E niente, vanno tutti là: in albergo a Beirut. Solo che poi li prendono e li fanno tornare in Italia. Non hanno capito: in Libano l’accordo per l’estradizione c’è e funziona anche bene.
Pasquale Procacci torna in carcere. Era scappato appena prima della sentenza d’appello bis che lo ha condannato a 30 anni di carcere per l’omicidio della sorella. Latitante. La mattina era in udienza, il pomeriggio…puff. Volatilizzato. Ve ne avevamo parlato per primi qui. Procacci – curioso parallelismo con casi più noti – ha preso un aereo per Beirut dopo essere transitato dalla Francia.
Proprio ieri il magistrato che per primo l’aveva accusato di omicidio aggravato, Letizia Mannella, confessando di non avere idea di dove fosse fuggito, escludeva che Procacci potesse aver compiuto qualche ‘gesto estremo’: “E’ scappato di sicuro. Una storia molto particolare, la sua”. Intanto, chiuso nel solenne silenzio dell’investigatore, il sostituto pg Piero De Petris, che coordinava le ricerche della polizia, negava di sapere dove si trovasse il fuggitivo: “Se ne occupa la squadra Mobile”. Invece lo sapeva bene. Procacci era stato individuato in Libano già da una settimana. Stamattina il blitz in un albergo di Beirut. Presto sarà riportato in patria. Può sperare che la Cassazione bis torni ad annullare la sentenza, confidare in un appello ter che lo assolva. Per il momento però torna in carcere. Chissà se potrà leggere i giornali, che in questi giorni sono pieni della storia di Marcello Dell’Utri. Noi lo immaginiamo chino sui quotidiani mentre maledice il giorno in cui si è fatto ispirare, per la sua latitanza, dal Libano.