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Cronache e non solo dal Tribunale di Milano

Sentenza Ruby, ecco perché Berlusconi non rischia il carcere

La domanda in queste ore  è: Silvio Berlusconi rischia di finire in carcere se domani e poi in Cassazione verrà confermata la sentenza di condanna nel processo Ruby? Bisogna scartabellare un po’ di articoli del codice, consultare i nostri ‘oracoli giudiziari’  e rimettere in fila il curriculum penale dell’ex premier per arrivare al responso.

Ebbene, Berlusconi rischia un bel numero di anni ai domiciliari, ma molto difficilmente finirà in carcere come il suo amico Marcello Dell’Utri.  Prendiamo il caso peggiore per il leader di Forza Italia: domani la Corte d’Appello ribadisce la condanna a sette anni di carcere e poi la Cassazione rende definitivo il fardello. A quel punto, ‘rivivrebbero’ i 3 anni di condanna indultati per Mediaset e per Silvio si profilerebbe un Everest di 10 anni di galera.

In suo soccorso però arriverebbe l’articolo 47 ter dell’ordinamento penitenziario così come modificato dalla legge ex Cirielli secondo cui la pena della reclusione “può essere espiata” da un ultra – settantenne ai domiciliari purché non sia stato condannato per alcuni reati particolarmente gravi indicati dalla legge e “non sia stato dichiarato delinquente abituale, professionale o per tendenza”. Tra i reati per i quali scatta il carcere vengono annoverati violenza sessuale , strage, terrorismo, rapina armata, mafia, contrabbando, ma non la concussione e nemmeno la prostituzione minorile. Quanto alla dichiarazione di “delinquenza abituale, professionale o per tendenza”, viene pronunciata dal Tribunale di Sorveglianza ma in casi rari e per il momento l’ex Cavaliere non sembra essere a rischio. L’ipotesi che possa finire in carcere è allora tutta condensata nell’espressione “può essere espiata”. In teoria, il Tribunale di Sorveglianza potrebbe non concedergli questa possibilità spedendolo in carcere. Ma è un’ipotesi  che, spiegano fonti giudiziarie, nel caso di Berlusconi non dovrebbe essere presa in considerazione. (manuela d’alessandro)

 

 

Addio fogli sulle porte, arrivano i ‘tabelloni elettronici’ per le udienze

Addio ai vecchi foglietti appiccicati sulle porte con l’elenco delle udienze e degli imputati. Sulle pareti del settimo piano del Palazzo di Giustizia sono spuntati tre mega – schermi, a cui ne seguiranno altri, che dovrebbero permettere alle parti del processo di conoscere tutti i dettagli delle udienze per non smarrire l’orientamento. “Un po’ come mettere una copertina nuova allo stesso libro”, commenta, non si capisce quanto sarcastica, un giudice. Non è ancora chiaro se i nomi degli imputati saranno riportati sugli schermi oppure se si privilegerà una politica della privacy, considerando che in fondo si parla di processi, non è un talent – show.  In questo secondo caso, bisognerà contare su imputati e testimoni molto preparati che siano in grado di riconoscere dal numero del procedimento il loro destino. (m.d’a.)

La requisitoria pudica di De Petris all’appello Ruby:
vietate le parolacce.

“Cosa andavi a fare ad Arcore, ragazzina mia?”. Piero De Petris pone una domanda da nonno dolce e preoccupato mentre cerca di farsi strada tra gli zig – zag di Ruby nelle sue “contraddittorie” dichiarazioni ai pm e al mondo sul sesso sì o sesso no ad Arcore.

Va in scena il primo processo ‘normale’ da quando Silvio Berlusconi ha messo piede in un’aula di giustizia. Sarà l’effetto Renzi con l’ex Cavaliere tra i ‘signori’ delle riforme o  sarà invece che ormai non fa più paura dopo averlo visto affranto su una sedia in ospizio con un camice bianco e una mazurca pallida  in sottofondo. Sarà anche la tempra degli uomini che si giocano questo processo. Piero De Petris, procuratore generale d’inarrivabile rigore nell’esposizione, mai una sbavatura a beneficio dei media, mai un aggettivo scomposto, già un ‘secolo’ giudiziario fa accusa di Berlusconi nel processo Imi – Sir.  E poi i professori Franco Coppi e Filippo Dinacci, che stanno composti nel loro banco, senza saltare su come molle ogni poco come facevano Niccolò Ghedini e Piero Longo. Ecco, appunto. Com’è lontana Ilda Boccassini con la sua requisitoria battente, con la “furbizia orientale” di Ruby, “il soddisfacimento del piacere sessuale del premier”, la “colossale balla” della telefonata Mubarak, il modello “italiano” delle ragazze che si vendono per poco.

De Petris  invece si produce in una requisitoria pudica, che quasi arrosisce nei suoi passaggi clou. Parla di “pernottamenti ad Arcore”, “commercio dei genitali”, soggiorni dall’ex premier che non sono proprio come “prendere il tè delle cinque a casa di un’anziana signora”, di “una competizione che si instaura tra giovani donne per rimanere lì la notte perché fonte di maggiore remunerazione” e la parentela con Mubarak d Ruby diventa un “mendacio”.   Quando deve riferire dell’intercettazione “Io sono la pupilla, lei il culo” in cui Ruby spiega il ruolo suo e di Noemi Letizia, la giovane amica napoletana di Silvio, la parolaccia gli muore in gola e rinuncia alla sua proverbiale precisione cambiando “culo” in “fondoschiena”.  Alla fine anche Coppi gli rende onore, nonostante la richiesta di 7 anni di carcere per Silvio “Una bellissima difesa di una sentenza indifendibile”. (manuela d’alessandro)

 

NoTav, altri 3 arresti ma Spataro rinuncia a teorema Caselli

Altri 3 militanti Notav finiscono in carcere per l’azione contro il cantiere del maggio 2013 ma l’accusa, a differenza di quanto accade per i 4 sotto processo dal 22 maggio, non fa riferimento all’aver agito con finalità di terrorismo con grave danno all’immagine dell’Italia e della Ue. La richiesta della procura accolta poi dal gip porta la data dell’8 luglio, quando si era già insediato come capo dell’ufficio Armando Spataro in sostituzione di Giancarlo Caselli andato in pensione.

L’accusa per le persone arrestate oggi parla di porto e detenzione di armi da guerra, danneggiamento e resistenza a pubblico ufficiale. La procura dunque ha scelto di adeguarsi alla decisione della Cassazione che aveva rimandato a una nuova udienza davanti al Riesame di Torino la discussione sulla finalità di terrorismo.  Se ne deduce che l’impostazione di Spataro è più pragmatica, meno “ideologica”. Del resto nel motivare la scelta la Suprema Corte era stata molto chiara: il grave danno va dimostrato nel concreto come pure il rischio che l’opera dell’alta velocità non possa essere portata a termine.

L’accusa ha scelto di fare un passo indietro, ma intanto ci sono 4 giovani militanti in carcere dal dicembre scorso che per aver danneggiato un compressore rischiano fornalmente fino a 30 anni di prigione, mentre la parte più grave dell’imputazione è stata in pratica cancellata dalla Cassazione.

Che l’imputazione facesse acqua lo aveva confermato anche la Ue rifiutando di eleggere domicilio in Italia e di costituirsi parte civile. “Alla Ue il processo sembra non interessare granché” aveva sintetizzato il presidente della corte d’Assise. Adesso bisognerà aspettare il nuovo Riesame per vedere se la corte su richiesta delle difese modificherà il capo di imputazione. I 3 arrestati di oggi invece rischiano un processo in Tribunale ma non in corte d’assise. (frank cimini)

Gentile redazione,

qualche tempo fa sono stata coinvolta in qualità di legale in una vicenda processuale che, sotto alcuni profili, me ne ha poiricordato un’altra, ben più nota in quanto giunta all’attenzione della cronaca della stampa non solo nazionale. Il primo processo aveva ad oggetto una rapina in un McDonald’s a carico di Mirco B., il secondo era quello a carico di Silvio Berlusconi per concussione e prostituzione minorile, nell’ambito del cosiddetto “caso Ruby”. Tali vicende, giudicate dal medesimo collegio, quello dell’allora IV sezione penale del Tribunale di Milano, composto dal presidente Turri e dai giudici De Cristofaro e D’Elia, avevano avuto qualche analogo risvolto processuale. Ciò mi ha spinto a raccontare la vicenda a un giornalista mio conoscente che l’ha pubblicata su questo sito. Facendomi “prendere la penna” da un eccesso di vis difensiva, ho pronunciato parole che potevano risultare offensive per il collegio giudicante e offrire un resoconto distorto del processo, delle sue risultanze e del contenuto della sentenza. Tali parole sono state poi riprodotte nel pezzo pubblicato. Ho tenuto a scrivere questa precisazione proprio perché non era mia intenzione offendere alcuno, meno che mai i membri del collegio giudicante di cui nutro sincera stima. Proprio per questo se i magistrati in questione hanno ritenuto lesa la loro reputazione dalle mie parole non ho difficoltà a rammaricarmene e a scusarmi. Con i migliori saluti, 

avvocato Simona Giannetti