giustiziami

Cronache e non solo dal Tribunale di Milano

Fabio Riva, il latitante che Londra non vuole consegnare all’Italia

Dice, amaro, un investigatore: “In Inghilterra c’è la giustizia di classe, se sei ricco non ti estradano”.   

Fabio Riva, 60 anni, quando il 27 novembre 2012 parte l’ordine di arresto da Taranto con l’accusa di disastro ambientale, si trovava già a Londra. Si costituisce a Scotland Yard ottenendo la libertà vigilata su cauzione. Il 22 maggio 2014 il gip di Milano gli notifica un mandato di arresto europeo per associazione a delinquere e truffa ai danni dello Stato. Sono passati più di due anni e la giustizia inglese sembra non avere nessuna intenzione di estradare il figlio di Emilio Riva, patron del gigante siderurgico morto quando già la sua ‘creatura’ stava franando.

Nel frattempo, per quella presunta truffa da cento milioni sui rimborsi pubblici, il già vicepresidente di Riva Fire  è stato condannato il 21 luglio 2014 a sei anni e mezzo di carcere e a pagare, in solido con altri imputati, una provvisionale di 15 milioni di euro allo Stato.  In Inghilterra a un certo punto, nel 2013, sono iniziate le udienze per l’estradizione di Fabio Riva. I suoi avvocati hanno cercato di convincere la Corte britannica  degli errori della magistratura italiana. Per il versante ambientale si è scomodato il professor Suresh Moolgaukar, di Exponent, un’associazione mondiale di esperti, nata per fornire consulenza alle aziende su come affrontare i temi critici legati all’ambiente. Poi, radi contatti tra  i pubblici ministeri italiani che coordinano l’indagine e i giudici britannici. I primi che chiedono nuove, i secondi che temporeggiano. 

Ieri il Tribunale fallimentare di Milano ha dichiarato lo stato di insolvenza di Ilva, un passaggio obbligato per permettere di portare avanti l’amministrazione straordinaria e di salvare quel che resta dell’ex diamante di famiglia. Con la certificazione del crac, Fabio Riva rischia la nuova accusa di bancarotta fraudolenta. “Quando chiediamo l’estradizione di un nomade basta un secondo – considerano in Procura – qui stanno passando gli anni”. (manuela d’alessandro)

*L’8 maggio 2015 i giudici inglesi hanno accolto la richiesta di estradizione

Erri De Luca, ecco perché uno scrittore non può essere accusato di istigazione

“Recentemente si è tenuta avanti al Tribunale di Torino la prima udienza che vede imputato il noto scrittore Erri De Luca per alcune affermazioni contenute in una intervista rilasciata dallo stesso ad Huffington Post a proposito della attività di sabotaggio in corso da anni in Val di Susa contro la costruzione della linea alta velocità.

Il processo scaturisce dalla denuncia presentata da una impresa costruttrice, e che la Procura di Torino, con il succesivo avallo del Giudice della Udienza preliminare, ha ritenuto di qualificare ai sensi dell’art. 414 del Codice Penale che punisce con pena da 1 a 5 anni “chiunque pubblicamente istiga a commettere uno o più delitti”.

Al di là dell’ evidente eclatanza dell’ iniziativa, non si riscontrano in epoca recente analoghi casi di scrittori mandati “alla sbarra” come istigatori per avere espresso una opinione, qualsivoglia essa sia , qualche considerazione giuridica sulla fattispecie penale contestata si impone. Continua a leggere

L’indagine sui siriani anti – Assad: terrorismo o reati comuni?

La Procura di Milano indaga su uno ‘spicchio’ di guerra civile siriana nel nostro Paese.

Tra la fine del 2011 e il 2012, mentre cresceva la protesta popolare contro Bashar Al – Assad, un gruppo di siriani mise a segno una serie di aggressioni, pestaggi, devastazioni, minacce ai danni di connazionali da loro ritenuti a favore del dittatore. Tra gli atti più violenti, l’assalto ai titolari di un bar a Cologno Monzese da parte di uomini armati di bastone e spranghe che parlano in arabo e accusano i due baristi (cristiani) di sostenere il regime.

Reati comuni oppure terrorismo? Il procuratore aggiunto Maurizio Romanelli e i pm Alessandro Gobbis e Adriano Scudieri, dopo una lunga ponderazione, scelgono di contestare l’articolo 270 bis, quello che punisce l’associazione internazionale finalizzata al terrorismo, introdotto dopo gli attentati alle Torri Gemelle. La fazione dei ‘giusti’, così veniva acclamata in quei giorni da tutto l’occidente, viene accusata di terrorismo. Spingendosi in questa direzione, i pm tengono conto anche della ‘proiezione’ internazionale del gruppo che preparava armi chimiche contro Assad in Siria e si rendeva protagonista, attraverso il suo leader Haisam Sakhanh, un elettricista di Cologno partito al fronte, di un’esecuzione sommaria ai danni di sette soldati inginocchiati e torturati. Fonti investigative spiegano che si è optato per il 270 bis perché le azioni truci erano finalizzate a intimidire un’intera fascia di popolazione con una determinata caratteristica, quella di appartenere agli adepti di Assad. Allo stesso modo sarebbe stato terrorismo se i fan del dittatore avessero ‘perseguitato’ i ribelli. In passato, l’articolo 270 bis è stato ipotizzato nella maggior parte dei casi per islamici che reclutavano combattenti da mandare nelle zone di guerra o raccoglievano denaro per la causa. Qui siamo in uno scenario abbastanza inedito dagli esiti, a livello processuale, non scontati. (manuela d’alessandro)

NoTav, condanne a 140 anni di carcere per 2 manifestazioni

E’ il paese dell’emergenza infinita, dove la soluzione dello scontro sociale e politico è affidata al processo penale, con tutti i i partiti e le toghe uniti nella lotta. Il Tribunale di Torino ha condannato 47 militanti NoTav (assolvendone 6) a 140 anni di carcere in relazione a due manifestazioni tra giugno e luglio del 2011.

Resistenza e lesioni a pubblico ufficiale, dice il capo di imputazione della procura, accolto in sostanza dai giudici, alla fine di un processo celebrato nell’aula bunker delle ‘Vallette’ in un clima da anni di piombo, limitando l’accesso del pubblico a non più di una cinquantina di persone per udienza.

Tutto ciò accade mentre la realizzazione del treno ad alta velocità è messa in discussione persino da alcuni dei suoi fautori perché, se ne sono accorti adesso, costa troppo. Da Torino arriva un messaggio politico che va al di là del processo specifico, la sentenza durissima e spropositata vuole essere un avvertimento a chiunque si sta ribellando o pensasse di farlo. E’ una sentenza politica che ha anche il sapore della vendetta interna alla magistratura, per ridimensionare le scelte della Cassazione e della corte d’assise di Torino che in un’altra vicenda NoTav avevano azzerato l’accusa di aver agito con finalità di terrorismo in riferimento all’azione contro il cantiere di Chiomonte del 14 maggio 2013.

E la sentenza con 47 condanne arriva a pochi giorni dalle parole del Pg torinese Maddalena che, in occasione dell’inaugurazione dell’anno giudiziario, aveva criticato la sottovalutazione della gravità della violenza politica da parte di suoi colleghi. (frank cimini)

Sugli schermi ‘pubblici’ comprati coi soldi Expo la propaganda di Anm contro Renzi

 

L’Associazione Nazionale Magistrati, a cui aderisce circa il 90 per cento delle toghe (non tutte!), utilizza ormai da diversi giorni gli schermi acquistati coi soldi Expo e collocati in diversi punti del Palazzo di Giustizia di Milano, per fare propaganda contro il Governo. (quel-monitor-di-expo-al-passo-carraio-dove-non-serve-a-nessuno)

Nella foto si vede uno dei monitor al piano terra raffigurare una vignetta che ironizza sulla responsabiità civile dei magistrati voluta dal governo Renzi.

Perché parliamo di propaganda?  L’Anm è una sorta di sindacato dei magistrati che, in quanto tale, tutela gli interessi dei suoi iscritti nelle forme che ritiene più opportune. Ha acquistato pagine di giornale per difendersi da quella che ritiene una riforma ingiusta e delegittimante, ha organizzato il giorno dell’apertuta dell’anno giudizario una conferenza stampa del suo leader Rodolfo Sabelli per spiegare all’opinione pubblica le sue ragioni. Fin qui, nulla da ridire.

Quello che non ci piace è che l’associazione esponga le proprie, sindacabili ragioni attraverso gli schermi comprati coi soldi pubblici di Expo e che dovrebbero servire per dare informazioni utili alla collettività in transito per il Tribunale tutti i giorni. Decine di persone che vorrebbero sapere dove si trova un’aula, non perché ai magistrati non vada giù la riforma della giustizia. (manuela d’alessandro)