giustiziami

Cronache e non solo dal Tribunale di Milano

‘Vergogna!’, 200 testi devono aspettare la pausa caffé

“Vergogna, vergogna!”. La rivolta dei testimoni esplode alle undici quando un carabiniere si sporge dall’aula della quarta sezione penale e annuncia: “Pausa caffé di dieci minuti”. Siamo al processo per le presunte firme false a sostegno di Roberto Formigoni alle Regionali del 2010 a carico del presidente della Provincia di Milano Guido Podestà e di quattro consiglieri. Quasi duecento persone, convocate alle 9 e 30 di stamattina, sono qui per ribadire quanto già detto ai pm durante le indagini, che le firme necessarie per la presentazione del listino del Celeste e la conseguente elezione di Nicole Minetti non le hanno messe loro. “Non potevano farci venire qui a scaglioni visto che siamo così tanti? Oggi è una giornata di lavoro…”, protesta una ragazza inviperita. “Neanche una sedia per gli anziani che sono in piedi da ore”, osserva un altro testimone. In effetti, qualcuno ha l’aria molto provata. Le deposizioni durano un paio di minuti ciascuna. Il pubblico ministero mostra la lista al testimone e domanda se riconosce la sua firma. La risposta è invariabilmente: “No, non è la mia”. La necessità di fare venire decine di persone in Tribunale si spiega col fatto che le difese non avevano accolto la richiesta della Procura di acquisire agli atti le dichiarazioni con cui affermavano che le firme non erano loro. “Abbiamo rifiutato perché le prove a carico di un imputato  si formano in sede dibattimentale”, spiega l’avvocato Gaetano Pecorella, legale di Podestà. Ma chi aspetta ha individuato il colpevole: “Questa è la magistratura, noi qui ad aspettare e loro a bere il caffé”. Sembrano quasi tutti elettori del centrodestra. Ergo, le firme non erano loro ma se gliele avessero chieste, forse le avrebbero messe volentieri. (manuela d’alessandro)

Donna incinta travolta, le scarpe del bimbo non trovato

 

Le scarpe da ginnastica nero – arancio che vedete nella foto qui sopra erano del bambino egiziano di quattro anni investito e ucciso domenica scorsa a Milano insieme alla mamma incinta. “Le ho viste a una trentina di metri dall’incidente e ho chiesto ai vigili di chi fossero perché non mi sembravano scarpe da donna”. Maurizio Maule, esperto fotografo milanese che ha raccontato in immagini decine di fatti di cronaca negli ultimi anni, racconta a Giustiziami un risvolto inedito sull’incidente avvenuto in viale Famogosta per il quale è indagato con l’accusa di omicidio colposo plurimo il conducente dell’auto, uno studente di 28 anni. Quando il fotografo vede quelle scarpe, l’unica persona di cui i vigili hanno certificato la morte è la donna col piccolo che portava in grembo da sette mesi. Solo più di un’ora dopo, all’ospedale, il marito spiegherà ai medici che con lei c’era il figlio di quattro anni e scatteranno le ricerche del bimbo. “Il vigile a cui ho chiesto di chi fossero le scarpe – prosegue Maule – mi ha detto che probabilmente appartenevano a un figlio della vittima che però non era con lei. Infatti sulla strada sono state trovate anche delle buste di plastica azzurre dentro cui c’erano dei vestitini da bambino”. L’ipotesi dei vigili era dunque che le scarpe fossero saltate fuori dalla busta quando la donna è stata travolta e, per questo, si trovavano a qualche metro di distanza dagli abiti della piccola vittima.   L’inchiesta coordinata dal pm Marcello Musso punta anche a far luce su eventuali negligenze dei vigili che non hanno visto subito il corpicino, trovato dietro un guard – rail. Dai primi esiti dell’autopsia, non ancora ufficiali, emergerrebbe che il bambino forse poteva essere salvato se i soccorsi fossero stati tempestivi. (manuela d’alessandro e roger ferrari)

Milano, Genova, Pavia: superdirigente Expo 2015 collezionista di inchieste

Pochi giorni fa la Procura di Milano ha chiesto di processare Francesco Errichiello, dirigente generale di Expo 2015, superconsulente del Ministero delle Infrastutture per la manifestazione attraverso la quale, promette Enrico Letta, “passerà il rilancio del Paese”. Questo è l’ultimo capitolo di una ‘storia giudiziaria’ poco reclamizzata che sta cominciando a diventare ricca e imbarazzante per il ‘grand commis’, indagato anche dai pm di Genova e Lodi. A Milano è coinvolto in due inchieste, entrambe per fatti risalenti a quando  ricopriva l’incarico di Provveditore alle Opere Pubbliche di Lombardia e Liguria, prima di dedicarsi all’Expo. Il 15 ottobre scorso il pm Letizia Mannella  ha chiesto il suo rinvio a giudizio per abuso d’ufficio perché avrebbe concesso favori indebiti a un dipendente dell’Anas, Vincenzo Nardulli. In sostanza, quest’ultimo, nonostante l’Anas sia diventata nel 2002 una società privata per azioni, avrebbe continuato a godere per 10 anni dei benefici riservati a un dipendente del Ministero delle Infrastutture e dei Trasporti, come “l’utilizzo gratuito di un alloggio demaniale, il godimento di trattamenti economici accessori spettanti esclusivamente ai dipendenti del Ministero ed il beneficio di una retribuzione e di ore di lavoro straordinario maggiormente retribuite rispetto agli impiegati ministeriali, con conseguente aggravio delle casse dell’Erario per oltre 83mila euro”. Nella richiesta di rinvio a giudizio i pm indicano come parte offesa proprio il Minsitero delle Infrastutture e dei Trasporti per conto del quale Errichiello svolge attività di studio e ricerca. Sempre a Milano, Errichiello è indagato per turbativa d’asta per avere favorito una società napoletana, la Lica Costruzioni srl, ad “aggiudicarsi” l’appalto “dei lavori di ristrutturazione” di una scuola di formazione del personale del Ministero della Giustizia, in provincia di Mantova. Di pochi giorni fa è la notizia che Errichiello è indagato anche a Pavia (la Procura aveva anche chiesto il suo arresto) nell’ambito di un’inchiesta che ha portato in manette un geometra e un’altra persona, accusate di avere tentato di farsi consegnare 150mila euro  da un dirigente del Ministero dell’Ambiente. Infine, sempre per una vicenda di presunti appalti truccati il superconsulente è indagato dalla Procura di Genova. Al momento non risulta che qualcuno abbia chiesto le sue dimissioni e dal sito dell’Expo sappiamo che Errichiello guadagna uno stipendio lordo di 145146,29 euro. (manuela d’alessandro)

 

 

Proto condannato, zero righe… la coscienza sporca dei giornali

Per mesi e mesi i giornali avevano dato credito e spazio ad Alessandro Proto, finanziere che inondava le redazioni di comunicati presentandosi come compratore di azioni di società quotate da Rcs a Tod’s e scalatore. Ieri Proto, che si era pure candidato alle primarie poi non pervenute del Pdl, è stato condannato tramite patteggiamento a 3 anni e 10 mesi per aggiotaggio, truffa e ostacolo alla Consob. Oggi sui giornali, al di là di poche righe sul Sole 24ore, non c’è nulla.

E’ la truffa dei giornali ai loro lettori. Non hanno scritto nulla della condanna perchè magari avrebbero dovuto ricordare il loro contributo alla costruzione del personaggio Proto. Nel momento in cui un mitomane con un po’ d’ inchiostro arriva a tanto va detto che è il sistema a non funzionare e che non esistono in pratica anticorpi. Tra i molto presunti anticorpi la Consob, parte civile al processo, arrivata dopo l’inchiesta dei magistrati e che non ha incassato alcun risarcimento. Non è la prima volta, non sarà l’ultima. Nel passato recente c’è l’esempio clamoroso della fallita scalata di Fiorani ad Antonveneta. (frank cimini)

Un tris in Cassazione dà speranza alla ‘ndrangheta padana

Tre indizi forse non fanno una prova, ma i presunti boss e affiliati alla ”’ndrangheta padana”, così definita dai magistrati di Milano, possono tornare a nutrire speranze. Se da un lato, infatti, le cosche radicate al nord hanno subito in questi ultimi 3-4 anni i colpi della Dda milanese con centinaia e centinaia di arresti, tramutati poi in migliaia di anni di carcere, dall’altro per i ‘padrini’ sono arrivate dalla Cassazione tre belle botte di fiducia.

La Suprema Corte, infatti, nel giro di un anno e mezzo ha già annullato con rinvio a nuovi processi d’appello ben tre procedimenti che vedevano al centro presunti clan infiltrati nel tessuto economico e sociale lombardo. Annullamenti, in particolare, del reato di associazione mafiosa che hanno prodotto e stanno producendo come effetti le scarcerazioni di numerosi presunti boss.

Di ieri la notizia che gli Ermellini hanno annullato le condanne fino a oltre 12 anni che erano state inflitte dalla Corte d’Appello di Milano a una presunta ‘ndrina attiva in Brianza. Dovrà tenersi quindi un nuovo appello e intanto a breve Marcello Paparo, presunto capo clan, potrebbe ottenere la scarcerazione per decorrenza dei termini di custodia cautelare. Stamattina, invece, è cominciato l’appello ‘bis’ di un altro processo le cui condanne erano state annullate lo scorso giugno, quello ribattezzato ‘Parco Sud’ ai Barbaro-Papalia di Buccinasco. Nei giorni scorsi, molti degli imputati, tra cui il 76enne Domenico Barbaro detto ‘Nico L’Australiano’, sono tornati in libertà.

Nella primavera del 2012 un altro procedimento, ‘Cerberus’, ai Barbaro-Papalia era stato cassato e rispedito in appello, dove le condanne sono state poi riconfermate qualche mese fa. La palla dunque tornerà alla Suprema Corte, dove nei prossimi mesi approderà anche il processo ‘del secolo’ alla ‘ndrangheta al nord: 110 condanne in primo e secondo grado, un migliaio di anni di carcere per i capi e gli affiliati delle 15 cosche sparse per la Lombardia e spazzate via nel 2010 dall’operazione ‘Infinito-Tenacia’. (Igor Greganti)