fronte alle accuse di omicidio colposo e lesioni gravi.

Nel luglio scorso, il pm Ascione aveva ottenuto la sua prima vittoria: la condanna fino a 7 anni per 11 ex manager di Pirelli per la morte di 24 operai.  In precedenza, i processi per l’amianto alla Franco Tosi e all’Enel di Turbigo si erano conclusi con l’assoluzione di tutti gli imputati. (manuela d’alessandro)

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