giustiziami

Cronache e non solo dal Tribunale di Milano

Anche Maroni sta scivolando lì…
E non si presenta al pm

Il governatore lombardo Roberto Maroni stamani avrebbe dovuto presentarsi in procura a Milano davanti al pm Eugenio Fusco che gli aveva inviato un invito a comparire per induzione indebita e turbata libertà di scelta del contraente. Entrambe le accuse fanno riferimento ai rapporti tra Maroni e la sua amica Maria Grazia Paturzo, da un lato assunta nella società Expo2015  e dall’altro lato candidata a partecipare a un viaggio a Tokio del presidente della giunta regionale, al quale Maroni rinunciò perchè Expo si sarebbe rifiutato di pagare il soggiorno della donna.

Maroni rifiutò di di andare a rappresentare la Regione a Tokio solo poche ore prima della partenza, evidentemente contrariato dal fatto che Expo non avesse aderito al suo desiderio di avere in delegazione l’amica Paturzo con spese a carico della società. Insomma a colui che promise di usare le scope per ripulire il Carroccio in seguito all’inchiesta sul “cerchio magico” non passò nemmeno per l’anticamera del cervello di tirare fuori lui (che ogni mese incassa uno stipendio non certo basso) i 6.500 euro di viaggio e soggiorno per la ragazza.

L’interrogatorio di Maroni sarebbe stato l’ultimo atto dell’inchiesta. E’ saltato per decisione legittima dell’indagato, alla fine di una lunga trattativa tra il pm e l’avvocato difensore Domenico Aiello. L’indagine dovrebbe essere chiusa a gennaio con il deposito delle carte.  A quel punto Maroni potrà chiedere lui di essere sentito in procura, dopodichè con ogni probabilità ci sarà la richiesta di processo. Nella vicenda delle assunzioni l’accusa si fa forte a sostegno delle sue tesi della decisione di un indagato, Alberto Brugnoli, manager di Eupolis, di patteggiare. Nel caso del mancato viaggio a Tokio la rilevanza penale del comportamento di Roberto Maroni appare un po’ più sfumata, anche se la storia è sicuramente indecorosa a livello politico. Ma il governatore lombardo non è certo l’unico politico a fregarsene ampiamente dei danni reputazionali. Diciamo che è in buona compagnia e, se dovesse essere condannato per l’induzione indebita, rischia di decadere dalla carica per la legge Severino.  (frank cimini)

Rinviato il convegno sull’omogenitoralità,
“pressioni” perché relatori pro – famiglie gay

Ci sarebbero state “pressioni” o “veti” da parte di alcune ‘toghe’ che ritenevano il parterre dei relatori troppo “orientati a favore dei diritti delle famiglie omosessuali” alla base del rinvio del convegno sull’omogenitorialità organizzato dalla Scuola Superiore della Magistratura in collaborazione con l’Aiaf (associazione italiana degli avvocati per la la famiglia e i minori).

Il seminario si sarebbe dovuto svolgere il 15 dicembre a Palazzo di Giustizia ma i partecipanti, con grande stupore, hanno ricevuto oggi da Giuseppe Buffone, giudice civile e promotore dell’incontro, una mail in cui li si informava del rinvio al 27 febbraio. La data è stata posticipata, spiega il magistrato, “in vista della riorganizzazione” dell’incontro, motivata dal “serio interesse” espresso da “alcuni colleghi” alla “partecipazione ai lavori con l’obbiettivo di arricchire il seminario”. Fin qui, la motivazione ufficiale.

Ma c’è una nota delle toghe di ‘Area’ (formazione che riunisce Magistratura Democratica e Movimento per la Giustizia)  dalla quale par di capire che lo scenario in cui è maturata la decisione del rinvio del convegno intitolato ‘La tutela dei diritti nelle famiglie omogenitoriali’ non sia stato così soft. “Stupisce perché – si legge nel documento – sembrerebbe in realtà originata dalla perplessità di alcuni colleghi di Milano che avebbero contestato i contenuti del convegno ritenendo che fosse troppo ‘orientato’ a favore dei diritti delle famiglie omosessuali. Se questo è accaduto lo troviamo francamente preoccupante, anche per la storia del nostro distretto”. Una rappresentante di Area Milano, da noi contattata, dice: “Le ragioni del rinvio sono risibili. In questi casi si invita più gente possibile per creare dibattito, ma certo non si rinvia un convegno”. “Quello che è certo – sottolinea uno dei relatori – è che a Milano è la prima volta che viene rinviato un convegno”.

Secondo i rappresentanti della corrente, “è impensabile che nell’attività formativa, e in particolare in ambiti di così assoluto rilievo, possano intervenire decisioni che suonano come veti o pressioni da parte di singoli o di gruppi di magistrati che in questo modo compromettono l’indipendenza della quale dovrebbe godere la Scuola della Magistratura”.

“Se davvero ci fossero state queste pressioni sarei sbalordita – commenta l’avvocato e presidente di Aiaf Lombardia Cinzia Calabrese – abbiamo organizzato altri convegni in altre città con gli stessi relatori, senza alcun problema. Sono incontri di studio, dove l’ideologia non c’entra nulla”.

Tra  i giuristi chiamati a parlare, figurano il Presidente del Tribunale di Bologna, Giuseppe Spadaro, firmatario di una sentenza con la quale nel 2013 una bambina venne affidata a una coppia omosessuale, lo psichiatra Vittorio Lingiardi, autore del saggio ‘Citizen gay’ e il giudice civile Olindo Canali che pure si è espresso sulla materia del convegno con un paio di verdetti sul tema che sucitarono dibattito. “In realtà a Milano, a differenza che in altre città – ci spiega il giovane giudice Buffone, considerato un enfant prodige del diritto di famiglia – non abbiamo ancora avuto casi relativi a famiglie omogenitoriali, ma questo convegno serve proprio a fare il punto”. (manuela d’alessandro)

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

NoTav, legali a giudice Riesame: astieniti, ti sei già espresso

L’avvocato Eugenio Losco patrocinatore dei  dei tre militanti NoTav in carcere da luglio e ora destinatari di una ordinanza bis per terrorismo ha depositato un invito ad astenersi dal presiedere il collegio del Riesame a carico del giudice Cristina Domaneschi in vista dell’udienza di lunedì 22 dicembre. Il giudice Domaneschi aveva già presieduto il collegio che aveva rigettato il ricorso, sempre in relazione alla finalità di terrorismo per l’azione contro il cantiere di Chiomonte del 14 maggio 2013, degli altri 4 militanti NoTav assolti il 17 dicembre dalla corte d’assise di Torino dal capo di imputazione più grave e condannati a 3 anni e 6 mesi contro la richiesta di 9 anni e 6 mesi dei pm.

Domaneschi inoltre avrebbe dovuto presiedere il collegio del Riesame ancora in relazione alla posizione dei 4 imputati dopo che la Cassazione aveva annullato con rinvio la decisione di confermare la finalità di terrorismo nell’azione di Chiomonte. L’udienza poi non fu celebrata perché le difese rinunciarono al ricorso. Continua a leggere

‘Ndrangheta, per la prima volta Milano ‘perde’ un pezzo di competenza

La mafia saluta e se ne ritorna su quel ramo del lago. Mafia presunta, si intende. Anzi, per la precisione: ‘ndrangheta. Con una decisione innovativa, che contrasta con le tesi della Dda, il presidente della settima sezione penale di Milano, Aurelio Barazzetta, ha stabilito che il processo a carico di sette imputati nato dall’inchiesta denominata ‘Metastasi’, si dovrà celebrare a Lecco. E’ la prima volta che Milano perde pezzi di un processo sulle cosiddette ‘locali’ di ‘ndrangheta individuate a partire dall’inchiesta ‘Infinito’.

Se la competenza sul reato previsto dall’articolo 416bis in fase di indagini è indubbiamente della procura distrettuale, il tribunale competente è un altro se, come ha stabilito il giudice in questo caso, le condotte mafiose si sono concretamente realizzate al di fuori dei confine milanese. Per radicare nel capoluogo il dibattimento non basta che il potere intimidatorio della locale poggi sulla forza dell’organizzazione mafiosa sovraordinata, quella ‘Lombardia’ già individuata nel corso di ‘Infinito’. Bisogna guardare alle condotte materiali che sostanziano il reato di associazione di stampo mafioso. E in questo caso, sarebbero avvenute tutte in territorio lecchese. Al tribunale sul lago finiscono tra gli altri Mario Trovato (fratello del più noto Francesco ‘Coco’ Trovato), e Antonio Rusconi, ex sindaco di Valmadrera. Nel collegio difensivo c’è una certa euforia tanto che qualcuno parla di provvedimento che per la prima volta “fa crollare un teorema della Dda milanese”. Molti legali, ora, dovranno lavorare in trasferta. E anche i pubblici ministeri faranno avanti e indietro. Non proprio comodissimo.

Lavoro gratis dei detenuti, ecco perché non ci piace

Il programma di Report ha riproposto un tema che da anni e periodicamente ritorna a galla , quello del lavoro gratuito volontario per i detenuti.
Coloro che sono favorevoli alternano motivazioni caritatevoli , stanno tutto il giorno a guardare il muro, così gli passa il tempo, motivazioni risarcitorie, hanno fatto un danno alla società lo ripaghino così , motivazioni economiche , così si pagano le spese di detenzione.
Tali motivazioni si scontrano con due concetti banali e incontrovertibili:
il lavoro va sempre retribuito, il termine volontario per un soggetto in carcere e’ un non senso.
Detto questo , se vogliamo porre la questione in termini di rieducazione e reinserimento del detenuto, premesso che il lavoro, e’ una parte di un percorso più complesso, proprio la retribuzione, che contribuisce anche al mantenimento del detenuto, e’ condizione che aiuta ad evitare la recidiva.
Per anni abbiamo lodato, giustamente , la legge Simeone, che aiutava la retribuzione dei detenuti , anche grazie a sgravi fiscali per le aziende che li assumevano , come potremmo ancora fare ciò quando le stesse aziende, potranno assumere soggetti senza pagarli ?
Non molto più giustificabile e’ il ragionamento che vorrebbe imporre il lavoro non retribuito per la collettività , come forma sostitutiva di un’attività che il Comune non può svolgere , magari per mancanza di fondi.
In un ottica di libera concorrenza questa forma di attività gratuita rischierebbe di fare fallire altre ditte, imprese; se per esempio le panchine di un  comune  le aggiustassero gratis i detenuti, fallirebbero tutte le ditte che si occupano di questa mansione, con benefici magari per l’Ente pubblico,ma con perdite di posti di lavoro.
Ma al di là degli  aspetti economici quello che va combattuto e’ un concetto che, estremizzato, porta a ritenere legittimi i lavori forzati, cioè quello  che il lavoro possa essere di per se stesso e da solo, forma di risarcimento della società per il reato commesso.
Niente di più sbagliato, i lavori socialmente utili sono altra cosa, ha senso che una persona che ha ferito una persona perché guidava ubriaco, vada a fare una attività risarcitoria in un ospedale dove sono ricoverate persone vittime di incidenti stradali, mentre lo ha molto meno che un rapinatore vada a aggiustare un marciapiede .
Basterebbe forse fare un semplice ragionamento, le persone detenute sono giustappunto persone e tutte le persone che lavorano ogni giorno sono , più o meno , retribuite, perché quelle ristrette non dovrebbero esserlo? (Mirko Mazzali, avvocato e consigliere del Comune di Milano)