giustiziami

Cronache e non solo dal Tribunale di Milano

“Presidente sono il suo incubo” il bigliettino dell’avvocato al giudice sfuggente

L’avvocatessa L.M. deve avere qualcosa di molto importante e urgente da chiedere al giudice Piero Gamacchio. Possiamo apprezzare il suo originale pressing in un biglietto da visita appiccicato alla porta del magistrato. L’esordio è quasi da stalker auto – proclamata: “Sono il suo incubo”, ma poi i toni rientrano in una corretta dialettica processuale per concludersi, dopo avere invitato il giudice a contattarla, con l’”ossequio” finale.  (m.d’a.)

 

 

Ecco le motivazioni della condanna a Dolce e Gabbana

Ecco le motivazioni della sentenza con la quale la Corte d’Appello ha condannato il 20 aprile gli stilisti Domenico Dolce e Stefano Gabbana a un anno e sei mesi di carcere per evasione fiscale. Ora, per via dell’imminente prescrizione del reato, il processo dovrebbe essere trattato dalla sezione feriale della Cassazione come accadde per Silvio Berlusconi l’anno scorso per l’ultimo grado di Mediaset. Intanto, vediamo perché i giudici hanno condannato i creatori della maison disattendendo la richiesta del pg Gaetano Santamaria Amato (la-clamorosa-requisitoria-che-assolve-dolce-e-gabbana) che ne aveva invocato l’assoluzione.

Dolce e Gabbana

 

Un anno e 4 mesi al magistrato tedesco in fuga
oggi l’Interpol lo consegna alla Germania ma resta il mistero

In Germania se ne parla da mesi sulle prime pagine, da noi la storia è passata come un fulmine, un capitolo ‘strappato’ da un intrigo di George Simenon ambientato a Milano. Il 31 marzo il magistrato Jorg Lieberum, 48 anni, ricercato su mandato internazionale perché accusato nel suo paese di corruzione,  viene arrestato nella notte in un albergo di Porta Romana in possesso di una pistola calibro 7.65 e una manciata di proiettili, qualche agenda, 30mila euro in contanti. E’ accompagnato da  una ragazza romena di 26 anni.  Ce n’è abbastanza per una ghiotta spy – story.

In Germania sospettano che Lieberum abbia intascato una mazzetta per truccare gli esami di accesso alla magistratura. Lui però la butta sul romantico: “Non stavo scappando, ero a Milano di passaggio dopo essere stato a Venezia in gita”.  Chiede di essere rispedito al suo Paese per potersi difendere dall’accusa di corruzione, ma i giudici della Corte d’Appello gli negano l’estradizione.  Oggi, ed eccoci alle novità, Lieberum è uscito dal carcere di San Vittore ed è stato riconsegnato dall’Interpol alla Germania perché ha risolto le sue pendenze con la giustizia italiana patteggiando 1 e 4 mesi (pena sospesa) per detenzione  e possesso illegale di arma e proiettili. Libero.

Noi lo ricordiamo così, elegante, occhialini sul naso, seduto nella gabbia dell’aula dove si il 4 aprile si è discussa la sua estradizione. In fondo alla stanza una bella signora bionda gli lanciava larghi sorrisi. Era la moglie. “Ha deciso di stargli vicino, nonostante tutto”, ci aveva spiegato il suo avvocato, Stefano Ferrari. Chissà. Ci piacerebbe leggere gli altri capitoli (in tedesco) di questa strana storia dove una moglie dispensa amore al suo uomo in fuga trovato con una pistola e una fanciulla. (manuela d’alessandro)

 

 

Sabbia sulla Sea, come per Fiat, Pds e Mediobanca 20 anni fa

Il Csm sostiene che a Milano non ci sarebbe stato “nocumento” alle indagini. Ma a dire il contrario è la storia del fascicolo Sea “dimenticato” per sei mesi un cassetto dal procuratore Bruti e affidato a Robledo solo quando la gara d’asta si era già svolta, gli indagati sapevano di essere sotto inchiesta e  quindi sarebbe stato inutile intercettarli. Su Sea c’è stato un tentativo di insabbiamento praticamente riuscito e causato dalla volontà di non mettere in difficoltà e in imbarazzo la giunta di centrosinistra allora da poco insediata.

Bruti, nominato nel 2010 quasi all’unanimità dal Csm, molto sensibile agli umori e alle esigenze della politica, ha teso a garantire un po’ tutti. Tanto che aveva cercato di evitare l’indagine su Guido Podestà presidente della Provincia per le firme false del listino Formigoni. Mentre sul cosidetto Rubyter non è stato fatto un solo atto di indagine (almeno non noto alla stampa).

Milano nuovo “porto delle nebbie” la definizione storica un tempo della procura di Roma? Insomma nuovo e vecchio. Del resto, nonostante le serenate al pool da parte di giornali con editori sotto schiaffio come imprenditori, anche Mani pulite fu caratterizzata da spezzoni di inchiesta che improvvisamente si fermavano o non partivano proprio. Fiat. Mediobanca, Pci-Pds tanto per stare ai casi più eclatanti.

Romiti allora deus ex machina di Fiat finse di collaborare presentando un elenco di tangenti pagate pieno di lacune. Era tecnicamente inquinamento delle prove. Non solo non fu arrestato quando altri per molto meno finivano in carcere, ma l’inchiesta sul colosso dell’auto si fermò dopo una riunione con gli avvocati nell’ufficio dell’allora capo della procura Borrelli.

Mediobanca si pappò la Montedison in modo illecito ma non accadde nulla nemmeno quando nel corso del teleprocesso a Sergio Cusani l’avvocato Spazzali disse al pm Di Pietro: “Se lei decide di andare a fare quattro passi dalle parti di via Filodrammatici io la accompagnerei volentieri”.

Il gip Ghitti rigettò per due volte la richiesta del pool di archiviare le accuse a Marcello Stefanini allora cassiere del Pds ordinando nuove indagini indicando 12 punti. I pm non fecero nulla tranne una ridicola e folkloristica rogatoria aBerlino. Poi… un gip che archivia si trova sempre.

Ma non si tratta di toghe rosse. Era un problema di opportunità politica. Nel caso i pm avessero approfondito arrivando ai vertici del Pds, il Parlamento avrebbe in tre giorni varato un’amnistia e la “mitica” Mani Pulite sarebbe finita.

Per non parlare poi dell’Eni. Sempre al processo Cusani il pm Di Pietro chiese all’ad Bernabè: “L’abbiamo finita con i falsi in bilancio?”. “La stiamo finendo”, fu la risposta. Cioè, c’era un reato in corso. Ma non ci fu indagine. Bernabè era considerato “l’Eni buono”, quello dei manager che collaboravano con la procura. Collaboravano si fa per dire. Tra questi c’era il banchiere Pacini Battaglia, colui che intercettato diceva: “Si pagò per uscire da Mani pulite… Di Pietro e Lucibello mi hanno sbancato”. Ma Di Pietro allora era intoccabile. A Brescia prevalse la ragion di Stato.

Insomma niente di nuovo sotto il sole. I magistrati agiscono spesso e volentieri per ragioni politiche. Lo dice Berlusconi? Il vecchio di Treviri, che non militava in Forza Italia, sosteneva che a volte i reazionari benpensanti affermano verità che neanche i progressisti… (frank cimini)

 

 

 

Bruti – Robledo caso chiuso
con l’incredibile auto – censura del Csm di fronte al Colle

Con l’epilogo della vicenda Bruti – Robledo la magistratura ha perso una grande occasione di essere e mostrarsi libera. Dopo il nitido manifestarsi della volontà del capo dello Stato Giorgio Napolitano (che è anche Presidente del Csm) attraverso una “lettera non ostensibile” consegnata al fedele luogotenente Michele Vietti, i cittadini devono chiedersi di cosa parliamo quando parliamo di “autogoverno” della magistratura. Perché quello che abbiamo visto nella ultime ore, su qualunque fronte si voglia stare in questa sfida, è apparso un rassegnato inchinarsi alla volontà di un sovrano da parte della (presunta) assemblea libera delle toghe.  Due commissioni del Csm hanno modificato le loro risoluzioni da presentare al plenum piegandosi al diktat del Presidente. Sono state cambiate all’ultimo secondo le parole dei documenti faticosamente ‘costruiti’ in settimane di istruttorie e analisi, smussando le critiche al procuratore capo Bruti Liberati ed esaltando quelle al denunciante Robledo. Il plenum ha ratificato il volere di Napolitano e archiviato l’esposto presentato dal procuratore aggiunto. Parte degli atti sono stati mandati alla Procura Generale della Cassazione, ma non quelli  sul caso Ruby, mentre i titolari dell’azione disciplinare dovranno pronunciarsi su Sea ed Expo. E Vietti non ha avuto nemmeno il pudore di tacere. “Sono state rispettate le indicazioni di Napolitano”, ha esultato.

A cosa serve dunque il Csm se non è che la grancassa di un uomo solo? A cosa è servito convocare mezza Procura di Milano a Roma se poi all’ultimo secondo sono state stravolte le conclusioni dei magistrati? Nella sua lettera “segreta” Napolitano si sarebbe limitato a ricordare che “i poteri di organizzazione dell’ufficio sono divenuti prerogative del capo della Procura”. Ma questo il Csm l’ha sempre saputo e non significa che siano poteri lunatici o senza regole. Per questo il Csm godeva di un illimitato spazio di libertà e anche dopo il diktat di Napolitano non c’era nessuna necessità di cambiare le risoluzioni. Invece i rappresentanti dei magistrati si sono macchiati del peccato più  imperdonabile contro la libertà: l’auto – censura. (manuela d’alessandro)

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