giustiziami

Cronache e non solo dal Tribunale di Milano

Un logo per Bruti, Expo sponsor della procura o viceversa?

C’è il coloratissimo logo ufficiale di Expo sulla pagina 8 della relazione sul bilancio della responsabilità sociale preparata da Edmondo Bruti Liberati. Siamo nell’aula magna del palazzo di giustizia per l’ultimo atto della carriera in toga del procuratore capo che dal 16 novembre andrà in pensione. In pratica è una sorta di “messa cantata” e a officiare il rito ci sono il ministro Andrea Orlando, il rettore del politecnico Giovanni Azzone, il sindaco Giuliano Pisapia, il presidente dell’ordine degli avvocati Remo Danovi.

“Sensibilità istitituzionale è rapidità delle indagini per consentire ad altre articolazioni della società di intervenire per assicurare la prosecuzione delle opere in condizioni di ripristinata legalità”. Con queste parole Bruti risponde ai giornalisti che gli chiedono a cosa si riferisse Renzi il quale prima in agosto e poi ieri aveva “ringraziato” la procura di Milano per la sensibilità istituzionale dimostrata in relazione a Expo.

“Sensibilità istituzionale significa che la procura ha rispettato la legge” è invece l’ineffabile spiegazione del guardasigilli. Come dire che un panettiere ha fatto il pane. Quelle parole del presidente del consiglio, dette nel bel mezzo dell’evento e poi ribadite a distanza di 3 mesi  dopo la chiusura formale dell’esposizione, rappresentano una pietra miliare di una vicenda di cui si parlerà ancora a lungo.

Quel logo sulla relazione del procuratore può essere un incrocio tra un lapsus freudiano e un bollino di garanzia sul fatto che tra le ragioni del “successo” di Expo 2015 c’è stata la moratoria sulle indagini al fine di non disturbatore il manovratore (frank cimini e manuela d’alessandro)

I 4 anni di carcerazione preventiva di Daccò, la foto simbolo di un abuso

L’uomo molto magro che vedete seduto e girato all’indietro tra i banchi dell’aula del processo Maugeri è Pierangelo Daccò. Il 17 novembre compirà quattro anni di carcerazione preventiva a Bollate dove è detenuto dopo l’arresto per bancarotta fraudolenta nell’ambito di un’indagine sul crac dell’ospedale San Raffaele. Quattro anni di carcerazione preventiva: un’enormità. Difficile ricordare casi analoghi, anche per reati più gravi. “In materia di custodia cautelare – spiegò uno dei più brillanti giuristi italiani, Valerio Onida intevistato sugli abusi della galera preventiva - dovrebbero valere sempre elementari principi di civiltà giuridica, tante volte affermati dalla Corte Costituzionale e dalla Corte europea del diritti dell’uomo.  L’accusato in attesa di giudizio si presume non colpevole (…). Le condizioni che legittimano la misura restrittiva devono di norma essere accertate in concreto e le misure adottate devono essere proporzionate e ristrette al minimo indispensabile per fronteggiare in concreto le riscontrate esigenze cautelari”. Il 7 maggio 2014 la Cassazione ha annullato in parte la sentenza d’appello con la quale Daccò era stato condannato col rito abbreviato a 9 anni di carcere per il dissesto finanziario del San Raffaele. L’ex uomo d’affari, 59 anni, dovrà attendere ancora molto per una sentenza definitiva: un nuovo appello e una probabile nuova Cassazione. Nel frattempo, partecipa alle udienze del processo Maugeri, dove è accusato di associazione per delinquere e corruzione, da detenuto per altra causa. (manuela d’alessandro)

ps abbiamo mostrato la foto di un detenuto perché riteniamo che la sua carcerazione preventiva sia un abuso. Da parte nostra, nessuna valutazione sulla sua innocenza o colpevolezza che spetterà ai giudici stabilire in via definitiva.

ps2 finalmente, il 3 dicembre sono stati concessi i domiciliari a Daccò

 

Assolto Mannino, requiem per la trattativa stato – mafia

C’è un giudice a Palermo provincia di Berlino? Sembra proprio di sì. L’ex ministro Calogero Mannino è stato assolto al termine di un processo con rito abbreviato dall’accusa di minaccia a organismo politico amministrativo o giudiziario dello stato, il reato con il quale il dottor Antonio Ingroia, “il Tonino del terzo millennio” aveva inteso fotografare la presunta trattativa Stato-mafia. La vicenda è al centro di un altro processo con rito ordinario che dura da oltre due anni con diversi imputati (Riina, Dell’Utri, Mori, Obinnu) costato fin qui un sacco di soldi e che sembra destinato a fare la stessa fine del rito abbrevviato con Mannino. Ma intanto l’iter prosegue. Continua a leggere

Bruti: “non coordino più indagini Expo”. Indagini?

Il capo della procura di Milano Edmondo Bruti Liberati con una circolare inviata ai suoi pm e al Csm comunica di aver soppresso la cosiddetta ‘Area omogenea Expo’ e di non essere più il coordinatore degli accertamenti connessi all’esposizione incarico che si era autoassegnato nel pieno dello scontro con l’allora aggiunto Alfredo Robledo. Bruti scrive anche di “obiettivi raggiunti”, ricordando che i filoni più rilevanti si sono conclusi con rito immediato e patteggiamenti. D’ora in poi qualsiasi pm dice il capo della procura, che tra due settimane andrà in pensione, coordinerà il pezzo di inchiesta coassegnato.

Insomma con la chiusura formale di Expo Bruti Liberati tira le sue conclusioni. Bilancio molto positivo, a sentire il procuratore. Ma bisogna capire bene di che cosa si sta parlando. Molti mesi prima dell’inaugurazione formale dell’esposizione in realtà gli accertamenti si erano fermati “per non disturbare il manovratore”. Bocce tirate insieme alla convalida dei patteggiamenti di Primo Greganti e Gianstefano Frigerio, personaggi già rottamati vent’anni fa. In agosto Bruti si era preso pure un bel grazie dal capo del governo Matteo Renzi “per la sensibilità istituzionale”. Renzi indicava il comportamento di Bruti tra le ragioni del “successo” di Expo.

In verità la procura ha scelto di fare parte del cosiddetto “sistema paese” che a Parigi aveva fatto blocco per sgominare le terribili armate di Smirne. La scelta è sta quella di non approfondire, come dicono a Napoli “di non sfottere la mazzarella a San Giuseppe”. Una vera e propria moratoria sulle indagini, con tanti saluti a quell’obbligatorietà dell’azione penale che l’Anm è pronta a sbandierare in ogni convegno e comunicato stampa.

Da coordinare non c’è un bel niente e la circolare mandata in giro oggi dimostra, se mai ce ne fosse bisogno, che l’istituzione dell’area omogenea con Bruti coordinatore unico era solo un passaggio strumentale nella guerra interna alla procura. Adesso che Expo ha chiuso i battenti e che Robledo nel frattempo è a Torino a fare il giudice, si ritorna alla “normalità”.

Il succo è che la magistratura spesso fa valutazioni politiche, iniziativa che non competerebbe a meri vincitori di concorso i quali in pratica non rispondono a nessuno perché chi dovrebbe controllare fa finta di nulla. A Bruti le valutazioni politiche furono rimproverate dai pm di Brescia nell’assolverlo dal reato di abuso d’ufficio, ma sono parole rimaste senza conseguenza. Del resto va ricordato poi che nella vicenda recitò un ruolo importante l’allora capo dello Stato Giorgio Napolitano precisando che i poteri dei capi degli uffici sono praticamente senza limiti. E Napolitano era pure il capo del Csm. Non risulta che il suo successore abbia cercato di capirci qualcosa.

Il risultato è che il direttore generale di Expo, Peppino Sala, ha buone probabilità di fare il sindaco, come candidato del centrosinistra non osteggiato dal centrodestra considerando che fu a Palazzo Marino con Letizia Moratti. Insomma è il candidato del partito della nazione… e della procura di Milano. Politici e magistrati quando si mettono d’accordo riescono a fare più danni di quando litigano (frank cimini e manuela d’alessandro)

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Il giudice Saguto chiede di venire a Milano dove voleva piazzare il figlio chef

A Milano, coi favori dell’amico avvocato, sognava di trovare un posto al sole per il figliolo chef. E nella “capitale morale”, mentre attorno a lei divampava l’inchiesta di Caltanissetta e decideva di lasciare l’amara Palermo, piantava la bandierina dei suoi desideri. Tra la fine di settembre e i primi di ottobre, il magistrato antimafia Silvana Saguto ha compilato due domande per diventare presidente di sezione o magistrato della corte d’appello a Milano mostrando una salda sicurezza nella sua innocenza.

Il curriculum brillerebbe se non fosse che, nelle prossime ore, il Csm potrebbe sospendere dalle funzioni e dallo stipendio l’ex presidente della sezione misure di prevenzione del Tribunale di Palermo. Induzione, corruzione e abuso d’ufficio: la Procura di Caltanissetta le contesta di avere affidato all’avvocato Cappella Seminara gli incarichi più redditizzi in cambio di favori, oltre che di aver fatto per tre anni la spesa in un supermercato sequestrato, pagando di tanto in tanto, e avere usato la scorta per comprare frutta, verdura e filo interdentale. In un’intercettazione agli atti, Saguto chiede all’avvocato Seminara, amministratore dei più grossi patrimoni mafiosi a Palermo, di cercare un ristorante milanese dove far lavorare il figlio cuoco.

“A Palermo non ci torno più – aveva dichiarato il magistrato dopo che il Csm ha accolto la sua richiesta di trasferimento -  Non ci lavorerò mai più, né mai più mi occuperò di misure di prevenzione… Forse abbiamo dato troppo fastidio e hanno voluto fermarci. Non so quanto i colleghi di Caltanissetta e i finanzieri se ne siano resi conto”.(manuela d’alessandro)