giustiziami

Cronache e non solo dal Tribunale di Milano

Il vigilante che “fece entrare” Giardiello: non aveva una pistola, sono certo

“Guardi, gliel’assicuro: se Giardiello fosse passato con una pistola dal metal detector, il dispostivo avrebbe segnato 4 asterischi, il livello massimo di allerta.E io l’avrei perquisito fino a trovargli l’arma”.

E’ un vigilante esperto e cortese, abituato da anni a decifrare i sussulti dei sistemi di sicurezza, il guardiano che, secondo la ricostruzione della Procura di Brescia, avrebbe fatto passare Claudio Giardiello da un varco del Tribunale di Milano nonostante il ‘beep’ del metal detector. “Ecco, vedete  se uno passa con una moneta in tasca il dispostivo segna un asterisco rosso, ma se uno passa con una pistola, come sto facendo io adesso, di asterischi ne spuntano quattro. E nessuno, neanche il più impreparato tra noi, non farebbe altri controlli. Per prassi invece non si insiste con chi fa segnare una sola tacca, che viene fatto passare anche senza approfondimenti”. Analizzando le due telecamere di sorveglianza che riprendono il passaggio al metal detector nell’accesso di via San Barnaba, gli inquirenti avrebbero visto prima una persona davanti a Giardiello che entra e viene sottoposta allo scanner mentre l’immobiliarista non viene fermato dopo che il metal detector aveva suonato, senza che per lui scatti la procedura di controllo manuale.

La guardia della ‘All System’, una delle aziende che si occupa della sicurezza del Palazzo, non è scossa dalla possibilità di essere coinvolto nell’inchiesta dei magistrati bresciani sulla strage e sulle presunte falle del sistema di controllo. “Non ho niente da nascondere, sono tranquillo. I pm comunque non mi hanno chiamato finora”. L’ipotesi del vigilante, molto plausibile, è che Giardiello, sorpreso dalle telecamere mentre entra da via San Barnaba alle 8 e 40 del 9 aprile, possa avere fatto scattare l’allarme perché addosso aveva un oggetto metallico non pericoloso.  E quindi sia stato fatto passare senza ulteriori scrupoli.

Come entrò allora in Tribunale la pistola con la quale Giardiello bruciò e sue ossessioni giudiziarie uccidendo il giudice Fernando Ciampi, l’avvocato Lorenzo Claris Appiani e Giorgio Erba, suo coimputato nel processo per bancarotta? Se, come sembra escludano adesso gli inquirenti, non la introdusse beffando i controlli mostrando un tesserino falso in uno degli ingressi riservati, potrebbe averla ‘depositata’ giorni prima nel Palazzo, magari grazie a un complice. “Ma che io l’abbia fatto entrare con la pistola, ve lo garantisco, è un’assurdità”.

(manuela d’alessandro)

‘Spese pazze’, le motivazioni della condanna ai consiglieri regionali

Un piatto di gnocchi, gli slip, le aragoste. Miserie e nobiltà di una vita, “spese compulsive” per il giudice di Milano Fabrizio D’Arcangelo che così le definisce nelle motivazioni alla sentenza di condanna col rito abbreviato a carico di tre ex politici del Pirellone – Carlo Spreafico (Pd), Alberto Bonetti Baroggi (eletto nelle file del Pdl) e Angelo Costanzo (Pd)  – a pene fino a 2 anni. Il procedimento è quello sulla presunta ‘rimborsopoli’ lombarda tra il 2008 e il 2012 nell’ambito del quale il gup ha anche rinviato a giudizio 56 persone, tra cui Renzo ‘Trota’ Bossi e Nicole Minetti.

Spese spesso prive “dell’ indicazione dei dati del cliente” e delle “occasioni di rappresentanza” che giustificavano quegli esborsi. Più che per i libri o per altre attività ludiche, annota il giudice, i soldi pubblici finivano in “pranzi, cene o rinfreschi”. Nelle motivazioni della sentenza, il gup evidenzia come “le finalita’ sociali (di raccordo con la societa’ civile)” potevano consentire che venissero rimborsate ai consiglieri anche le spese per “iniziative di segno strettamente politico-partitico”, oltre che quelle relative al gruppo consiliare, ma era certamente necessaria una “adeguata documentazione”. Invece qui le ‘pezze d’appoggio’ non ci sarebbero state o comunque non erano in grado di attestare che l’”evento conviviale fosse attinente all’attività istituzionale” .

(m. d’a.)

qui il documento integrale: Sentenza

 

La manager cinese che morde il finanziere, il primo mistero di Expo

E arriva il primo mistero di Expo che, manco a dirlo, ha per protagonista la Cina. Da stamattina è la notizia più cliccata tra i padiglioni dell’Esposizione: una top manager cinese di 38 anni è stata arrestata dalla Guardia di Finanza perché ha morso la mano a un militare dopo essersi rifiutata di mostrargli il passaporto. Strano, no? Perché mai una donna che viene descritta come la Marcegaglia del Sol Levante dovrebbe nascondere la propria identità?

Secondo fonti legali, sarebbe stata intimorita dai finanzieri che, presentandosi in borghese nel residence della delegazione del suo Paese, le sono parsi i ‘tipici’ italiani truffatori tanto temuti dalla comunità straniera ospite di Expo. Arrestata per resistenza a pubblico ufficiale e processata per direttissima, la signora ha fatto pure un giro al pronto soccorso per farsi curare i lividi causati dalle manette. Anche il finanziere si è fatto vedere dai medici per mettere a referto i denti della cinese.”C’è stata poca cautela nella modalità del controllo, in Cina le ispezioni da parte di agenti in divisa sono infrequenti”.

La Guardia di Finanza racconta tutta un’altra storia, perfino con un’altra protagonista e un altro scenario. La donna, non proprio una top manager, sarebbe stata arrestata durante un controllo in un capannone a Baranzate, lontanuccio da Expo, dove dormirebbe assieme ad altri suoi connazionali in un ambiente non proprio lindo e signorile.  Qui i finanzieri cercavano, e avrebbero trovato, prodotti contraffatti col marchio Expo. I cinesi presenti si sarebbero messi a filmare i controlli degli agenti e, di fronte all’invito dei militari a non riprenderli, sarebbe nata una discussione molto concitata al culmine della quale la signora avrebbe morso la mano a un finanziere. Si racconta che il console, pur essendo piccato per quanto avvenuto, abbia dovuto fare grande training dipomatico per mantenere il controllo.  Ma la versione che aveva era quella giusta? (manuela d’alessandro)

 

Ferito sta ancora male, processo a Giardiello rinviato a ottobre

Trovata la soluzione. Claudio Giardiello non sarà in aula e non ci sarà neppure l’udienza di domani, con un rinvio che permetterà di calmare le acque, come chiedevano gli avvocati.

Il nuovo collegio della seconda sezione penale presieduto dal giudice Lorella Trovato ha rinviato al 15 ottobre il processo per bancarotta a carico di Claudio Giardiello, l’autore della strage in Tribunale. Decisione che arriva accogliendo il legittimo impedimento presentato da Davide Limongelli, coimputato e parente di Giardiello, ferito gravemente nella sparatoria, ora fuori pericolo di vita ma comunque in condizioni serie. In secondo luogo, per attendere la pronuncia della Cassazione sulla richiesta di spostare il processo a Brescia avanzata dal nuovo difensore di Giardiello, l’avvocato Antonio Cristallo, che giudica impossibile celebrare quel dibattimento, a Milano, con la necessaria serenità. La scorsa settimana altri legali avevano scritto al collegio chiedendo di riflettere sull’opportunità di un rinvio: avevano assistito alla sparatoria in aula, avevano soccorso i feriti, lo choc era stato duro, non si sentivano pronti a riprendere il processo con il rischio di trovarsi di fronte proprio a Giardiello il quale, in quanto imputato, aveva diritto e intenzione di prendervi parte.

Il caso del magistrato ubriaco in bici fa giurisprudenza

Fa giurisprudenza la sentenza di condanna inflitta dalla Corte di Cassazione a un magistrato milanese sorpreso a guidare ubriaco la sua bicicletta. La Suprema Corte ha confermato a febbraio la pena a due mesi e venti giorni di arresto e a un’ammenda di 800 euro per il ciclista togato, verdetto che da giorni viene commentato sui principali siti specializzati in diritto.

Il reato di guida in stato di ebbrezza – questo è il cuore della pronuncia – può essere commesso anche sulle due ruote.  Per la Corte “ciò che conta è l’effettiva idoneità del mezzo ad interferire con il regolare e sicuro andamento della circolazione stradale, con la conseguente creazione di un obiettivo e concreto pericolo per la sicurezza e l’integrità del pubblico degli utenti della strada”.  Fermato e sottoposto all’etilometro che aveva accertato un tasso alcolemico pari a 1,97 grammi per litro, il magistrato ha provato in tutti i modi a convincere i colleghi ad annullare le precedenti condanne che gli erano state inflitte a Brescia nei primi due gradi di giudizio. Implacabili gli ‘ermellini’: non solo hanno confermato le sentenze,  ma si sono rivelati molto severi nel distruggere tutti i motivi d’appello, a cominciare dalla “pretesa inapplicabilità della disciplina penalistica della guida in stato di ebbrezza alla conduzione di veicoli non motorizzati (e segnatamente della bicicletta)”. L’imputato aveva sostenuto inoltre di essere montato in sella alla bici “spinto dalla “necessità di sottrarsi al pericolo di una danno grave alla persona” perché aveva fretta di tornare a casa per curare una fastidiosa “cefalea a grappolo”. Un argomento definito dalla Cassazione “congetturale”. Respinta, infine, la richiesta del ricorrente di riconoscere la tenuità del fatto. Non si può dire che al povero magistrato, cui va la nostra umana simpatia, sia stato riservato un trattamento di favore. Magistrato mangia magistrato, a volte. (manuela d’alessandro)