giustiziami

Cronache e non solo dal Tribunale di Milano

Ruby ter. Ecco i 44 nomi

Chi e quanti saranno gli indagati nell’annunciata inchiesta Ruby Ter? Non ci vuole grande fantasia per indovinarli. I nomi li hanno già suggeriti alla Procura di Milano, mettendoli nero su bianco, i giudici dei due processi di primo grado sul caso. Nomi scritti nei dispositivi delle sentenze: quella a carico di Silvio Berlusconi e quello nei confronti di Emilio Fede, Nicole Minetti e Lele Mora. Il tribunale ha disposto “la trasmissione degli atti alla Procura della Repubblica per quanto di competenza in relazione agli indizi di reità ravvisati”, come si può leggere nel dispositivo della condanna “Ruby bis”.

Ecco perché, tenuto conto degli articoli 331 n° 4 e 335 del codice di procedura penale (vedi qui http://www.altalex.com/index.php?idnot=36798) abbiamo fatto le nostre previsioni. Possiamo sbagliarci. Ma visto il meccanismo, la Procura dovrebbe limitarsi a prendere atto e iscrivere, salvo rivedere le cose in seguito, decidendo di archiviare. Oppure invece proseguendo l’azione penale. L’iscrizione, di per sé significa poco e non necessariamente va vista come un’infamia.

Tra gli indagati allora dovrebbero esserci un ex presidente del Consiglio attualmente fuori dal parlamento, un paio di ex sottosegretari, un fisioterapista, un dj, un famoso autore di musica napoletana, due coppie di giovani gemelle, tre avvocati due dei quali attualmente parlamentari, una sfilza di ragazze, alcune delle quali indicate dalla stampa come ‘le olgettine’, e una funzionaria della Questura di Milano. Quarantaquattro nomi in totale. Le accuse saranno diverse, calibrate a seconda del comportamento dei singoli. Una sarà certamente “corruzione in atti giudiziari”, per altre persone sarà invece “falsa testimonianza”.

Non siamo neppure all’inizio dell’inchiesta Ruby Ter. Per noi, potrebbero essere tranquillamente tutti assolti, o persino archiviati al termine delle indagini. L’iscrizione è per alcuni un atto dovuto. E tuttavia, secondo molti osservatori, alcuni episodi illeciti della futura indagine sono più provati di quelli per cui è già stato emesso un verdetto di condanna. Chissà come andrà a finire. In ambienti legali, c’è chi ipotizza con giustiziami.it un provvedimento di sequestro del profitto del reato (si parla delle olgettine in questo caso: ve lo immaginate? Almeno 2500 euro moltiplicato per un certo numero di mesi oltre alle auto e agli altri benefit liberalmente elargiti da Berlusconi). Bando alle chiacchere. Volete sapere i nomi? Li trovate qui sotto, nel file allegato “Ruby ter, potenziali indagati”. (nino di rupo, manuela d’alessandro)

Ruby ter, potenziali indagati

Il santino di Calabresi nella fiction anti – storica della Rai

A prescindere dal valore tecnico di una fiction su cui già si è espresso il noto critico Aldo Grasso sul Corriere, ho trovato molto grave l’“operazione televisiva” mandata in onda in questi giorni sul primo canale RAI, e di cui sono già previste altre due parti che dovrebbero, il condizionale è d’obbligo, ricostruire altrettanti significativi episodi che hanno contrassegnato la recente Storia del nostro Paese.

Già dal titolo (“Gli anni spezzati”), nonché dalla lettura di nomi e credenziali di chi ha collaborato alla stesura della sceneggiatura, era evidente la scelta precisa da parte degli autori di raccontare una storia molto poco Storia come del resto accaduto già troppe altre volte quando si è affrontato nelle sedi più “paludate” un periodo sul quale, per le note e più volte dette ragioni, non si è mai voluto fare davvero i conti.

E così, un po’ come aveva già fatto (anche se con ben altra perizia) il regista Giordana con “Romanzo di una strage” si è voluto costruire un santino intorno ad una figura alquanto complessa e che si muoveva in una realtà nazionale (e non solo) ancor più complessa, per un popolo bue che evidentemente in grave penuria di uomini in cui credere, abbisogna di eroi.  Continua a leggere

L’avvocato con la passione dei funghi che cambia la storia dei cognomi italiani

E’ Luigi Fazzo, legale civilista milanese di 56 anni con la passione per i funghi, l’uomo a cui le mamme italiane devono la possibilità di trasmettere il cognome ai figli grazie alla sentenza depositata oggi dalla Corte Europea dei Diritti Umani. I giudici di Strasburgo hanno sancito il diritto di dare ai figli il solo cognome materno, condannando l’Italia per avere violato i diritti dell’avvocato Fazzo e della moglie Alessandra Cusan, 49 anni, mamma a tempo pieno.

- Oggi è una giornata di festa in casa Fazzo – Cusan…

- Sì, oggi siamo felici che si sia chiusa una vicenda giudiziaria lunghissima e che i giudici abbiano dato la possibilità alle nostre due bambine di 15 e 13 anni di non esssere discriminate e al loro fratellino di 10 di poter scegliere quale cognome dare ai suoi figli quando ne avrà.

- Come mai lei e sua moglie siete arrivati fino alla Corte di Giustizia Europea per vedere riconosciuto questo diritto?

- Nessun motivo particolare di natura personale e nemmeno la definirei una questione di principio, il nostro desiderio era quello di far venire meno una discriminazione. Continua a leggere

In Parlamento teorizzò “Ruby nipote di Mubarak”
Paniz è il nuovo avvocato di Fede

“Egli telefonò, sì telefonò! Ma lo fece senza esercitare pressioni di sorta! Per chiedere un’informazione, nella convinzione che Karima El Marough fosse parente di un presidente di stato”.

Chi non ricorda quel vulcanico intervento alla Camera, pronunciato in un’aula trasformata in bolgia, con i deputati della maggioranza sommersi dai fischi dell’opposizione di centrosinistra? Era il 3 febbraio 2011, il Parlamento doveva decidere se autorizzare o meno le perquisizioni negli uffici del ragionier Spinelli, l’uomo che teneva la contabilità della famiglia Berlusconi. Sì, di nuovo Berlusconi, e cioè “Egli”. La Procura di Milano chiedeva di entrare e sequestrare un po’ di roba. Solo che la mattina delle perquisizioni, sugli uffici di Milano 2 era comparsa l’etichetta “Presidenza del Consiglio dei Ministri”. Territorio di Silvio, non si entra senza chiedere permesso. E allora il trio dei pm Boccassini-Forno-Sangermano inviò formale richiesta alla Camera di appartenzenza del Cav. Il Pdl in forze si schierò a difesa del suo presidente ufficializzando in sede politica la versione del caso Ruby con cui Berlusconi si sarebbe poi difeso nelle aule di giustizia: Silvio certò telefonò in Questura, ma solo perché convinto che la marocchina Karima-Ruby fosse parente del presidente egiziano Mubarak. Dichiarazioni che divisero il Paese. Metà dei cittadini-elettori-telespettatori a ironizzare, l’altra metà ancor più fermamente convinta della buona fede dell’allora presidente del Consiglio. A enunciare la tesi fu un parlamentare del Pdl e principe del Foro di Belluno: Maurizio Paniz. Continua a leggere

Il reato di omicidio stradale? E’ la riedizione della legge del taglione

Legiferare “con la pancia”, a seguito di fatti di cronaca, o peggio ancora per accontentare le associazioni delle vittime della strada, magari, inopinatamente, presiedute da qualche avvocato. Questo é il modo per produrre danni, per intervenire a spot, senza poi preoccuparsi di coordinare e razionalizzare le varie norme. Questo è il progetto di legge sull’omicidio stradale di cui si parla in questi giorni.

L’idea base, neanche innovativa peraltro, è quella che aumentando le pene si riducano i reati, teoria già discutibile per i reati dolosi, assurda per quelli colposi, dove manca la volontà di commettere il reato. Oppure aumentare i minimi della pena, per impedire al giudice di commisurare la sanzione alla gravità del reato, auspicando che tutti gli autori di questo reato così debbano finire in carcere. Si tratta della riedizione addolcita della legge del taglione; al reato, segue la carcerazione del reo, quale punizione, più che quale sanzione giusta.

Siamo tornati al medioevo giuridico. Più carceri per accontentare l’opinione pubblica. Senza pensare che mettere in carcere per un lungo periodo un soggetto magari al primo reato non serve a nulla, mentre magari cercare di fargli capire la gravità della sua condotta, attraverso lavori socialmente utili, in ospedali dove ci sono persone che hanno subito incidenti stradali ad esempio, può servire a eliminare la possibilità che reiteri il reato. Oppure un’attività finalizzata al risarcimento del danno delle vittime, troppo spesso insufficiente. Non si sentiva proprio il bisogno di inventarsi un nuovo reato, proprio mentre si ragiona su ipotesi di “depenalizzazione”, di “diritto penale minimo”, anche perché questo modo di legiferare crea situazioni ingiuste. Perché allora non istituire l’omicidio sui posti di lavoro, forse perché “si notano di meno”‘ perché magari i morti vengono buttati a mare? Non ci siamo proprio, è proprio vero che quando la politica si occupa di giustizia questa esce sempre perdente…a prescidendere direi.  (Mirko Mazzali, avvocato e presidente della commissione sicurezza del Comune di Milano)